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 2025  ottobre 22 Mercoledì calendario

L’Italia prima nella Ue per guariti dal cancro

Che la sanità italiana sia considerata tra le migliori al mondo è cosa nota. Ma quando a raccontare questa realtà sono numeri di grande impatto come quelli di mortalità evitata per tumore, non si può che essere orgogliosi: negli ultimi 5 anni, la mortalità per cancro in Italia si è ridotta del 14,5% tra gli uomini e del 5% nelle donne, il risultato migliore conseguito in tutta Europa (dove la media è di -3,5% tra i maschi e -1,2% nelle donne).
A riprova che i nostri pazienti sono trattati in maniera ottimale nonostante liste di attesa e disparità di accesso alle cure. Ad annunciarlo è Massimo di Maio presidente eletto dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica in occasione del congresso della Società Europea di Oncologia (Esmo) appena conclusosi a Berlino.
I VIRUS
«Ma per continuare in questa direzione ammonisce Giuseppe Curigliano, prossimo presidente dell’Esmo – è necessario affrontare il tumore in tutte le sue fasi, dalla prevenzione primaria, dopo la lotta contro fumo, alcol, sedentarietà, dieta sbagliata, lotta alle infezioni che causano tumori come virus dell’epatite B, papillomavirus, Helicobacter pilori, la prossima frontiera è la lotta all’obesità, importante fattore di rischio per tante forme di cancro, alla cosiddetta survivorship. Per i lungo-sopravviventi, cioè per coloro che superano la fase della malattia e che ormai sono milioni, è molto importante avere maggior accesso alla psico-oncologia, per attingere alla parte umana della cura, che spesso, durante il percorso terapeutico non è sempre presente come dovrebbe».
Naturalmente è fondamentale intercettare appena possibile il tumore, per poter giocare le carte migliori della terapia. Ci si sta provando con dei nuovi esami sul sangue, in grado di individuare contemporaneamente centinaia di tipi di tumore, e anche con l’intelligenza artificiale e il machine learning per analizzare i numerosi dati provenienti da questi test.
In attesa del loro arrivo, è necessario aumentare l’adesione agli screening già collaudati, quelli per i tumori del seno, della cervice e del colon. Sul fronte della terapia, grandi protagonisti del congresso europeo, nel caso dei tumori del seno, sono stati i cosiddetti anticorpo-farmaco coniugati.
Si tratta di una chemioterapia “intelligente” che viene sganciata nel cuore del tumore da un anticorpo mirato contro un componente della cellula (come il recettore HER2 o la proteina TROP-2). Questo permette di colpire in modo più aggressivo il tumore, perché si può usare una chemio più “tossica”, limitando i danni per i tessuti sani.
Diversi studi presentati a Berlino, hanno dimostrato la grande efficacia degli anticorpo-farmaco coniugati sia nei tumori del seno del tipo HER2 positivi (studi DESTINY Breast 05 e 11,), che nei tumori del seno cosiddetti “tripli negativi”, i più difficili da trattare (studi TROPION Breast02 e ASCENT-03), perché privi dei classici bersagli terapeutici (i recettori ormonali e HER2).
LA CLINICA
«I risultati di questi studi sottolinea il professor Curigliano sono di portata tale da poter cambiare da subito la pratica clinica, cioè il modo in cui trattiamo questi tumori, perché questi farmaci migliorano la sopravvivenza anche nelle forme avanzate, metastatiche».
Novità importanti in arrivo anche per il tumore della vescica, una “Cenerentola” per la quale non si registravano novità da decenni. In Italia se ne ammalano ogni anno 31 mila persone e i casi sono in aumento tra le donne, per via del fumo. «È importante non sottovalutare campanelli d’allarme come sanguinamenti urinari o bruciore persistente alla minzione ricorda la dottoressa Patrizia Giannatempo, dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano che vanno segnalati subito al proprio medico o all’urologo».
Nella maggior parte dei casi il tumore della vescica è individuato in fase iniziale, quando la rimozione chirurgica (per via trans-uretrale) offre buone possibilità di guarigione. Ma nelle forme ad alto rischio, lo studio POTOMAC ha dimostrato che l’immunoterapia potenziata con durvalumab riduce del 32% il rischio di recidiva, sempre in agguato anche in queste forme iniziali. Tanto da costringere a ripetuti interventi chirurgici, con un profondo impatto sulla qualità di vita dei pazienti.
L’ASPORTAZIONE
Novità anche per le forme più aggressive di tumore della vescica, quelle che hanno già invaso gli strati profondi (forme muscolo-infiltranti) della parete. Anche in questo caso, l’assist per i pazienti viene dall’immunoterapia (pembrolizumab) che, aggiunta ad un anticorpo-farmaco coniugato (la chemio “smart"), prima e dopo l’asportazione radicale della vescica, ha dimezzato la mortalità di questi pazienti e ridotto del 60% il rischio di comparsa di nuovi eventi. Sono i clamorosi risultati dello studio Keynote-905.