la Repubblica, 27 ottobre 2025
Fede, gadget e biscotti: per il corpo del santo ad Assisi è tutto esaurito
Mentre fa la fila per entrare nella basilica di San Francesco, Dominique Zinato ha il naso incollato allo smartphone. Che tra qualche mese il corpo di san Francesco si potrà vedere le sembra un’ottima idea: «Soprattutto per noi giovani penso che vedere sia importante», dice alzando la testa questa 17enne brasiliana. «La gente vuole vedere». Ora è qui ma subito dopo andrà a vedere il corpo di Carlo Acutis, conservato in una teca nella chiesa di Santa Maria Maggiore. «Per me è più importante di san Francesco», confessa, «lo sento di più, mi suscita più emozioni».
Santo derby
Sebbene sia fresco di canonizzazione, il santo ragazzino insidia per popolarità Francesco anche a casa sua. «Fifty fifty», sentenzia il tassista, «il 50 per cento dei visitatori viene per vedere san Francesco e il 50 per cento Carlo Acutis». Se non fosse blasfemo si potrebbe parlare di un santo derby che scatta già tra gli scaffali del bar della stazione: da una parte i mostaccioli di san Francesco, dall’altra “Dolce Carlo” a base di porridge (Acutis era nato a Londra) e cannella. L’esposizione dei suoi resti mortali la prossima Quaresima, però, farà prevedibilmente trionfare il poverello di Assisi.
Flusso continuo
Sarà la prima volta nella storia che il suo corpo sarà esposto in pubblico. L’annuncio è stato dato neanche un mese fa, per la festa di san Francesco del 4 ottobre, ma già si sono iscritti 50mila visitatori. Non che l’Assisiate abbia bisogno di pubblicità, tanto meno quest’anno: «Tra Giubileo, 4 ottobre, marcia della pace, c’è sempre tanta gente», dice Luca Salari, che nella basilica fa il volontariato. Se in passato c’erano alta e bassa stagione, inoltre, «dalla pandemia in poi è un flusso continuo», nota Valerio Febbraro, da 25 anni guardia della custodia, che per l’esposizione del corpo, sebbene in pieno inverno, prevede il pienone.
Esporre o nascondere
Destino paradossale per un personaggio rimasto nascosto per quasi sei secoli. Sì perché fino al 1818 nessuno sapeva neppure dove fosse il corpo del santo. «Francesco era un fenomeno e i frati avevano il terrore che venisse trafugato», spiega fra Giulio Cesareo, direttore dell’ufficio comunicazione della basilica. Morì nel 1226, quattro anni dopo fu traslato nella nuova basilica: le cronache riferiscono che scoppiò un tafferuglio, la gente si gettò sui portantini per afferrare le reliquie, il cranio fu schiacciato da una pietra usata come guanciale. I frati lo seppellirono sotto l’altare maggiore, ma non dissero il luogo esatto. Venne riesumato una prima volta nel 1818, dopo giorni di ricerca, poi di nuovo nel 1978 e nel 2015, ma sinora è stato esposto alla venerazione dei soli frati. Ora la svolta. Per l’ottocentesimo anniversario della sua morte, i suoi resti terreni – un mucchietto di ossa, ma una figura umana è riconoscibile – saranno esposti dal 22 febbraio al 22 marzo dell’anno prossimo. «È davvero piccolo come lui si definisce», spiega fra Marco Moroni, custode del Sacro Convento, «una piccolezza che rappresenta l’annientamento di sé per donarsi».
Il corpo dei santi
Sarà che viviamo nell’epoca dell’immagine e dei social, sarà che dal Novecento la Chiesa ha moltiplicato l’esposizione dei corpi dei santi, da padre Pio a Carlo Acutis. Di certo in questi anni molti vorrebbero appropriarsi di San Francesco. A partire da Giorgia Meloni, che punta alle celebrazioni dell’anno prossimo per rinverdire il mito di quello che già Gabriele D’Annunzio definì «il più santo degli italiani e il più italiano dei santi». La “francescofilia”, commenta Daniele Menozzi, storico del cristianesimo, «ha percorso tutta l’età contemporanea, facendo del santo di Assisi quell’icona planetaria che la sua odierna ri-nazionalizzazione immiserisce nell’ottusità del sovranismo».
Santo sovranista
Il governo ha deciso di proclamare il 4 ottobre festività nazionale, senza accorgersi che c’era già santa Caterina: «Mi pare che il pasticcio giuridico sia l’espressione dell’assenza di adeguata informazione storica con cui l’operazione è stata portata a termine», commenta il professore emerito della Normale di Pisa: «Il problema è del resto generale: tutte le volte che viene in rilievo il passato gli interventi di questo governo rivelano approssimazione, superficialità e volontà di appropriarsene in chiave propagandistica».
Passarella politica
Per il professor Menozzi, «ha giocato l’incrocio dell’attualità, l’approssimarsi dell’ottavo centenario della morte, con una vaga sedimentazione memoriale che ricordava la nazionalizzazione della figura di Francesco compiuta dal regime fascista e la spinta del nazional-cattolicesimo a fare del 4 ottobre festa nazionale», e Meloni punta ad «allargare il consenso al governo dei settori conservatori del mondo cattolico», da un lato, ammiccando, dall’altro, ai nostalgici della «continuità con il regime». La presenza della premier qui ad Assisi lo scorso 4 ottobre non è piaciuta a molti che ora fanno la fila per entrare in basilica. «È tutta politica», dice convinto Mimmo Milone, «un modo per farsi pubblicità. San Francesco non ha bisogno di questo, anzi forse si offenderà».
Pro e contro
Quanto all’esposizione delle ossa, i sentimenti sono variegati. Lorena Canales, messicana, è entusiasta: «Vedere le sue ossa può aumentare la mia fede», spiega. Per Riccardo Lozzi, 17 anni, non credente, «quel che conta di Francesco è il suo esempio spirituale». Il rischio, dice Giovanna Bellusci, è che spuntino persone «con una curiosità morbosa, ricordo quando sono andata a vedere padre Pio, c’era gente che diceva, “guarda la pelle!”. Fosse stato mio nonno mi avrebbe dato fastidio». San Francesco, dice Mimmo Milone, «bisogna esporlo nel cuore».