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 2025  ottobre 27 Lunedì calendario

«Cacciato dal Conservatorio, papà mi punì. A Pechino mi dissero che non avevo talento»

Lang Lang non è solo un pianista di successo che alla tastiera sembra un gatto acrobata con undici dita: è un fenomeno globale. È uscito per DG il suo Piano Book 2, rivolto anzitutto ai «giovani, ai principianti, a chi crede che la musica porti gioia».
Quanto a lei, c’è un episodio della sua adolescenza in cui la musica le diede conforto?
«Sì assolutamente, quando lasciai la mia città natale, Shenyang, per andare al Conservatorio di Pechino. L’insegnante mi buttò fuori, mi disse che non avevo talento. Persi fiducia e interesse nella musica. Ci si mise anche mio padre, si infuriò, mi insultò, mi negò il cibo, disse che la mia vita era inutile, aveva investito la sua su di me, non ripeterò i suoi errori. Mi rifugiai nella solitudine del pianoforte, e ritrovai la felicità. La stessa cosa mi è successa in Tanzania».
Cosa è successo?
«Quando la visitai per la prima volta, come ambasciatore dell’Unicef, i ragazzi non avevano la minima idea di chi fossi. Io suonai, loro cominciarono a danzare. Siamo amici ancora oggi. È straordinario il potere della musica».
Nel cd sono tutti pezzi brevi: è diminuita la capacità di ascolto?
«Dovete considerare la natura del progetto. E poi non è così importante la lunghezza. Sono capolavori in miniatura. Traumerei di Schumann dura tre minuti e buca la pancia. Oggi gli adolescenti arrivano alla musica classica non attraverso i concerti ma con la musica sinfonica dei videogames. Così ne ho messa una, da Black Myth: Wukong, che duplica una popolare soap opera cinese degli anni 80».
È cambiata la modalità di accesso alla classica.
«Trovo sia importante visualizzare la musica, da bambino come dico sempre è stato importante vedere i cartoon di Tom & Jerry, ora traggo ispirazione pensando a una montagna o a un deserto. Cecilia Bartoli e gli altri cantanti sono fortunati, possono appoggiarsi alle parole, io per il mio mondo immaginifico ho soltanto un mare di note e di combinazioni melodiche».
Ha messo omaggi a due italiani.
«Sì, a Ennio Morricone, che purtroppo non ho mai conosciuto (ma dopo l’Oscar lo omaggiai in un video suonando la musica del film The Hateful Heights di Tarantino) e a Ludovico Einaudi. Entrambi si riconoscono dopo una singola nota».
Conosce Beatrice Venezi?
«No, mi spiace, mai sentita. Chi è?».
Una direttrice d’orchestra appena nominata alla guida della Fenice di Venezia tra molte polemiche per il suo curriculum.
«Non so chi sia».
Ha diretto nella sua Cina.
«Alla Fenice… Magari andrò a vedere qualche suo video. Purtroppo siamo così concentrati sulla carriera che è difficile restare aggiornati. A volte una giornata dovrebbe durare 48 ore. A maggio, tornerò a suonare a Roma per Santa Cecilia».
Lei suona in modo teatrale per cercare empatia?
«Non lo faccio apposta, o per calcolo, mi viene naturale, è la mia indole».
Il mondo accademico a volte rimane perplesso.
«Guardi, la mia energia, quando non suono, la riservo alla mia Fondazione rivolta ai giovani. Abbiamo creato 240 scuole in Cina, Stati Uniti, Inghilterra e ne stiamo per aprire in altri Paesi. Si insegna a suonare a giovanissimi che provengono da famiglie disagiate e povere, ed è in forma gratuita. In totale sono 400 mila allievi. Il primo cd del mio progetto, Piano Book 1, uscito sei anni fa, è stato ascoltato da più di un miliardo di persone in streaming e ha venduto un milione di copie, che in questi tempi è un miracolo. Se poi qualche accademico stringe le spalle, non posso farci niente».
Perché Yuja Wang è spesso polemica con lei?
«Mi ha scritto una calda lettera in cui giura di essere stata fraintesa e di non avermi paragonato a un circense. Forse, se veramente l’ha detto, quel giorno aveva bevuto un bicchiere di troppo. Nella lettera mi porta rispetto e stima».
E lei, quali pianisti considera i più grandi?
«Nel repertorio romantico, che è il pilastro della professione, Martha Argerich e Daniel Barenboim. Mi parlano bene del giovane sudcoreano Yunchan Lim, che a 18 anni è stato il più giovane ad aver vinto il concorso Van Cliburn, ora ne ha 21. Sicuramente lo ascolterò».
Il successo l’ha cambiata?
«Sono consapevole che posso influenzare tanti ragazzi. La mia vita è cambiata dopo la nascita di mio figlio Winston, ha quasi 5 anni, studia percussioni, tra due anni forse gli darò lezioni di piano. Appena posso lo raggiungo in una delle mie tre case, a Shanghai, Parigi e New York. Sono io che seguo lui».