corriere.it, 24 ottobre 2025
«Biglietto non valido»: il capotreno fa scendere il passeggero e finisce a processo. Ora deve pagare 15 mila euro di spese legali
Un capotreno originario di Mestre finito a processo per avere – a dire suo, e dei sindacati – «semplicemente svolto il proprio lavoro: far scendere un passeggero con biglietto irregolare». È la vicenda accaduta nel 2018 a Santa Giustina Bellunese, che riemerge adesso con una coda ancora più paradossale: quindicimila euro di spese legali a carico del dipendente delle Ferrovie.
Tutto comincia oltre due anni fa su un regionale che percorre la tratta Belluno–Padova. Il capotreno veneziano, con lunga esperienza, si trova a gestire una situazione che, nelle sue intenzioni, doveva essere solo un normale controllo dei biglietti.
Poco prima di arrivare alla stazione di Santa Giustina, gli viene segnalato da un collega che alcuni passeggeri, sprovvisti di titolo di viaggio, sono stati fatti scendere dal treno precedente. Quando il ferroviere nota uno di loro a bordo, si avvicina per chiedere il biglietto. Stando al racconto del dipendente Rfi l’uomo, un 42enne nigeriano di corporatura robusta, continua però a parlare al telefono, ignorando ripetutamente la richiesta. Il capotreno decide allora di prendere il borsone del passeggero e di portarlo a terra, confidando che lo segua per recuperarlo. Così avviene, ma la situazione degenera: il passeggero scende furioso e aggredisce il capotreno con calci e sberle, facendogli cadere gli occhiali. Il ferroviere chiama i carabinieri e risale sul convoglio, pronto a ripartire.
La vicenda
Secondo la ricostruzione della procura, tuttavia, la versione non sarebbe stata così lineare. Il passeggero, infatti, un biglietto lo aveva: lo avrebbe mostrato dopo (timbrandolo solo all’arrivo dei carabinieri, sosteneva il capotreno).
Da qui l’imputazione di tentata violenza privata, per averlo – secondo l’accusa – costretto a scendere senza motivo valido, e la successiva apertura di un nuovo fascicolo per abuso d’ufficio, legato a una frase pronunciata dal capotreno in stazione: «Se non sali, non ti denuncio». Una reazione che, spiegò successivamente il capotreno, fu dettata solo dalla paura che l’uomo potesse aggredirlo di nuovo.
Il tribunale di Belluno lo aveva condannato in primo grado a 20 giorni di reclusione, con la sospensione della pena, una decisione che aveva scatenato la reazione di molti esponenti politici, tra cui il governatore Luca Zaia, che aveva parlato di «sentenza incomprensibile alla gente comune». Il dipendente delle Ferrovie aveva replicato a suo tempo: «Ho la coscienza a posto e non sono razzista: faccio solo il mio lavoro, cercando di far rispettare le regole a tutti, italiani o stranieri che siano».
Il procedimento, dopo la prima condanna per violenza privata – ricorda la Filt Cgil di Venezia – «si è poi concluso con la prescrizione». Secondo il sindacato, questo equivale a un pieno proscioglimento: nessuna colpa, nessun illecito».
Trenitalia, che all’epoca aveva garantito assistenza legale al proprio dipendente, oggi per Filt Cgil si rifiuta di coprire i costi dell’avvocato, pari a circa 15 mila euro: «Una decisione che lascia sgomenti – fa notare la Cgil – soprattutto alla luce delle dichiarazioni pubbliche di allora. In quei giorni, infatti, Regione e rappresentanti politici avevano espresso piena solidarietà al lavoratore, sottolineando la necessità di difendere chi rispetta le regole e tutela la sicurezza dei passeggeri». Oggi, invece, «le stesse voci tacciono. Nessuna risposta, nessuna presa di posizione. Solo il silenzio, mentre il lavoratore – nel frattempo malato – resta solo ad affrontare le conseguenze».
La richiesta formale a Trenitalia
A sostenerlo in questa battaglia restano la Filt Cgil di Venezia e del Veneto, che rinnovano la richiesta formale a Trenitalia, alla Regione di farsi carico delle spese legali. «Questa volta è successo a lui – ricordano i sindacati – ma la prossima può succedere a chiunque vada semplicemente a fare il proprio mestiere». La nota della Filt si chiude con un appello più ampio: «Nelle ultime settimane si sono registrati nuovi episodi di aggressione ai lavoratori del trasporto pubblico. Come organizzazione sindacale saremo sempre al loro fianco, ma serve una sinergia vera con istituzioni, aziende e società civile. La solidarietà, da sola, dura il tempo della lettura di un giornale».