la Repubblica, 24 ottobre 2025
Modelle curvy? No grazie. Dietrofront in passerella, sfilano solo taglie 36 e 38
Sulle passerelle dedicate alle collezioni donna per la primavera/estate 2026 hanno sfilato 9.038 look. Di questi, il 2 per cento sono stati indossati da modelle di taglia media, cioè tra la 42 e la 46, e lo 0,9 per cento da modelle plus size, vale a dire dalla 48 in su. Il restante 97,1 per cento è spettato a modelle di taglia standard: 36, 38, al limite 40. Sono queste le cifre chiare e inequivocabili inserite nel Vogue Business size inclusivity report, pubblicato pochi giorni fa, che annualmente tira le somme su uno dei temi più dibattuti: la rappresentazione di diverse fisicità nella moda.
Stavolta non c’è molto di cui discutere: dopo anni in cui designer e brand hanno sventolato ai quattro venti una ritrovata inclusività, affollando sfilate e campagne di modelle curvy, si è tornati al punto di partenza. Anzi, va anche peggio, perché questo ricominciare con la magrezza è meditato e voluto. Paloma Elsesser, Jill Kortleve e Precious Lee – le più famose top plus size – sono passate dall’essere celebrate sulla cover del Vogue britannico nell’aprile 2023, al venire ingaggiate in tutto in soli otto show.
Il settore ha perso interesse nella rappresentazione di una certa tipologia di consumatrici e questo, in teoria, non dovrebbe essere un problema se poi nei negozi arrivano tutte le taglie. Ma per Millennial e Generazione Zeta l’immagine è tutto, perciò per loro la questione si pone eccome. E sapere che a Milano solo quattro dei 60 brand in calendario abbiano usato modelle oltre la 40 non fa piacere.
Siamo arrivati al paradosso che oggi il paladino della diversità sia il marchio che ha sempre incarnato i peggiori stereotipi: Victoria’s Secret, il colosso della lingerie americano. Per anni i suoi show televisivi a colpi di supermodelle giovani, alte, magre e possibilmente caucasiche sono stati indicati come un deleterio esempio di cliché. C’è voluto un crollo di vendite, non ancora del tutto risolto, per convincere il brand a dare retta a chi suggeriva di allargare la propria visione estetica. E, in effetti, la sfilata trasmessa in diretta streaming lo scorso 15 ottobre colpiva per la varietà di tipologie femminili. Ad aprire lo show la testimonial di lungo corso Jasmine Tookes, incinta di nove mesi. A seguire, supermodelle di ieri e di oggi, e donne di forme differenti. Tra loro anche Ashley Graham, icona delle curvy, la cestista Angel Reese e la ginnasta Suni Lee. Uno sforzo apprezzabile che però non ha fatto breccia nella coscienza generale. A parte i post subito dopo l’evento, il pubblico è subito tornato ad applaudire le tendenze a senso unico: come i fianchi, necessariamente ossuti, messi in evidenza da pantaloni a vita bassa allo show di McQueen.
Per quanto la sfilata di Victoria’s Secret non si possa definire un flop, è evidente che lo show non sia stato in linea con i gusti attuali: tanti, nei social, hanno persino invocato un ritorno ai criticati eventi degli anni scorsi, popolati solo di bellezze perfette e irraggiungibili.
In realtà, si discute da tempo di questa inversione di tendenza visto che il disinteresse del settore per certe tematiche è cresciuto di stagione in stagione. Una volta esaurito il suo effetto-novità, il trend curvy ha iniziato a perdere appeal in termini di marketing. Senza contare che per i brand è complicato lavorare con modelli di taglie diverse perché occorre sapere in anticipo chi li indosserà in passerella. E poi c’è ovviamente il boom dei farmaci a base di semaglutide e tirzepatide per dimagrimenti rapidi e relativamente senza sforzo. L’ effetto “Ozempic” influenza i gusti visto il numero di persone che lo assume. La popolarità crescente di questi medicinali ha portato a considerare la magrezza come un valore: visione che si riflette nelle sfilate. E che, a latere, sta causando anche un incremento della chirurgia plastica “a tema”. Esempio, gli interventi per un punto vita sottile “alla Barbie”: l’operazione consiste nel fratturare l’undicesima e la dodicesima costola per saldarle in una posizione diversa grazie all’uso di corsetti. Un metodo molto rischioso, ma sempre più richiesto.