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 2025  ottobre 29 Mercoledì calendario

Veneto, l’«invasione» degli oriundi venuti dal Brasile. «Troppe richieste di cittadinanza, qui il Pnrr è a rischio»

Nel distretto della Corte d’Appello di Venezia (tradotto: nei tribunali dell’intero Veneto) alla fine del 2024 erano ferme 19.003 cause per richiesta di cittadinanza italiana. Una pila di fascicoli che da sola vale il 41% delle intere richieste di cittadinanza in Italia e il 69% dei processi civili  del Veneto. Le richieste di ottenere il passaporto italiano  arrivano quasi per intero da discendenti di veneti immigrati nell’800 in Brasile e Argentina, un fenomeno esploso nell’ultimo decennio e che non accenna a diminuire. E che ora rischia di avere effetti impensati: «Chiunque comprende che è oggettivamente impossibile in tale contesto raggiungere i risultati previsti per rispettare gli obiettivi del Pnrr, ma soprattutto si rende sempre più difficile dare risposte di giustizia». Parole lette all’inaugurazione dell’anno giudiziario a gennaio 2025 dall’allora presidente della Corte df’Appello di Venezia Carlo Citterio.  Con evidente riferimento solo alla situazione del suo distretto. 
Ma davvero i «ragazzi venuti dal Brasile», le decine di migliaia di «oriundi» che d’improvviso sentono il richiamo della Patria rischiano di far fallire l’obiettivo chiesto da Bruxelles, vale a dire una giustizia più efficiente in cambio dei soldi del Pnrr? Di sicuro il  fenomeno della corsa alla cittadinanza – per quanto limitato rispetto all’intera mole dei processi pendenti in Italia – ha preso dimensioni e aspetti inquietanti, tali da paralizzare e monopolizzare non solo le aule di giustizia ma anche gli uffici anagrafe di piccoli comuni (abbandonati dai migranti italiani più di un secolo fa) e che ora sono sommersi da richieste di documenti. Un business, che ha pure contatti ormai acclarati con ambienti criminali e tutt’altro che trasparenti. Ma meglio fare un passo alla volta. 

I discendenti di italiani migrati all’estero possono richiedere la cittadinanza tricolore facendo valere il cosiddetto «ius sanguinis», vale a dire dimostrando di essere effettivamente parenti di veneti, siciliani, napoletani partiti in anni lontani alla ricerca di miglior vita nel Nuovo Mondo. Per ottenere l’agognato lasciapassare le strade sono due: presentare domanda ai consolati italiani dei Paesi di residenza (ma in Brasile i tempi di attesa si misurano in decenni: nel 2019 si stavano esaminando le richieste avanzate nel 2007...), oppure depositare la domanda in un tribunale italiano, quello competente in base al luogo di origine degli antichi trisavoli. E quest’ultima è la strada imboccata da battaglioni di oriundi italiani. Specialmente residenti in Brasile, specialmente originari del Veneto e della provincia di Belluno in particolare.  
Ecco spiegati i 19.000 fascicoli accumulatisi nei tribunali veneti. Che essendo ricorsi multipli – vale a dire che ognuno contiene la richieste di intere famiglie – portano a stimare che le richieste di cittadinanza totali arrivino a circa 150.000. Una «saudade» per la Patria lontana risvegliatasi spontaneamente? No, dietro questo fenomeno si muovono decine di agenzie e studi legali di qua e di là dell’Oceano che per ogni pratica arrivano a incassare attorno ai 10.000 euro. Fino a pochi mesi fa era sufficiente avere anche un lontano trisavolo italiano per presentare la richiesta. Il governo ha messo un argine e dal marzo 2025 lo «ius sanguinis» può essere fatto valere solo se si ha un nonno che conservò la cittadinanza italiana. Più a ritroso nel tempo non si può andare.     
«Eppure continuiamo a ricevere richieste di documenti risalenti alla seconda metà dell’800, anche in questi giorni. E anche se è stata introdotta una tassa su queste pratiche di almeno 300 euro.  Come mai?». Camillo De Pellegrin è il sindaco di Val di Zoldo, uno dei comuni del Cadore maggiormente investiti dallo tsunami delle richieste di cittadinanza e al centro di una situazione paradossale: i  residenti sono 2.600 (cento anni fa erano tre volte tanto) ma ci sono altre 1.800 persone che hanno ottenuto la cittadinanza ma continuano a risiedere in Brasile. «E all’anagrafe attualmente abbiamo oltre 646 richieste giacenti. Un peso che compromette tutti i normali servizi che dobbiamo garantire alla cittadinanza» chiosa il sindaco. De Pellegrin negli anni ha affrontato di petto la questione: ha «tampinato» parlamentari, ministri, magistrati segnalando lo scandalo, ha provato proteste eclatanti esponendo la bandiera brasiliana in municipio o chiudendo provocatoriamente al pubblico gli uffici comunali. Ma il flusso delle richieste non si è fermato. Peggio: alcune agenzia in Brasile avevano proposto il 50% di sconto – un vero e proprio Black Friday – a chi si imbarca in questa avventura. 
Sindaco, ma cosa succede quando vi viene recapitata una richiesta di cittadinanza? «Che i nostri impiegati devono fare complicate ricerche negli archivi comunali o parrocchiali alla caccia del certificato in grado di dimostrare l’effettiva parentela. In pratica tocca ricostruire un intero albero genealogico. Tutte le carte poi devono passare ai tribunali». Il primo cittadino evidenzia un’altra assurdità: «Nessuno dei richiedenti si trasferisce a vivere in Italia. In tutti questi anni qui se ne contano quattro o cinque al massimo. In compenso, ora che ci sono le regionali in Veneto dovremo spedire loro il certificato elettorale perché hanno diritto di voto». Riassumendo: questi discendenti di italiani intasano municipi e i tribunali, ma non essendo residenti non producono reddito e non pagano un euro di tasse. Ma possono decidere il destino delle loro comunità d’origine. Obrigado.   
Ma perché un cittadino sudamericano dovrebbe agognare il passaporto italiano? «Risposta facile: con quel documento può arrivare in Italia quando vuole, muoversi in Europa, approfittare del nostro sistema sanitario o sociale. E non sottovalutiamo che col passaporto italiano diventa molto più facile ottenere un permesso di lavoro negli Stati Uniti. Ma ho il timore che dietro tutto ciò si muovano interessi di natura economica non sempre limpidi». 
I sospetti del sindaco De Pellegrin trovano conferma in inchieste che la magistratura ha avviato  in diverse  città d’Italia (Treviso, Frosinone, Ivrea, Siena, Lodi, Isernia...) e che hanno portato ad azzerare centinaia di richieste in quanto truffaldine. Ma anche in Brasile le autorità hanno cominciato a vederci più chiaro. Un esempio paradigmatico: la polizia dello Stato di Rio Grande do Sul ha messo sotto inchiesta un’agenzia che gestiva le pratiche di cittadinanza- la Scopel Cidadania Italiana – per truffa e false dichiarazioni: centinaia di persone hanno visto svanire il loro sogno e i loro soldi. Una truffa valutata in circa 2 milioni di reais brasiliani (circa 310.000 euro) per soli 27 casi. Cifra destinata a crescere perché centinaia di vittime sarebbero ancora all’oscuro del danno subito. Per ogni singola pratica sarebbero stati chiesti 100.000 reais (15.000 euro). Ad aprile l’agenzia Scopel ha chiuso le sue attività e la titolare – stando ai media locali – si è volatilizzata.   
E qui torniamo alla domanda di partenza: davvero gli oriundi brasiliani (e i «magheggi» che ruotano alle loro richieste di cittadinanza possono mettere a repentaglio gli obiettivi del Pnrr in tema di giustizia? Improbabile anche se chi maneggia i dati qualcosa ha notato. Bruxelles nello specifico ha chiesto all’Italia di ridurre entro il 30 giugno 2026 del 40% l’arretrato della giustizia civile rispetto al 2019. I dati del ministero della giustizia dicono che da tempo le «giacenze» andavano diminuendo ma nel 2024 si è verificata un’inversione di tendenza. Un dato che non si osservava ormai dal 2009. 
Claudio Castelli, magistrato e già componente del Csm ha analizzato la situazione in un intervento sul sito «Questione giustizia» in questi termini: «Dai dati 2024 risulta con chiarezza come, mentre gli obiettivi relativi al settore penale e probabilmente anche all’arretrato civile potranno essere raggiunti, è difficilissimo che ciò avvenga per il Disposition time (la durata media di una causa, ndr,) civile. Siamo ad una riduzione del 20 % dei tempi dopo quattro anni di impegno nel Pnrr giustizia, quando tra un anno e mezzo dovremmo arrivare al 40 %».
I nuovi fascicoli iscritto nei tribunali della penisola sono cresciute del 12,4%. «Le cause di questo incremento – scrive ancora Castelli – paiono settoriali e non derivanti da ragioni macroeconomiche – normalmente il contenzioso aumenta in fasi espansive – dato che l’aumento si concentra nelle materie dei diritti della cittadinanza (+ 89 %), della protezione internazionale (+ 65,7 %), del lavoro (+ 14,6 %)». 
Insomma, anche nell’analisi di un esperto ecco fare capolino la questione dell’anomalo boom di richieste di cittadinanza. L’augurio unanime è che alla fine l’Italia tagli il traguardo segnato dall’Unione Europea. Ma resta il mistero: cosa (e chi) ha risvegliato l’amor di Patria dei tanti migranti approdati in Brasile?