Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  ottobre 24 Venerdì calendario

Lo stalking delle femministe: “Minacce e insulti sui social per difendere l’amica tradita”

“Con condotte reiterate hanno molestato due persone in modo da cagionare un grave stato d’ansia, generando un fondato timore per la propria incolumità e costringendole ad alterare le proprie abitudini di vita”. È con questa motivazione che la procura di Monza ha chiuso le indagini per stalking nei confronti delle scrittrici e attiviste Carlotta Vagnoli, Valeria Fonte e Benedetta Sabene.
Le prime due, note sui social per l’impegno femminista e contro la violenza di genere, e la terza, esperta di relazioni internazionali, hanno ricevuto l’avviso della conclusione delle indagini preliminari.
Secondo il pubblico ministero Alessio Rinaldi, le indagate avrebbero condotto una “campagna di molestia e denigrazione” sui social, causando alle persone offese uno stato d’ansia e un’alterazione significativa delle proprie abitudini quotidiane.
All’origine del procedimento ci sono due denunce. La prima coinvolge tutte e tre le attiviste ed è stata presentata da un uomo identificato negli atti come A.S. La seconda, che riguarda Vagnoli e Fonte, è stata invece depositata da Serena Mazzini, social media strategist conosciuta online come Serena Doe. L’ipotesi dell’accusa è che quest’ultima sarebbe stata presa di mira dopo essere stata inizialmente ascoltata come testimone nella denuncia presentata da A.S.
Il pm contesta alle indagate di aver accusato l’uomo “mediante chat pubbliche su Instagram, di essere un “abuser” e un “manipolatore” e Mazzini di essere capogruppo di soggetti omofobi, misogini, transfobici e dediti alla diffusione di materiale a contenuto sessuale”.
Secondo gli inquirenti, le tre attiviste avrebbero alimentato sui social una campagna di screditamento contro A.S. diffondendo messaggi del tipo: “Gli facciamo fare la fine della mer... che è”, “Che si ammazzi con il coltello”, “Avrà una morte sociale e politica che non immagini”, “Lo mutiliamo, questo cogl....”. e perquisizioni erano avvenute lo scorso 28 gennaio, notizia resa pubblica dalle stesse indagate sui social.
Tutto inizia nel dicembre 2023: A.S., attivista piuttosto noto online, avrebbe intrapreso una relazione con un’altra attivista femminista appartenente allo stesso gruppo delle indagate. L’uomo avrebbe però nascosto un flirt parallelo con un’altra donna dello stesso ambiente. Quando la vicenda viene alla luce, la relazione si interrompe e nelle chat private si scatena quella che viene definita una “gogna digitale”: l’uomo viene accusato di essere un “abuser”, qualcuno da “far sparire dalla scena pubblica”. A.S. inizia a ricevere insulti, perde opportunità professionali e comincia a sentirsi braccato. A metà febbraio tenta un gesto estremo, viene soccorso dalla polizia e successivamente presenta denuncia per stalking e diffamazione aggravata.
Le tre indagate respingono ogni accusa. Carlotta Vagnoli ha sempre ribadito di aver agito “nella piena legalità e per la protezione delle vittime di violenza maschile”. Anche la difesa è convinta di poter dimostrare la loro innocenza.