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 2025  ottobre 28 Martedì calendario

Sul Grande Museo Egizio di Giza

«È accaduto alle prime luci dell’alba di venerdì 17 ottobre scorso, con le strade del Cairo deserte per la giornata dedicata alla preghiera. Dopo 103 anni, la maschera in oro massiccio e lapislazzuli di Tutankhamon, è stata trasportata dallo storico Musico Egizio di piazza Tahrir verso la sua nuova dimora: il Grand Egyptian Museum (Gem), di fronte alle Piramidi e alla Sfinge, sull’altipiano di Giza». C’è ancora commozione nel racconto di Tarek El Awadi, già direttore del museo di Tahrir e curatore della mostra sui tesori dei faraoni alle Scuderie del Quirinale. «Droni ovunque sorvegliavano dall’alto il lungo convoglio di camionette scortato dalla polizia che percorreva i 20 km di distanza, mentre la folla si assiepava ai lati delle strade in rispettoso silenzio», aggiunge.

LA DATA

«Mancava solo Tutankhamon interviene Mohamed Ismail Khaled, del Consiglio Supremo delle Antichità - e ora, dopo una prima apertura parziale, il Gem potrà finalmente dare accesso a tutte le sue sale il prossimo 4 novembre. È il più grande museo al mondo dedicato a una singola civiltà». La data è stata approvata dal presidente Abdel Fattah al-Sisi e tra i capi di governo partecipanti alla cerimonia di inaugurazione dell’1 novembre, è confermato il nome del presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni. «Si vuole, così, sottolineare che i tesori dell’Antico Egitto appartengono a tutta l’umanità, non dobbiamo celebrarli da soli», sottolinea El Awadi.

Non esiste al mondo un’altra istituzione culturale la cui apertura sia stata così attesa o così incredibilmente ritardata, come il Gem. La costruzione, durata 20 anni, è stata talmente ostacolata da carenze di fondi, difficoltà logistiche e poi anche dalla pandemia, che viene spontaneo paragonarla a quella delle piramidi. Lo scoglio maggiore nel 2011, quando la Primavera araba travolse l’Egitto, costringendo a interrompere i lavori. Con la stabilizzazione politica nel 2014, il progetto conobbe una nuova fase di rilancio, anche grazie a prestiti internazionali, soprattutto dal Giappone. «Il Gem è un segnale politico: l’Egitto non solo preserva le sue antichità, ma le espone con tecnologie all’avanguardia, di ultima generazione. E i livelli di sicurezza sono altissimi, tali da rendere impensabili episodi come quello al Louvre», incalza El Awadi.

I FONDI

Il progetto, affidato allo studio internazionale, Heneghan Peng Architects, ha comportato un investimento da 1,1 miliardi di euro, per un totale di 45mila metri quadrati di superficie espositiva dedicati a più di 100mila reperti, inclusa la barca del sole del faraone Cheope, una delle più antiche al mondo arrivate integre fino ai giorni nostri. Non c’è niente nel Gem che non trasmetta un senso di imponenza. «Negli spazi del vecchio museo del Cairo si poteva esibire solo una piccola parte della collezione - aggiunge Khaled - ora anche i viaggiatori mordi e fuggi non avranno più scuse per saltare la visita al Gem, così vicino alle piramidi. Sono attesi 15mila visitatori al giorno. Dai 15 milioni di turisti di quest’anno, l’Egitto punta a 70, entro il 2030». La mole dell’edificio è faraonica - l’aggettivo non potrebbe essere più calzante - ed è evidente già mentre si percorre il suo lungo perimetro in auto. Il motivo geometrico del triangolo nella facciata in alabastro traslucido, che brilla d’oro al tramonto, richiama una delle forme geometriche più facilmente riconducibili alla civiltà egizia. Una leggera pendenza conduce alla porta principale color bronzo, come se si entrasse in un luogo sacro.

IL PERCORSO

A dare il benvenuto nell’imponente atrio, il colosso di Ramses II, il faraone più potente, scolpito nel granito rosso e scoperto dall’egittologo genovese Giovanni Battista Caviglia nel 1820. Il percorso museale inizia con una grande scalinata, che è uno splendido excursus sul potere dei re egizi attraverso l’arte e l’iconografia: re seduti accanto alle loro regine, monumenti funerari, colonne, sarcofagi, divinità. «È il racconto di come 30 dinastie, nel corso di pochi millenni, hanno creato uno dei primi Stati della storia», dichiara El Awadi. La scala termina davanti a una parete di vetro che si apre sul panorama delle tre piramidi di Giza, che brillano nella foschia. Nella parte superiore del museo, 12 gallerie studiate per consentire due percorsi diversi: uno cronologico, che segue l’ordine delle dinastie e uno tematico (religione, società, potere). Una sezione rilevante del museo è dedicata all’intero contenuto della tomba di Tutankhamon: più di 5.300 reperti, molti mai stati esposti prima, dalla bara esterna dorata del giovane re, fino ai sei i carri e all’armatura in pelle e lino recentemente ricostruita. «Quando ho guardato la maschera di Tut (così lo chiamano con affetto gli egiziani) il giorno del trasloco, è come se l’avessi visto triste per la prima volta - afferma Khaled, che ne parla come di un figlio, rifiutando tutte le leggende sulle presunte maledizioni - Sono sicuro che amerà la sua nuova casa e ritroverà presto il sorriso».