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 2025  ottobre 27 Lunedì calendario

Salvagente di Stato sui crimini violenti ma tempi lunghi e mini-risarcimenti. Un omicidio? Vale 50mila euro

Cosa succede se l’autore di un delitto sparisce nel nulla o se non ha soldi per risarcire la famiglia della vittima dopo una causa? Interviene lo Stato. A stabilirlo è una direttiva Ue del 2004. Ma i problemi non mancano: i tempi del risarcimento sono lunghi e le tariffe basse. Sì, le tariffe. Per quanto «antipatico», esiste una tabella dei rimborsi del torti subiti: 50mila euro per l’omicidio prova, 60mila euro per i figli delle vittime di omicidio, 25mila per le lesioni personali gravissime o per la deformazione fisica.
Un omicidio. Uno stupro. Un’aggressione. Quelli che il legislatore chiama crimini intenzionali violenti. Reati gravissimi, in una società che si sente sempre più insicura. Dal 2004 una direttiva Ue chiama in causa lo Stato quando l’autore del delitto non ha soldi per ristorare la vittima, o più banalmente non viene scoperto.
Situazioni purtroppo sempre più frequenti in un’Italia in cui ci sono molte persone che campano ai margini, spesso arrivate da paesi lontani, e abituate a vivere in un contesto di degrado e miseria. “Ho promosso – spiega l’avvocato Claudio Defilippi, esperto in materia – decine di cause contro la Presidenza del consiglio per dare attuazione alla normativa europea”. Per carità, c’è anche una norma tricolore di recepimento del 2016, con 12 anni di ritardo, ma la legge copre fin dove può: i soldi non arrivano o arrivano col contagocce. E allora si procede con la carta bollata. O a tenaglia: una richiesta allo Stato e contemporaneamente una causa a Palazzo Chigi, nella cornice del tribunale di Roma.
L’ultimo caso è quello di Mirko Calcaterra, un autotrasportatore che nei giorni scorsi è stato aggredito mentre era a passeggio in mezzo alla strada da un energumeno di origini nigeriane che si è avventato con un bastone contro di lui e la sua famiglia, la moglie, i due figli e i nipotini. Il tutto in un paese dell’hinterland milanese. A quanto pare, a scatenare la furia dell’extracomunitario è stato il rifiuto di dargli una sigaretta. Calcaterra è stato picchiato, è finito al Fatebenefratelli e ne è uscito con una prognosi di 21 giorni e la gamba destra ingessata. L’africano non ha il permesso di soggiorno, in teoria dovrebbe essere espulso, in sostanza era libero di girare anche se con precedenti penali, ora è in cella e non ha nulla per indennizzare Calcaterra. Una situazione che purtroppo si ripropone drammaticamente da un capo all’altro del Paese.
"Faccio domanda – prosegue Defilippi – al fondo di Solidarietà di Consap, la società chiamata ad aiutare chi abbia subito violenza e non abbia ricevuto alcun indennizzo dal criminale di turno. Ma poiché so benissimo che lo Stato paga poco, troppo poco, o non paga proprio, allora ho aperto il secondo fronte, il procedimento contro la Presidenza del consiglio presso il tribunale di Roma. E punto, come sempre in questi casi, a trasformare il misero indennizzo, sempre che arrivi, in un più robusto risarcimento come è giusto che sia”.
Insomma, il tema della sicurezza può essere declinato anche sul lato economico. I delinquenti che commettono reati in serie e spesso non sono italiani e non dispongono di un euro, rappresentano un problema politico e finanziario.
Le tariffe, striminzite, di Consap, società al 100% pubblica sotto il controllo del Ministero dell’economia, sono quelle che sono: 50mila euro per l’omicidio, 60mila euro per i figli delle vittime di omicidio commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, 25mila per una serie di misfatti davvero pesantissimi: le lesioni personali gravissime e la deformazione dell’aspetto mediante lesioni permanenti al viso. Spiccioli. Che costringono gli avvocati ad andare allo scontro con Palazzo Chigi per portare a casa cifre meno umilianti.
"Mi spiace – aggiunge Defilippi. – ma noi miriamo in alto, al risarcimento che mette in gioco molte più risorse”.
La signora Silvia Marianna, per fare un esempio, era stata violentata da un africano, poi identificato: un egiziano condannato a 4 anni e 8 mesi per violenza sessuale e a versare, già alla fine del processo penale, una provvisionale alla vittima. Lui però è sparito e a nulla sono servite le ricerche al Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, e al Consolato. Di indennizzi nemmeno a parlarne. A questo punto è partita la causa al Tribunale di Roma che ha riconosciuto alla signora la cifra di 25mila euro, anche se i legali avevano indicato ben altri numeri: duecentomila euro. Pochi giorni fa, il verdetto d’appello conferma: 25mila euro cash dallo Stato. Non un centesimo di più. Oltre non si può andare, la coperta è corta. Cortissima.
E bisogna escogitare soluzioni concrete. "I fondi a disposizione di Consap – spiega il presidente Sestino Giacomoni, ex parlamentare azzurro – ammontano a circa 10,3 milioni di euro, fra l’altro non tutti ancora nella disponibilità della nostra società”. Dall’incipit del 2017 i pagamenti sono stati 940 per un totale di 23 milioni e 404.416 euro.
Certo, i denari arrivano quando arrivano, ma i risultati non possono essere sottovalutati. Un po’ alla volta il meccanismo è stato oliato e i flussi sono in crescita. “Dal primo gennaio al 30 settembre 2025 – aggiunge Giacomoni – Consap ha effettuato 191 ordinativi di pagamento per un valore di circa 5 milioni”. Non è poco, anche se si tratta di gocce nel mare della sofferenza.
Così resta sempre il piano B: l’azione giudiziaria spunta di solito qualcosa in più. E riesce a infilarsi fra le pieghe della burocrazia.
Il 2 marzo 1991 Alex Maggiolini uccide la fidanzata Rossana. Un femminicidio, anche se allora la parola era sconosciuta. L’uomo viene condannato a 15 anni e 8 mesi dalla corte d’assise d’appello di Firenze, la coda della storia é cupa e avvilente. L’assassino è nullatenente e non risarcirà mai la madre di Rossana, Letizia Genoveffa Marcantonio, che fa causa alla presidenza del consiglio. A distanza di tanto tempo, nel 2016, arriva la sentenza: centomila euro alla mamma. Il doppio di quelli indicati nelle tabelle di Consap.