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 2025  ottobre 22 Mercoledì calendario

Quel mal di testa ignorato dallo Stato, colpisce milioni di italiani ma resta escluso dai Lea

Casi in aumento, perché sono diagnosticati più precocemente e perché si intensificano i fattori ambientali di stimolo. Nuovi e più efficaci farmaci, già disponibili e in arrivo. Nuovi riscontri, anche, preludio a nuove scoperte.
Emicrania esclusa dai Lea
Eppure l’emicrania resta una malattia sommersa. Non ha nemmeno la “dignità” della malattia: è esclusa dai Lea, i Livelli essenziali di assistenza. Eppure si stima che solo in Piemonte riguardi tra le 510 mila e le 595 mila persone e nelle forme croniche, includendo l’emicrania cronica e altre cefalee primarie croniche, circa 120 mila persone. Eppure è considerata la prima causa di disabilità tra le donne, le più colpite. Eppure impatta sulla produttività, in termini di assenze dal lavoro e di resa sul lavoro: i dati, questa volta europei, indicano che il 28% delle donne emicraniche ha perso più di 10 giorni di attività lavorativa o scolastica negli ultimi 3 mesi.
Presenteismo e qualità della vita
Oltre all’assenteismo, il “presenteismo”, cioè lavorare pur avendo un attacco in corso, è un altro fenomeno diffuso, che peggiora la salute di chi ne è colpito e ne riduce la produttività. Eppure, e prima di tutto, compromette pesantemente la qualità della vita.
Una malattia fantasma
Una malattia fantasma, insomma, sommersa come sono sommersi i numeri dei casi rispetto a quelli diagnosticati e trattati, la punta dell’iceberg.
Appello al ministro della Salute
Da qui il documento congiunto partito da Torino, in occasione del congresso organizzato da Motore Sanità, diretto al ministro della Salute Orazio Schillaci. Obiettivo della Società Italiana per le Cefalee, dell’Associazione Neurologica Italiana per la Ricerca sulle Cefalee e dell’Alleanza Cefalgici: chiedere azioni prioritarie per la presa in carico dei malati, rimarcando la rilevanza clinica, sociale ed economica delle cefalee, con particolare riferimento all’emicrania, e per proporre azioni prioritarie indispensabili per ridurre la disabilità e i costi correlati. Dall’inserimento della malattia nel Piano Nazionale della Cronicità e nei Lea alla revisione dell’organizzazione assistenziale e dei percorsi regionali di accesso alle cure «per garantire una piena integrazione con il territorio e un accesso uniforme alle nuove terapie».
Benefici clinici ed economici delle terapie
Terapie che «non solo migliorano significativamente la qualità della vita ma possono generare anche benefici economici per le Regioni».
Dati clinici e invalidità
Malattia invalidante, si diceva. «Molto invalidante – precisa Giambattista Allais, Centro Cefalee della Donna, Università degli Studi di Torino –. Colpisce almeno 6 milioni di italiani, in gran parte di sesso femminile. Il dolore, molto intenso, spesso si accompagna a fonofotofobia, nausea e vomito e dura da 4 fino a 72 ore. Secondo l’Oms l’emicrania rappresenta ormai la seconda patologia più disabilitante in assoluto, ma se si considerano le sole donne emicraniche tra i 18 e i 50 anni di età sale al primo posto assoluto come disabilità».
Costi economici e assistenza disomogenea
Oltre al dato clinico, il peso economico e sociale: in Italia il costo diretto medio per paziente è di 334 euro ogni 3 mesi, cui va aggiunto il costo per l’assistenza indiretta di circa 373 euro per paziente. Inoltre, il costo per la perdita di produttività: circa 380 euro per paziente. «In Italia l’impatto economico totale derivato dall’emicrania è stimato in circa 20 miliardi di euro l’anno», aggiunge Giambattista Allais, Centro Cefalee della Donna, Università di Torino. Non che si parta da zero. La patologia può manifestarsi con diversi gradi di gravità, motivo per cui sono state istituite strutture dedicate alla diagnosi e alla cura, organizzate su tre livelli di complessità: ambulatori specialistici, Centri Cefalee per la diagnosi e la terapia, Centri Cefalee dedicati alla diagnosi, terapia, ricerca e formazione, con possibilità di ricovero ordinario o in Day Hospital. Tuttavia, il grado di assistenza e la modalità di gestione delle strutture varia tra le Regioni. Una disomogeneità che non favorisce la presa in carico e il trattamento di una malattia tanto subdola quanto invalidante. Il primo passo è riconoscerla come tale.