Avvenire, 26 ottobre 2025
Le mani sul Continente. Così i nuovi mercenari «conquistano» l’Africa
Sono un “boomerang senza legge”, purtroppo dilagante nella volatilità sicuritaria del continente africano: una miniera d’oro per le compagnie militari e di sicurezza private, rimedio ingannevole di governi locali fragili, spesso in affanno nel controterrorismo e nel presidio di risorse e confini. Mercenari e contractor d’ogni dove, molti dei quali ex incursori, ex militari di professione ed ex agenti di forze di polizia a ordinamento militare, combattono e fanno intelligence; proteggono infrastrutture economiche e aziende, sedi istituzionali e personale; inquadrano e preparano forze militari e di polizia. Tradiscono un vulnus nel controllo statale dell’uso legittimo della forza armata, espressione di Stati falliti e longa manus, non troppo arcana, dell’imperialismo neocoloniale cinese, russo, turco e occidentale. Nel caos della guerra civile libica hanno sguazzato migliaia di contractors e mercenari, russi, turchi, francesi e americani su tutti. Erik Prince, fondatore della famigerata Blackwater, sta rientrando in loco con il nuovo marchio della Freedom First, interessata alla valorizzazione energetica, almeno per ora. Raccontano le fonti che intorno al 2017 operavano in Africa ventuno compagnie militar-sicuritarie private di diritto americano, alcune delle quali assoldate anche dalle missioni di pace delle Nazioni Unite, altre affini al Comando statunitense per l’Africa.
In uno scenario che vedrà un probabile ridimensionamento regionale del ruolo del Pentagono, l’agenda africana dell’amministrazione statunitense sarà in parte appaltata al privato e si annuncia un nuovo afflusso di contractor statunitensi, che si aggiungeranno a quelli di Constellis e Caci, presenti ovunque. Amentum è la prossima, attesa in Tripolitania. Zone d’ombra riemergono dal recente passato subsahariano, dal Mozambico al Sudan, passando per la Somalia e l’Africa occidentale.
La guerra in Congo è uno spaccato di un cosmopolitismo di mercenari: vi è stata attivissima la società di sicurezza privata Agemira RDC, filiale congolese dell’Agemira franco- bulgara che, ingaggiata inizialmente a Goma per la manutenzione dei cacciabombardieri Su-25 e degli elicotteri d’attacco Mi-24, è cresciuta nel portafogli, fornendo consulenza allo stato maggiore delle forze armate congolesi e adde-strandone alcune unità nel Kivu Settentrionale, terra di affari non meno che di guerra anche per Congo Protection, le cui azioni sono state dirette dal rumeno Horatiu Potra, ex soldato della Legione Straniera francese e padrone di un’altra private security firm: l’Asociatia Ralfa, sempre all’opera con i regolari in Congo, caleidoscopio poliedrico delle brame pluridirezionali sulle materie prime strategiche del paese, su cui sta speculando pure la Vectus di Erik Prince.
Nella cabina di regia fra Parigi e Kinshasa siederebbe la società privata Themiis, specializzata nella formazione in ambito sicurezza e difesa e coinvolta dal 2016 nella gestione del Collège des Haute Etudes de Stratégie et de Défense della capitale congolese. La corporation britannica G4S si picca di avere suoi uomini in 29 Paesi africani, compreso il Sudafrica, dove protegge aeroporti e 38 miniere, integrando pure le operazioni di law enforcement. Una multinazionale con più linee di business, macchiatasi in passato di abusi sui detenuti. Non è andata per il sottile nemmeno la Wagner russa, fagocitata oggi dall’Africa Corps ministeriale ma sopravvissuta nel marchio, nelle trame fosche, nei rovesci militari e nelle stragi impunite.
Andrei Averyanov, attuale capo, veterano dell’unità per le operazioni clandestine dell’intelligence militare, avrebbe intrallazzi con giunte golpiste, signori della guerra e mi-litari, alfiere di un do ut des sicuritario- affaristico: offre puntelli draconiani e controllo centralizzato al prezzo di concessioni minerarie. Allevate dalla Frontier Service di Prince, sono di casa in Africa anche le aziende di contractor cinesi, parte del grande gioco multilaterale, cui non sono immuni nemmeno la turca Sadat, la francese Secopex, la tedesca Asgaard e realtà emiratine e ucraine, espressione di interessi poliedrici. Il vuoto normativo ha allarmato il Consiglio per la pace e la sicurezza dell’Unione africana che sta sollecitando un irrobustimento della Convenzione del 1977 sul bando del mercenariato in Africa, fenomeno antico, riemerso come fiume carsico mai in secca.