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 2025  ottobre 22 Mercoledì calendario

Ucraina, 100 mila amputati: così è diventata la più grande fabbrica di protesi al mondo

In 42 mesi di conflitto decine di migliaia di persone, fra militari e civili sono stati mutilati, ma il dato ufficiale sul numero esatto non esiste. Le autorità di Kiev non diffondono statistiche complete, soprattutto sui militari, per non demoralizzare truppe e popolazione. Secondo l’ong ucraina ProtezHub, citata dal Wall Street Journal,  a inizio 2023 si stimavano tra 20.000 e 50.000 amputati. Il medico militare Denys Surkov parlava di 50.000, mentre l’ex calciatore Andriy Shevchenko (storico campione del Milan), oggi consigliere di Zelensky e presidente dell’associazione che promuove l’integrazione sociale dei mutilati attraverso il calcio, parlando ad un evento pubblico, ha indicato in oltre 100.000 le persone che hanno perso un arto, in gran parte soldati.
Numeri da Prima guerra mondiale
Per trovare un dato paragonabile bisogna tornare indietro di un secolo, quando durante la Prima guerra mondiale 41.000 britannici e 67.000 tedeschi persero un arto. Un confronto su tempi più recenti mostra ben altri numeri: sono stati meno di 2.000 i soldati statunitensi impegnati in Iraq e Afghanistan che hanno subito amputazioni. Dati condivisi con chirurghi militari statunitensi indicano che su 100 soldati feriti entro 5 km dal fronte, il 36% riporta lesioni gravi e tra il 5% e il 10% di tutti i militari è rimasto ucciso, contro l’1-2% dei conflitti recenti degli Stati Uniti.
Secondo il capo traumatologo delle Forze Armate ucraine, Yuriy Yarmolyuk, il 65-70% delle ferite di guerra riguarda gli arti, vulnerabili alle onde d’urto nonostante elmetti e giubbotti antiproiettile proteggano testa e torace. 


La causa principale è il massiccio uso di mine, disseminate lungo i 960 km della linea del fronte, colpi di artiglieria e droni che colpiscono indiscriminatamente soldati e civili. Ogni giorno gli ospedali di Zaporizhzhia ricevono tra 40 e 80 feriti, molti dei quali amputati, secondo il dottor Kostyantyn Mylytsya.

Il più grande mercato di protesi
L’Ucraina è diventata il più grande mercato mondiale di protesi. La domanda, oggi concentrata sui militari, continuerà anche dopo la guerra, proprio perché le mine renderanno rischiose per decenni le attività agricole e la vita quotidiana. Nessun sistema sanitario è preparato ad assistere decine di migliaia di amputati: Germania e Svizzera, leader nel settore, producono protesi soprattutto per anziani. Una protesi di alta qualità costa 20.000-25.000 dollari, e lo Stato ucraino ne finanzia fino a 25.000 euro per soldato, ma molti ne necessitano più di una. E la strada per ottenere una protesi è molto lunga. In caso di ferite dovute a negligenza, è richiesta un’indagine, e i ritardi nel rilascio dei certificati medici impediscono l’accesso alle cure. La ong Yurydychna Sotnia ha documentato oltre 200 casi di soldati senza assistenza adeguata. Le tecnologie attuali permettono protesi avanzate – braccia meccaniche multifunzione, gambe per la corsa, dispositivi bionici controllati dai muscoli – ma la complessità chirurgica richiede spesso riamputazioni e interventi ricostruttivi. Purtroppo molti chirurghi militari non riescono a preparare correttamente il moncone durante le amputazioni sul campo.
Domanda di protesi: 1.000 al mese
In Ucraina operano circa 60 aziende che forniscono protesi al sistema pubblico, ma solo 5-7 sono in grado di affrontare casi complessi con tecniche moderne. Il Superhumans Center di Andriy Stavnitser stima 300 protesi impiantate al mese a fronte di una domanda di oltre 1.000. 

Mancano i componenti, i protesisti qualificati, i centri di riabilitazione. Anche il trasporto dei pazienti all’estero è difficile: le protesi vanno adattate periodicamente e servono i tecnici che le hanno realizzate. Per evitare che migliaia di amputati restino confinati in casa, non c’è alternativa allo sviluppo di una produzione nazionale su vasta scala, insieme alla formazione di ingegneri specializzati e alla creazione di una rete di riabilitazione.

Quando una ferita diventa un’amputazione 
Il capitano statunitense in pensione Rom A. Stevens stima che 75.000 delle circa 100.000 amputazioni ucraine siano dovute all’uso improprio dei lacci emostatici (tourniquet). Dato confermato dal chirurgo ucraino Vladyslav Yatsun: un suo studio ha rilevato che solo il 24,6% dei feriti arrivati in ospedale con un laccio emostatico ne aveva effettivamente bisogno. Il tourniquet blocca il flusso sanguigno per fermare emorragie gravi, ma se mantenuto oltre due ore provoca necrosi dei tessuti e rende necessaria l’amputazione. Negli eserciti occidentali i lacci emostatici sono rimossi in tempi brevi grazie alle evacuazioni rapide in elicottero; in Ucraina, dove i feriti vengono trasportati via terra sotto il fuoco dei droni, i tempi si allungano oltre la soglia di sicurezza. Questo ha causato migliaia di amputazioni evitabili e un aumento dei casi di insufficienza renale: la rimozione tardiva del laccio libera anche tossine nel sangue, sovraccaricando i reni. Va detto che in Ucraina dopo il 2014 è stato adottato Il manuale statunitense Tactical Combat Casualty Care (TCCC), che promuove l’uso dei tourniquet come metodo principale per fermare le emorragie. Il problema è che le forze ucraine contano su molti coscritti e volontari con addestramento minimo, spesso incapaci di distinguere le situazioni in cui il dispositivo è necessario. Quando all’uso improprio si aggiungono lunghi tempi di evacuazione, diventa elevatissimo il rischio di moltiplicare amputazioni evitabili.

Per Gaza nessuna protesi
Il dramma delle amputazioni si estende ovviamente su tutti gli scenari di guerra. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, negli ultimi due anni circa 42.000 palestinesi hanno subito ferite che hanno cambiato loro la vita nella Striscia di Gaza; uno su quattro è un bambino, e in 5.000 hanno subito amputazioni.

E a differenza dell’Ucraina nella Striscia non è praticamente più possibile fornire alcun tipo di terapia e tantomeno di protesi a chi perde un arto.