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 2025  ottobre 26 Domenica calendario

Il cardinale Burke celebra la messa in latino a San Pietro: papa Francesco l’aveva vietata

Hai voglia a sgolarti. “Voi me dovete di’ a cosa serve suona’, a cosa serveee”, grida la vigilessa. Ore 13 di un sabato romano, il traffico del Lungotevere viene interrotto per fare attraversare la processione dei tradizionalisti diretti in Vaticano. Sono alcune centinaia, intonano Vexilla Regis, inno tradizionalmente associato alla Vera Croce, auto e scooter si innervosiscono e iniziano a suonare il clacson, all’inizio qualche strombettata poi un boato continuo, l’altro pizzardone si infila in bocca il fischietto e soffia a perdifiato. Alla fine è una gazzarra sonora, singolare scenario per l’inizio di un pellegrinaggio improntato al silenzio e al raccoglimento, ai canti gregoriani e all’antico salmodiare in latino.

Battaglia sulla messa in latino
È durato tre giorni il pellegrinaggio – meglio, la “Peregrinatio ad Petri Sedem” – dei cultori del messale tridentino, volgarmente noto come “messa in latino”. Va avanti dal 2012 e si ispira a Summorum Pontificum, il motu proprio con il quale Benedetto XVI, nel 2007, liberalizzò l’uso del messale pre-conciliare, per la gioia di lefebvriani e altri tradizionalisti. Che Francesco, invece, ha frenato e ridimensionato, fino a pubblicare a sua volta un motu proprio, Traditionis Custodes del 2021, con il quale ha ristretto considerevolmente la possibilità di celebrare messa secondo l’ultima edizione del messale tridentino pubblicato da Giovanni XXIII nel 1962, dunque prima della riforma liturgica del Concilio vaticano II. Ora è papa Leone XIV, che in un gesto di distensione nei confronti dell’arcipelago tradizionalista, ha concesso al cardinale statunitense Raymond Leo Burke, capofila dell’opposizione curiale a Bergoglio, di celebrare la “messa in latino” sabato pomeriggio a San Pietro per i pellegrini Summorum Pontificum.
Guanti bianchi e Madonna di Fatima
Guanti bianchi e mitra dorata, il porporato, da sempre amante di vesti liturgiche sontuose, ha celebrato la messa all’altare maggiore della cattedra, sabato alle 15, con circa un migliaio di fedeli e circa duecento sacerdoti. Burke ha manifestato “profonda gioia” per poter celebrare la messa: negli ultimi due anni papa Francesco l’aveva vietata. E nell’omelia il porporato statunitense, trumpiano convinto, ha evocato “la Madonna di Fatima” che “desidera proteggerci dal male del comunismo ateo, che allontana i cuori dal Cuore di Gesù e li conduce alla ribellione contro Dio e contro l’ordine che Egli ha posto nella creazione e scritto nel cuore di ogni uomo. La Madonna, ha detto, “denunciava l’influsso della cultura atea sulla Chiesa stessa, che ha portato molti all’apostasia e all’abbandono delle verità della fede cattolica”.
C’è anche Zuppi
Le cose, in realtà, non sono così schematiche. A presiedere i vespri tridentini venerdì sera nella chiesa di San Lorenzo in Lucina, per dire, ossia l’appuntamento che ha dato il via alla tre-giorni di pellegrinaggio tradizionalista, è stato il cardinale Matteo Zuppi: prete di strada, sì, ma da sempre sensibile alle ragioni della messa in latino. Quanto a papa Francesco, il direttore editoriale dei media vaticani, Andrea Tornielli, ha ricordato su X che ha permesso svariate volte che a San Pietro venisse celebrato il rito antico: nel 2012, 2013 e 2014 dai cardinali Canizares, Castrillon, e lo stesso Burke, nel 2015, 2016, 2017, 2018 e 2019 dai monsignori Layse, Sample, Pozzo, Kozon, Rey e anche nel 2021 e 2022, dunque dopo il suo giro di vite, dai monsignori Descourtieux e D’Agostini.

Pantaloni alla zuava e velette nere
Se il pellegrinaggio termina questa mattina con “messe di ringraziamento” in occasione della festa di Cristo Re, ieri, prima della “messa pontificale solenne” di Burke a San Pietro, i fedeli si sono raccolti dinanzi alla chiesa dei Santi Celsio e Giuliano per un rosario, a poche centinaia di metri dal Vaticano ma sull’altra sponda del Tevere. Tra i tavolini delle pizzerie e i negozietti di souvenir, alcune centinaia di persone hanno pregato snocciolando il rosario. C’è il giovane bavarese con i pantaloni alla zuava e ci sono le donne con la veletta nera, preti in talare lunga, rocchetto e la berretta tricorno inginocchiati sui sampietrini. Gli organizzatori, una sorta di servizio d’ordine con fascetta fosforescente al braccio e la scritta SP (Summorum Pontificum), distribuiscono ai partecipanti bandiere dei paesi più disparati, dagli Emirati Arabi Uniti a Vanatu, dagli Stati Uniti alla Polonia. C’è il desiderio di mostrare un movimento dalla diffusione mondiale. Due fedeli di Taiwan tengono la bandiera cinese, c’è anche un giovane che prega issando una bandiera di Israele: non vuole parlare al giornalista senza la presenza di un testimone, ma rimanda alla sua pagina Facebook, dove spiega: “San Pietro p l’Apostolo degli ebrei e inoltre voglio manifestare la mia solidarietà al popolo ebraico per il clima d’odio e le persecuzioni che stanno subendo da due anni”.

“Tradizionalisti ma non retrogradi”
Secondo monsignor Gianluca Gonzino, canonico di Vercelli, concedendo la celebrazione – straordinaria – in San Pietro, Leone XIV “ha fatto bene perché la Chiesa è cattolica deve esserci spazio per tutti”. Nel messale tridentino il sacerdote trova “tutta una storia liturgica, si trovano secoli di preghiera… anche nella nuova, nè, però manca quell’uso del latino che unificava tutto il globo terrestre, e poi il messale nuovo viene usato come una clava contro un mondo che vorrebbe usare il messale di prima”. I tradizionalisti sono stati discriminati negli anni passati? “Non tocca a me dirlo ma certamente io credo di sì”. Ma “possono esserci delle posizioni di chiusura, forse anche delle resistenze allo Spirito santo, che vengono vissute da certi tradizionalisti: ma il rito della Chiesa è un conto, l’essere retrogradi è un altro discorso, a me spiace che un certo mondo tradizionalista si manifesti come restio ad ogni progresso”. Due turisti osservano la preghiera addentando i saltimbocca alla romana da un tavolino affacciato sulla chiesa, la processione si muove verso San Pietro, una volta che l’ultimo tradizionalista ha attraversato il lungotevere i canti in latino vengono sommersi e dal rombo di macchine e motorini che riprendono la loro strada, con qualche clacson e qualche improperio.