Avvenire, 23 ottobre 2025
Sull’impoverimento della lingua, e del pensiero
La lettura dei giornali – quotidiani settimanali o mensili – è ormai deprimente: non soltanto per le notizie che confermano come poche volte nel suo passato il mondo si sia consegnato, talvolta con libere elezioni, ad assassini, criminali, deficienti, ignoranti e narcisi infantili come certi attuali potenti, ma anche perché sempre più desolante è il livello linguistico di chi scrive. Non parlo di sviste o di incolpevoli refusi: parlo proprio dell’ignoranza dell’italiano. Non mi riferisco nemmeno a quel fenomeno – così comune nell’editoria letteraria – che un caro amico siciliano, parco e sorvegliato scrittore di antico passo e di antichi sapori, definisce «quel farsi deserto della vegetazione linguistica che avanza inosservato e inudito. E procede ogni giorno con in mano ottuse cesoie, vocabolo dopo vocabolo, stillando lacrime dai congiuntivi, insensibile alla bellezza della nostra lingua». Mi riferisco all’ignoranza che ai miei tempi – quando all’esame di maturità si portavano tutte le materie e al ginnasio prendevi una insufficienza se dicevi che Renzo, entrando a Milano, incontra una signora, perché per strada, fra sconosciuti, si incontrano donne e uomini, non
Signore&Signori, e solamente i nostri anni babbei possono aver inventato una nuova improbabile dea del focolare, «la signora delle pulizie»: the Lady is a Trump, mentre Trump non è certo una Lady – avrebbe costituito aggravante già al passaggio da media inferiore a media superiore. Gli esempi quotidiani sono troppo fitti e continui perché stia qui a farne silloge. Del resto, esistono già rubriche giornalistiche che li segnalano. Il problema è che se parli male pensi male, e un vocabolario estremamente ridotto – quello, per esempio, del caso clinico che oggi siede alla Casa Bianca – porta a semplificare non solamente il pensiero ma la visione delle cose. L’ignoranza linguistica compiaciuta di sé è la premessa all’ignoranza della complessità del mondo, è la premessa alla sindrome che prende il nome dai sociopsicologi Dunning e Kruger, e l’incapacità di valutare quel che si deve affrontare, sia esso un rubinetto che perde o un incontro al vertice, unita alla sostanziale incapacità di valutare le proprie competenze e quelle altrui, porta a sovrastimare le proprie inesistenti conoscenze e a ignorare la complessità di un argomento. Porta al disastro. Un piccolo industriale amico di mio padre era un esempio eccellente di EDK, Effetto Dunning Kruger, e con notevole anticipo sulla formulazione scientifica di questa distorsione cognitiva: da vero baùscia sentenziava su tutto e benché, talora messo alla prova, facesse figure pietose, né se ne vergognava né le metteva a frutto. Queste persone sono pericolose, e Trump ne è un esempio da manuale socio-psicologico, insieme a molti fra coloro che lo hanno votato.
Ma se è vero, come scrive Spinoza, che «quanto più uno è ignorante, tanto più è audacemente pronto a scrivere», ecco che, se non l’EDK, la sciatteria linguistica sbrodola anche oltre i piccoli confini del mio più interiore mondo, la letteratura. Su Amazon il mio più recente romanzo viene stroncato da un lettore che ha la cortesia di firmarsi accusandomi di scrivere usando parole desuete, da dover cercare sul vocabolario. Ed è un lettore che ha, per sua ammissione, apprezzato i miei primi lavori. Si vede che sin lì il suo vocabolario si spingeva. Più deprimente è che un uomo di lettere, poliglotta con alle spalle buoni studi classici, mi scriva, a proposito del volumetto che raccoglie gli elzeviri pubblicati su questo giornale: «Anche nei trattati conservi quello stile un po’ giocoso che rende facile la lettura. Fino a quando non si deve ricorrere alla consultazione del dizionario, e in un caso trovando la didascalia ‘ Lett. Raro’. Mi sto chiedendo ‘ cui prodest?’ un testo scritto in modo eccellente, se nessuno lo legge. Il mio lettore ideale è la mia parrucchiera, che legge pochissimo». Sorvolo su quel «nessuno lo legge» dove il proprio ego lievita a umanità intera, ma ormai aborrire poter conoscere parole nuove e apprezzare la letteratura scritta in lingua basica, elementare – ma dov’è la base nel Paese europeo che ha il più alto numero di analfabeti funzionali? – sono diventati linee guida, e i redattori editoriali vi si adeguano (i miei no, per fortuna). Non piroga, difficile, ma canoa, più comune, anche se i due termini non sono sinonimi. Quando nelle redazioni si inizia a credere sinonimi parole che palesemente non lo sono, vuol dire che i tempi, per l’editoria, sono bui. Per non parlare del politicamente corretto, vissuto in modo acritico, ritenendo dispregiativo ciò che dispregiativo non è. Il Diavolo zoppo diventerà diversamente abile nel camminare?
Tanto, Lesage non può far causa. Ma io, che da venticinque anni sono sciancato e zoppo e non posso più correre o ballare, sono storpio, non diversamente abile. «Il saggio sa di essere stupido, è lo stupido invece che crede di essere saggio». Eterno Shakespeare.