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 2025  ottobre 27 Lunedì calendario

«Vado a vivere in un negozio», a Torino 500 piani terra commerciali convertiti in case-studio e mini loft

Le bottiglie sul tavolo, un gruppo di amici che si gode un sabato sera tra chiacchiere e risate, i rumori di una festa e qualcuno che si muove ai fornelli, dietro una grande vetrina illuminata. Da fuori il locale di via Messina sembra quasi un ristorante e invece è un vecchio negozio riconvertito in una casa-studio. Non ci sono più cassette di frutta o insegne colorate, ma la vita quotidiana di una famiglia che trascorre una serata di svago. Prima, in quei pochi metri quadri, c’era un fruttivendolo. Oggi Alfonso Pagano ha comprato lo spazio e nel giro di un anno l’ha trasformato: un tavolo grande, una cucina, uno studio, e sopra, su un piccolo soppalco, un letto. Idraulico di professione, racconta di averlo fatto nel tempo libero: «I lavori sono durati un anno, ho passato qui molti fine settimana. Avevo bisogno di uno spazio per il mio mestiere e di un luogo di aggregazione per fare cene. C’è anche una camera per dormire ma per ora non l’ho ancora usata».
La trasformazione in abitazioni
La sua è una delle tante storie che raccontano un fenomeno sempre più diffuso a Torino: la trasformazione dei piani terra commerciali in abitazioni, studi o mini loft, una tendenza (più di 500 casi da inizio anno) che nasce spesso da esigenze personali ma che si sta consolidando come nuovo capitolo del mercato immobiliare urbano. Nella città che per anni ha vissuto di botteghe e negozi di quartiere, oggi sempre più serrande si abbassano e non si riaprono più. A volte dietro di esse non si nasconde l’ennesimo esercizio fallito, ma un nuovo modo di abitare. In via Santa Chiara le cinque saracinesche di una pizzeria sono diventate «Maison Métropole», un complesso di piccoli alloggi turistici con 4,3 stelline sui portali di prenotazione. Poco lontano, in via dei Quartieri 10, al palazzo dove visse Filippo Juvarra è toccata la stessa sorte. Sembra essere il destino di una parte consistente del centro che si estende intorno a via Garibaldi: in un chilometro quadrato si contano circa 900 Airbnb, il 10% di tutte le strutture torinesi. Dietro le saracinesche abbassate delle sempre più numerose case-bottega si intrecciano fenomeni diversi: da un lato, la ricerca di soluzioni abitative a basso costo in aree prima inaccessibili; dall’altro, la turistificazione spinta del centro storico. Una doppia velocità che sta cambiando il volto della città.
Il nuovo Piano regolatore
Il Comune ne è consapevole e, in vista del nuovo Piano Regolatore, ragiona su vincoli «salva-negozi» per tutelare il commercio di prossimità: in alcune vie strategiche sarà vietato il cambio di destinazione d’uso dei locali commerciali. «È una tendenza che non nasce oggi – spiega Cesare Furbatto, titolare di una delle agenzie immobiliari storiche della città —. In zone centrali ma non centralissime, come San Secondo, i negozi non sono appetibili. È difficile venderli o affittarli, mentre la domanda di abitazioni è costante. Così molti proprietari hanno scelto la via della trasformazione: è una soluzione intelligente per ridare valore a immobili fermi da anni. Io stesso ho seguito operazioni di questo tipo in via dei Quartieri: due locali, trasformati con soppalchi, uno venduto bene, l’altro affittato subito. È un fenomeno che esiste da tempo, ora si è consolidato». 
Investimenti
Secondo Massimo Pepiciello, esperto di investimenti immobiliari, la chiave sta nella posizione: «Funziona nei centri città, non in periferia, dove i locali sono già vuoti e invendibili. Nei quartieri centrali invece questi spazi costano meno rispetto agli appartamenti ai piani alti e offrono un buon margine di ritorno. Servono però professionisti, progetti acustici e strutturali». 
Pepiciello sottolinea che molte vie hanno ormai perso la vocazione commerciale: «Fino a vent’anni fa ogni zona aveva negozi vivi, ora alcuni si sono spenti. Convertirli in abitazioni può ridare vita alle strade. Io ne ho seguiti una ventina a Torino negli ultimi anni, ma oggi vedo anche troppi improvvisati. Non tutti i piani terra sono buoni investimenti». Tra le voci più attente al fenomeno c’è quella di Maria Luisa Coppa, presidente di Ascom Torino, che da tempo chiede un intervento deciso per proteggere la rete commerciale. «Abbiamo sollecitato il Comune a non permettere il cambio di destinazione d’uso dei piani terra nel centro e nelle zone più preziose. Se in ogni angolo del centro apriamo mini appartamenti o alloggi turistici, rischiamo di seguire il modello di Firenze o Venezia, dove gli abitanti sono spinti fuori e i centri storici sono diventati vetrine per turisti». L’ultimo appello di Coppa va ai proprietari: «Se vogliamo riportare i negozi in centro, c’è una strada: abbassare gli affitti».