la Repubblica, 23 ottobre 2025
Don Burgio e don Rigoldi indagati per il Beccaria
Sono i volti storici del Beccaria. Don Gino Rigoldi, per mezzo secolo cappellano dell’istituto per minori. E il successore don Claudio Burgio, che nello spirito di una certezza – «Non esistono ragazzi cattivi» – ha creato l’associazione Kayros, in prima linea per aiutare vite
difficili. Anche i loro nomi sono nell’elenco dei 51 indagati della maxi inchiesta sulle violenze nel carcere minorile di Milano. Il reato ipotizzato: omessa denuncia.
Erano «consapevoli delle violenze», si legge nell’informativa di 900 pagine della Squadra mobile guidata da Alfonso Iadevaia, agli atti del fascicolo delle pm Rosaria Stagnaro e Cecilia Vassena. Al centro delle indagini, torture e botte sui detenuti: sono 33 i ragazzi che la procura vuole sentire davanti a un giudice, per cristallizzare i loro racconti. Tra gli indagati ci sono gli
agenti accusati dei pestaggi ma anche ex direttrici del Beccaria, l’ex comandante, medici e infermieri che avrebbero visto, taciuto o coperto gli abusi. Nell’elenco anche i nomi omissati dei due sacerdoti, così come “nascoste” sono dieci pagine dell’informativa, segno che gli approfondimenti sono in corso. «Mi hanno raccontato di qualche ceffone, legato magari al contenimento. Ma non massacri di botte. Andavo dagli agenti a dire loro che avevano esagerato», le parole a verbale di don Rigoldi. Dalle intercettazioni emerge il suo tormento per non aver capito. Ma spuntano anche commenti come quello sull’ex vicecomandante della Penitenziaria: «Andrebbe messo in galera anche lui, faceva rapporti falsi». «Vidi un ragazzo
tumefatto al volto. Non mi ha detto nulla, come spesso succede», dichiara don Burgio. Anche lui non aveva idea di casi «sistematici» di violenza. In questi giorni al Beccaria un ragazzo ha cercato di impiccarsi ed è finito in coma farmacologico. L’istituto è ancora senza direttore:
deve essere nominato a giorni. Luigi Pagano, garante dei detenuti, dice: «Un direttore serve al più presto. E serve un progetto, bisogna creare una comunità. O tornano le tensioni e i problemi di prima».