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 2025  ottobre 26 Domenica calendario

La seconda vita delle sostanze hippie. Allargano la mente

Parole e acronimi come LSD, Mdma o psilocibina evocano ancora l’epopea hippie americana: gli anni Sessanta, figli dei fiori, campus in rivolta e musiche ipnotiche.
Fu lo psichiatra inglese Humphrey Osmond a coniare nel 1956 il termine “psichedelico” – che significa più o meno “ciò che rende manifesta la mente” o “che rivela l’anima” – per descrivere gli effetti delle sostanze allucinogene in ambito clinico.
Un termine, spiegava Osmond, «chiaro, armonioso e non contaminato da altre associazioni», immaginandolo depurato da troppe zavorre culturali. Eppure la storia degli psichedelici e della psichedelia come cultura che li ha accompagnati, porta con sé proprio quelle immagini che Osmond voleva evitare.
Le magliette tie-dye con spirali colorate e mandala caleidoscopici, il pop psichedelico di Sgt. Pepper, Woodstock, la scena rave britannica degli anni Ottanta o la svolta introspettiva di Bob Dylan. Un universo di icone e aneddoti che conserva ancora oggi un certo fascino, nonostante il cosiddetto “rinascimento psichedelico” abbia ormai spezzato il legame con quel folklore hippy.
Così lo psichiatra britannico Ben Sessa definì nel 2012 la nuova stagione di studi scientifici che riportava gli psichedelici nel mondo medico e accademico, con gli scienziati, e non più gli hippie, interessati al loro vasto potenziale. Dopo essere state bollate nel 1971 come «droghe pericolose e prive di interesse terapeutico», in seguito alla classificazione nell’elenco ONU degli stupefacenti, queste sostanze stanno vivendo un inatteso ritorno di interesse.
Ricercatori, medici e neuroscienziati hanno prodotto una vasta letteratura che documenta l’efficacia della psilocibina nel trattamento della depressione, del disturbo da stress post-traumatico, dell’ansia e persino delle dipendenze.
Nel 2025 la Commissione europea ha finanziato PsyPal, il primo trial multicentrico (uno studio clinico condotto in più centri di ricerca) per valutarne gli effetti su malattie gravi come Sla e Parkinson. Con l’assunzione della psilocibina, il composto allucinogeno presente in alcune specie di funghi, si resettano temporaneamente le reti neuronali responsabili della percezione del tempo e del sé. Una possibilità che già esiste in Svizzera dal 2014, quando è stato autorizzato l’uso compassionevole degli psichedelici per pazienti con gravi patologie psichiche.
Anche in Italia qualcosa si muove. A Chieti è partito il primo test clinico nazionale coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità, che coinvolge sessantotto pazienti con depressione resistente ai farmaci tradizionali.
Se di “rinascita” si tratta dunque, non è certo quella delle comuni dei figli dei fiori o delle occupazioni studentesche, ma la ripresa di una fase ancora precedente, quella in cui l’uso di queste molecole era sostenuto da scrittori come Aldous Huxley, indimenticato autore de Il mondo nuovo, o da medici e studiosi che ne auspicavano un utilizzo riservato alle élite intellettuali.
Insomma, molti pionieri del pensiero psichedelico, non erano ribelli o bohémien, ma uomini di successo che vedevano in quelle sostanze non una fuga dal sistema, bensì un modo per espandere le possibilità della propria mente.
Del resto, la moda delle microdosi (quantità molto piccole – sub-percettive – di sostanze psichedeliche, in genere un decimo o ventesimo di una dose ricreativa) attraversa oggi l’Europa dopo aver conquistato i creativi workaholic della Silicon Valley, diffondendosi poi negli Stati Uniti e in Canada. L’obiettivo di chi la pratica è sfruttare gli effetti di espansione della coscienza che queste sostanze producono – lucidità cognitiva, euforia visionaria, senso di connessione con la natura, immersione nell’inconscio – evitando però quelli più intensi o destabilizzanti: allucinazioni, stati di dissociazione e il temuto “bad trip”, e cioè quell’esperienza psichedelica negativa in cui l’alterazione della percezione genera panico, angoscia e perdita di controllo.
In pochi anni gli psichedelici sono diventati, da sostanza dei rave a pratica sofisticata della cultura mainstream. Ma da dove viene tutta questa rinnovata hype psichedelica? Scrive il neuropsicologo Andy Mitchell in Dieci Trip (Einaudi) che «in passato essere un esperto di sostanze psichedeliche significava essere una specie di outsider guardato con diffidenza quando non con sospetto. Oggi significa essere un ricercatore scientifico, un terapeuta, un investitore». Del resto, si parla ormai di psiconauti in giacca e cravatta e non a torto. Titolava il Wall Street Journal nel 2023 «Wall Street appoggia una nuova classe di sostanze psichedeliche», facendo rifermento alla quantità di fondi di venture capital investiti per brevettare varianti di sostanze psichedeliche da vendere ai fornitori di servizi sanitari per un utilizzo medico diffuso. Soltanto negli Usa il valore previsto del mercato dei funghi magici nel 2028 è di 6,4 miliardi di dollari, più o meno come quello degli alimenti per neonati, per intenderci. Il mondo nuovo, appunto.