Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  ottobre 27 Lunedì calendario

Da eolico e solare offshore quasi un terzo del fabbisogno elettrico mondiale entro il 2050

Consigli spirituali 24 ore su 24, sermoni scritti da assistenti digitali, confessioni affidate a robot. È la nuova frontiera dell’intelligenza artificiale applicata alla fede, che sta cambiando le pratiche religiose tradizionali. Un fenomeno che riguarda non solo il cristianesimo, ma anche musulmani, ebrei, buddisti.
Dalla voce di Gesù alla messa protestante
Tra le app più popolari in ambito cristiano si annoverano Bible Chat, che vanta oltre 25 milioni di utenti ed è in grado di fornire versetti e suggerimenti tratti dalle Sacre Scritture, e Hallow, che ha introdotto un agente virtuale per guidare preghiere e meditazioni. A queste si aggiungono altre applicazioni come Jesus AI, AskJesus, Abide, Text with Jesus.
Oltre a fornire servizi personali, i sistemi evoluti sono entrati anche a fare parte delle liturgie. Nel giugno 2023, a Norimberga, in Germania, un rito protestante è stato concepito da ChatGPT e celebrato da avatar animati su uno schermo sopra l’altare. Per 40 minuti il dispositivo ha guidato oltre 300 fedeli in canti, omelie, benedizioni.
Di fronte a ciò, molti credenti restano cauti. Un sondaggio realizzato nel 2023 da Barna, un istituto di ricerca statunitense, evidenzia che, negli Stati Uniti, solo un cristiano praticante su cinque ritiene “positivo l’uso dell’intelligenza artificiale per la Chiesa”, mentre la maggioranza esprime disagio all’idea che la propria parrocchia adotti tecnologie di questo tipo.
L’imam robot che entra nelle moschee
Anche l’Islam sperimenta sempre più spesso algoritmi che forniscono supporto a singoli utenti: piattaforme come Shaykh AI o WisQu promettono risposte a dubbi sulla dottrina e consigli su digiuno e vita quotidiana.
Parallelamente, in Arabia Saudita sono stati introdotti robot imam a sostegno delle pratiche religiose. Dal 2022 la Grande Moschea della Mecca li ospita per recitare versetti del Corano e intonare l’“adhan”, cioè il richiamo alla preghiera. Queste macchine sono munite di schermi e di codici Qr, che i fruitori possono scansionare per scaricare sullo smartphone il sermone. Dispongono, inoltre, di appositi pulsanti per ottenere informazioni sui muezzin e sul calendario delle funzioni.
Ciò solleva, da parte di alcuni leader musulmani, questioni di affidabilità dottrinale: si teme che, senza un’attenta supervisione, i modelli generativi possano commettere errori teologici o fornire interpretazioni fuorvianti. Altre autorità evidenziano, però, che potrebbero aiutare a diffondere la conoscenza religiosa, anche in lingue diverse, raggiungendo la diaspora globale.
Lezioni e insegnamenti per gli ebrei di tutto il mondo
Nell’ebraismo un importante passo lo ha compiuto il team di Aish, organizzazione educativa ortodossa, che nel 2025 ha creato Rabbi AI, piattaforma di intelligenza artificiale che offre orientamento personalizzato agli ebrei di tutto il mondo. Per realizzarla, gli esperti hanno anzitutto addestrato un modello linguistico attraverso articoli, lezioni, libri. Lo hanno poi sottoposto per mesi a test interni con rabbini e studenti, in modo da verificare che le risposte fornite fossero pedagogicamente corrette. Infine, lo hanno rilasciato. Tale tecnologia, in grado di comprendere domande in quasi tutte le lingue e di rispondere in inglese o in spagnolo, può fornire spiegazioni sul significato di una festività, suggerimenti etici, indicazioni su un’orazione, attingendo a migliaia di fonti e citando brani pertinenti della Torah o del Talmud. Inoltre, quando rileva quesiti personali o complessi, coinvolge, con il permesso dell’utente, un rabbino in carne e ossa che possa prendere in carico la conversazione.
A fianco a Rabbi AI, ci sono altre alternative, come per esempio Rebbe.io, un chatbot che promette risposte istantanee basate sulla tradizione. “Questi strumenti possono rappresentare un punto di ingresso fondamentale per chi cerca la fede, ma non ha mai messo piede in una sinagoga”, ha commentato il rabbino Jonathan Romain.
Nel buddismo un robot celebra i funerali
In Asia orientale si assiste a esperimenti di robotica applicata al culto buddista. Il caso più celebre è Mindar, un sacerdote robot installato nel tempio Zen Kodaiji di Kyoto, in Giappone. Alto circa due metri e costruito in metallo e silicone, è stato ideato dai ricercatori dell’Università di Osaka, con un investimento di quasi un milione di dollari. Il dispositivo, che raffigura Kannon, la dea della misericordia, predica – muovendo busto, braccia, mani – sermoni in linguaggio semplice, che vengono tradotti in simultanea in inglese e cinese su uno schermo a parete a beneficio dei visitatori stranieri. Al momento, il robot non è dotato di capacità di conversazione né di apprendimento automatico: recita perciò testi programmati, senza interagire. Tuttavia, i suoi creatori immaginano che a breve potrà avere maggiore autonomia.
“L’idea è suscitare curiosità nei laici e nelle giovani generazioni”, ha spiegato Tensho Goto, il monaco responsabile del Kodaiji.
Del resto, già da alcuni anni è presente nel Paese del Sol Levante un robot di nome Pepper, realizzato dall’azienda nipponica Nissei Eco e impiegato in cerimonie funebri buddiste: opportunamente programmato, recita i sutra e batte il tamburo rituale al posto di un monaco, offrendo un servizio a costi contenuti rispetto a quelli delle esequie tradizionali.
Un elefante robotico in un tempio indù
Anche in India l’innovazione tecnologica si sta introducendo nel sacro, specialmente nei riti induisti. Nel 2017 una società hi-tech indiana ha presentato un braccio meccanico in grado di effettuare l’“aarti”, rituale in cui si offre una lampada a olio alla divinità come simbolo di devozione. Da allora, questo prototipo ha ispirato varie repliche.
In un tempio è stato persino introdotto un elefante robotico per le processioni, in sostituzione o in affiancamento dei pachidermi reali.
Opportunità, limiti e scenari futuri
L’irruzione dell’intelligenza artificiale nei contesti religiosi crea opportunità, ma anche sfide. Sul fronte dei vantaggi, quasi tutte le fedi menzionano l’accessibilità: chatbot e robot possono assicurare una presenza spirituale costante senza vincoli di orario o luogo. Poi l’atteggiamento non giudicante e la possibilità di raggiungere migliaia di persone in luoghi remoti o piccole comunità. Infine, l’aiuto che offrono ai ministri del culto, permettendo loro di ottimizzare il proprio tempo.
Ovviamente non mancano i limiti. Il più evidente è che le macchine non possiedono coscienza, né empatia né tantomeno fede. Uno studio pubblicato nel 2023 sul Journal of Experimental Psychology: General ha messo in luce, tramite tre esperimenti, che i partecipanti hanno valutato meno credibili le omelie pronunciate dai predicatori artificiali rispetto a quelle umane, il che faceva diminuire l’intenzione di impegnarsi nella comunità. Un’altra preoccupazione è il rischio di deriva dottrinale o etica, dato che le tecnologie generative tendono a compiacere l’utente fornendo le risposte più gradite secondo i dati statistici. Un’ulteriore criticità è l’assenza di relazione personale.
Guardando al futuro, tutto lascia intendere che, anche in questo ambito, l’intelligenza artificiale si consoliderà e si evolverà. L’importante è esercitare una vigilanza, magari delineando linee guida condivise per l’uso pastorale. Molti esperti sono fiduciosi: se i modelli verranno usati come strumenti al servizio della fede, potranno aprire nuovi orizzonti, senza snaturare millenni di tradizione religiosa.