Corriere della Sera, 23 ottobre 2025
«Giovani all’estero, uno su 3 torna in Italia: 53 mila rientri nel 2024»
I Consulenti del lavoro a Napoli festeggiano in questi giorni i 60 anni dalla creazione dell’Ordine, un traguardo che oggi permette anche dei bilanci. «Sessant’anni rappresentano un patrimonio immenso di esperienza e responsabilità – afferma Rosario De Luca, presidente del consiglio nazionale – I Consulenti del Lavoro hanno accompagnato l’evoluzione del Paese, promuovendo legalità, sicurezza e crescita economica. A Napoli celebreremo questa storia guardando avanti: alle nuove generazioni, alla digitalizzazione dei processi, alla sostenibilità sociale come motore di competitività, alla prossima riforma del mondo delle professioni. È l’occasione per ribadire che la nostra professione è al servizio del lavoro, del sistema delle imprese per partecipare tutti assieme alla costruzione del futuro del Paese».
In occasione delle celebrazioni, la Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro ha pubblicato un’indagine sui giovani italiani all’estero. Qual è il quadro che ne emerge?
«Un quadro che smentisce molti luoghi comuni: un giovane su tre, dopo un periodo all’estero, sceglie di tornare in Italia. Nel 2024 i rientri sono stati circa 53 mila, su 156 mila partenze. È un dato significativo, perché mostra che la mobilità giovanile non è più sinonimo di fuga, ma un percorso di formazione e di crescita personale. I giovani partono per imparare, per misurarsi con il mondo, ma sempre più spesso tornano con competenze nuove e un forte desiderio di contribuire allo sviluppo del Paese».
Quali fattori rendono oggi più conveniente lavorare in Italia?
«Innanzitutto la solidità del nostro sistema giuslavoristico, che rappresenta un modello riconosciuto anche in sede europea. I Contratti collettivi nazionali di lavoro e le norme garantiscono un livello di protezione unico: tredicesima e quattordicesima mensilità, Trattamento di fine rapporto, ferie e permessi retribuiti, malattia e maternità tutelate, previdenza complementare, welfare aziendale, sicurezza e formazione continua. Sono tutele concrete che in molti Paesi non esistono e che rendono il lavoro italiano più equo e sostenibile. In Europa spesso il salario appare più alto sulla carta su base mensile, ma è spesso privo di queste garanzie e di questi istituti: da noi, invece, il valore complessivo annuale del lavoro è reale e duraturo. È questo che oggi attrae tanti giovani rientrati».
Quindi non si può più parlare di “fuga dei cervelli”?
«Esattamente. Solo il 26% parte perché non trova lavoro in Italia. La maggioranza lo fa per fare esperienza e arricchire il proprio curriculum. È un fenomeno fisiologico, tipico delle generazioni globali. Il vero tema è creare un ambiente favorevole al ritorno, capace di riconoscere e valorizzare le competenze acquisite. Il nostro mercato del lavoro sta già evolvendo in questa direzione con politiche mirate. Ora servono meno burocrazia e un dialogo costante tra imprese e mondo della formazione».