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 2025  ottobre 26 Domenica calendario

I poliziotti condannati per la scuola Diaz non hanno ancora restituito un milione di spese legali

La notizia è, per così dire, double face. Potete leggerla così: i giudici del Consiglio di Stato ordinano agli alti funzionari di polizia, condannati per i fatti dell’irruzione alla scuola Diaz di Genova al G8 del 2001, di restituire i soldi che lo Stato anticipò loro per pagarsi gli avvocati.
Ma c’è anche quest’altro punto di vista: a 24 anni dalla notte della “macelleria messicana”, e a 13 dalle condanne definitive della Cassazione, questori in carica, ex capi dell’antimafia, ex prefetti e così via, non hanno ancora rimborsato un euro alle casse pubbliche: complessivamente oltre un milione di euro.
La scoperta di questa imbarazzante situazione – alti servitori dello Stato che si oppongono, seppur legittimamente, alle richieste dello Stato – si deve ad una recente sentenza con cui il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso di Filippo Ferri, uno dei condannati a 3 anni e 8 mesi per i falsi verbali con cui la polizia tentò di coprire il brutale pestaggio dei manifestanti che dormivano nella scuola, e il loro arresto illegale.
Ferri, questa primavera è stato nominato questore di Monza e Brianza, scelta che ha generato polemiche e un’interrogazione al Parlamento europeo dei parlamentari Ilaria Salis, Mimmo Lucano, Benedetta Scuderi e Cristina Guarda.
Il ricorso di Ferri, assistito dagli avvocati Jacopo Maria Ferri (fratello e sindaco di Pontremoli) e Giovanni Montana, era contro una sentenza del Tar Lazio del 2024. In realtà, una delle prime nove sentenze relative ai ricorsi con i quali, 13 condannati del processo Diaz, chiedevano che venissero annullati i provvedimenti ministeriali del 2022 di «Riattivazione dei procedimenti di recupero della somma di euro 82.620,00 concessa a titolo di anticipo delle spese legali in relazione al processo Diaz».
La cifra è analoga per tutti e 13, quindi, circa un milione e centomila euro.

Come si arrivi a questa sorta di debito insoluto da oltre un decennio necessita di un breve riepilogo.
Il processo di primo grado per la “notte cilena” della scuola Diaz si conclude nel 2008: vengono condannati Vincenzo Canterini, capo del reparto mobile e alcuni suoi collaboratori, ma sono assolti i super poliziotti come Francesco Gratteri, Giovanni Luperi e Gilberto Caldarozzi, fedelissimi del capo della polizia dell’epoca, Gianni De Gennaro.
Nel 2009 ottengono la cosiddetta anticipazione per le spese processuali.
Nel 2012, la Corte d’Appello ribalta la sentenza: 25 condannati, tra i quali tutti gli alti funzionari, per falso. Il tempo trascorso li salva dalle accuse di calunnia e arresto illegale che vengono prescritte. Un anno dopo, nel 2013, scatta la richiesta di rientro degli anticipi. E qui si blocca tutto. Difficile capire esattamente i motivi. Iniziano le opposizioni, il Ministero dell’Interno prende tempo, l’Avvocatura Generale dello Stato, di Roma, emette «alcune pronunce discordanti», come scrive il Consiglio di Stato, in merito al fatto che l’Avvocatura sostenne, erroneamente, che non dovessero essere restituite le spese per i reati prescritti.
Intanto il tempo passava e nel 2022, dopo una riattivazione della procedura di rivalsa, ecco partire i ricorsi al Tar Lazio. Tra i vari motivi sostenuti da Ferri e dagli altri condannati ci sono il tempo trascorso, lo “sconto” nel recupero dovuto ai reati prescritti, «le aspettative di chi… poteva ragionevolmente confidare nella prosecuzione (o comunque stabilità) della situazione per lui favorevole». Il Consiglio di Stato, confermando la sentenza del Tar, ha spazzato via tutti questi motivi. Sulla prescrizione non solo è stato ricordato che le spese sono pagate solo in caso di assoluzione, ma i giudici hanno sottolineato come nel processo Diaz «la parziale dichiarazione di prescrizione, ha accertato sia l’unicità del disegno criminoso che l’aggravante del nesso teleologico tra tutti reati ascritti (falso, arresto illegale e calunnia), compresi quelli prescritti». E ancora, «l’Amministrazione non ha tenuto alcun comportamento che potesse essere inteso (o anche soltanto frainteso) come una forma di rassicurazione o acquiescenza. Al contrario, l’Amministrazione ha adottato atti inequivocabilmente intesi a dimostrare l’intenzione di recuperare le anticipazioni».
E ora? Mai dire mai, ma per il questore di Monza dovrebbe scattare il pignoramento del quinto dello stipendio e la stessa cosa accadrà per gli altri condannati non appena il Consiglio di Stato si sarà pronunciato, come è logico ipotizzare, come già ha fatto per Ferri.