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 2025  ottobre 26 Domenica calendario

Dal Galles alla Scozia, Regno più dis-Unito che mai. Così Farage soffia sui nazionalismi

Un Regno sempre più dis-Unito? Giovedì scorso c’è stata un’elezione suppletiva a Caerphilly, per un seggio del Parlamento devoluto gallese rimasto vacante. Sembra roba di politica locale. In realtà, il voto di giovedì scorso è stato cruciale per due motivi.
Il primo: il Labour ha ricevuto un’altra scoppola storica, a conferma della profonda crisi interna che stanno vivendo il primo ministro Keir Starmer e il suo governo di centrosinistra. Il partito laburista è infatti riuscito a perdere un seggio come quello di Caerphilly dove era rimasto al potere per oltre un secolo, capitolando dal 46% delle ultime elezioni nel 2021 al terzo posto con un misero 11%.
Il secondo motivo di interesse è la tendenza pluri-nazionalista che sta spaccando il Regno Unito. A Caerphilly ha stravinto il partito nazionalista gallese Plaid Cymru, che a questo punto si pone favorito per le elezioni locali e del Parlamento gallese il prossimo maggio. Per la prima volta nella Storia, Plaid Cymru (che in gallese significa “Il Partito del Galles”) può davvero pensare di andare al potere nella nazione, con un suo leader e “first minister”, anche grazie alla crescita di Nigel Farage e del suo partito di destra Reform UK. Che, alla suppletiva di Caerphilly, sperava di vincere e non di arrivare al secondo posto con il 36% (anche se ha guadagnato comunque 34 punti rispetto a quattro anni fa).
Reform punta ancora a conquistare il Galles, ma se invece non riuscisse a sfondare, potrebbe clamorosamente favorire i nazionalisti gallesi di Plaid Cymru, come accaduto a Caerphilly. Ciò perché nel complicato sistema elettorale e uninominale secco britannico “First Past the Post”, vince il seggio chi arriva prima degli altri, ossia chi ottiene almeno un voto in più rispetto a tutti i suoi avversari. L’ascesa, sinora non decisiva di Farage e del suo partito Reform in Galles, favorisce proprio i nazionalisti di centrosinistra di Plaid, che non hanno mai abbandonato il loro sogno indipendentista dal Regno Unito e che potrebbero replicare la stessa tattica anche alle elezioni locali del prossimo maggio. E così conquistare il potere.
Qualcosa di simile potrebbe capitare in Scozia. Dopo gli scandali e le dimissioni della ex “first minister” Nicola Sturgeon nel 2023, gli indipendentisti ed europeisti dello Scottish National Party (Snp) erano crollati. Tanto che alle ultime elezioni nel 2024 il Labour aveva trionfato anche al di là del Vallo di Adriano, riconquistando molti seggi che aveva perso oltre vent’anni prima. Adesso però, sempre grazie alla retorica populista e anti-migranti, Farage sta attecchendo anche in Scozia, con un consenso che talvolta supera anche il 20%, secondo i sondaggi. Dunque, il suo partito Reform potrebbe scatenare lo stesso fenomeno anche a Edimburgo e dintorni: ovvero non vincere le elezioni – anche in Scozia si vota il prossimo maggio – rubare preferenze al Labour e a destra, e dunque favorire il ritorno al potere dell’Snp, oggi in forte ripresa anche per la sua viscerale opposizione alla Brexit, sempre grazie al particolare sistema elettorale del Regno.
Ma tutte le nazioni britanniche potrebbero finire in mano a nazionalisti. Anzi, in Irlanda del Nord è già al potere Sinn Féin, ex braccio politico dei terroristi dell’Ira, che oggi vanta la premier locale Michelle O’Neill (seppur in un governo condiviso con gli unionisti) dopo la storica prima vittoria alle elezioni nordirlandesi nel 2022. È vero, anche gli unionisti del Dup sono nazionalisti, ma Sinn Féin vuole la riunificazione di tutta l’isola di Irlanda, e non ha mai fatto mistero (anzi) di sognare Belfast e il resto della nazione nordirlandese inglobate dalla Repubblica a sud. Infine, ovviamente c’è Nigel Farage, che sta volando nei sondaggi – con punte oltre il 30% su base nazionale – e che sta spopolando soprattutto in Inghilterra.
Il re della Brexit non è mai stato così vicino a Downing Street e se la spuntasse fra quattro anni alle elezioni (o prima, se Starmer decidesse di anticiparle), ecco che le quattro nazioni del Regno sarebbero guidate tutte da movimenti radicalmente nazionalisti, e spesso indipendentisti o addirittura secessionisti. A quel punto, dopo il primo scisma della Brexit che ha indirettamente innescato anche una parte di questi smottamenti politici, ci sarebbero tutti gli ingredienti esplosivi per una possibile disgregazione del Regno Unito.