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 2025  ottobre 22 Mercoledì calendario

All’Ilva è già svanita la decarbonizzazione: tagliati 300 milioni

L’ex Ilva, come noto, se la passa assai male, ma le prospettive di rilancio e decarbonizzazione vanno anche peggio. Il siderurgico è infatti tra le vittime dei tagli ai ministeri previsti dalla manovra (2,3 miliardi nel 2026, 8 nel triennio). Le bozze circolate ancora non ne fanno menzione, ma il ministero dell’Economia ha deciso di tagliare di quasi 300 milioni i fondi per avviare la produzione con forni elettrici nel siderurgico tarantino. Parliamo delle risorse stanziate per Dri Italia, società di Invitalia (il braccio operativo del ministero delle Imprese di Adolfo Urso) messa in piedi a febbraio 2022 per realizzare a Taranto un impianto di “preridotto”, noto come Dri, che serve per colare acciaio con forni elettrici, abbattendo le emissioni nocive. È uno dei cardini del piano statale di decarbonizzazione del gruppo.
Il Pnrr aveva affidato allo scopo 1 miliardo. Per timore di perdere i fondi, vista la scadenza di giugno 2026, a maggio 2024 lo stanziamento è stato spostato a valere sul Fondo di sviluppo e coesione (programmazione 2021- 2027). I lavori però non sono ancora partiti. Ad agosto 2023 Dri ha chiuso la gara per l’impianto affidando l’appalto alla società Paul Wurth, ma i rivali di Danieli sono riusciti a ottenere l’annullamento da parte del Consiglio di Stato a maggio scorso. I fondi nel frattempo sono stati trasferiti al bilancio del ministero dell’Ambiente, perdendo nel passaggio quasi 80 milioni.
Ora interviene il nuovo taglio in manovra. Tra le vittime c’è proprio Dri, che perderà altri 283 milioni, riducendo lo stanziamento totale a poco più di 630 milioni. Per dare l’idea, un impianto per produrre 2,5 milioni di tonnellate annue di Dri costa circa 1,1 miliardi. In pratica, il governo rinuncia al suo principale progetto di decarbonizzazione mentre nei piani di Urso si dovevano realizzare ben tre impianti a Taranto.
È l’ultimo colpo alle prospettive del siderurgico, dopo il fallimento della gara messa in piedi dal ministro e conclusasi a inizio ottobre con due sole offerte per l’intero gruppo arrivate dai fondi avvoltoi americani, Bedrocks e Flacks, che non offrono soldi ma ne chiedono tanti (il primo prevede 7.500 esuberi). Palazzo Chigi ha convocato i sindacati per martedì 28. Magari saprà motivare la scelta.