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 2025  ottobre 21 Martedì calendario

Turchia, nuova stretta ai diritti Lgbt. Carcere per i medici che eseguono assegnazioni di genere

In Turchia, l’«undicesimo pacchetto giudiziario», ancora in fase di bozza, ha suscitato un acceso dibattito pubblico poiché ritenuto direttamente mirato contro le persone LGBTQI+. Secondo il testo trapelato alla stampa, atti considerati come «contrari al sesso biologico e alla morale pubblica» o «promuovere tali comportamenti» saranno puniti con una pena detentiva da uno a tre anni.
Le modifiche previste indicano inoltre che, nel caso di cerimonie di fidanzamento o matrimonio tra persone dello stesso sesso, potrà essere inflitta una pena da un anno e mezzo a quattro anni di reclusione. La bozza inasprisce anche le norme relative ai percorsi di affermazione di genere: l’età minima per sottoporsi a un intervento di riassegnazione sessuale verrebbe aumentata da 18 a 25 anni, e le condizioni per autorizzare tali interventi verrebbero rese più rigide.
Il nuovo pacchetto introduce anche un articolo intitolato «intervento illegale», che prevede da tre a sette anni di carcere e una multa da mille a diecimila giorni per medici o chirurghi che eseguano operazioni di affermazione di genere senza rispettare i requisiti legali.
Secondo l’avvocata Hayriye Kaya, esperta in materia, la proposta è stata concepita per limitare completamente la vita delle persone LGBTQI+ in Turchia. «La parte che riguarda gli atti e i comportamenti mira a restringere la libertà individuale nello spazio pubblico, mentre quella relativa alle cerimonie di fidanzamento o matrimonio prende di mira la vita privata delle persone, anche perché in Turchia le unioni tra persone dello stesso sesso non sono riconosciute; si tratterebbe dunque di cerimonie simboliche e private».
Inoltre, secondo Kaya, la disposizione che riguarda l’età per l’affermazione di genere dimostra soltanto la volontà di rendere più difficili questi percorsi, poiché, una volta compiuti i 18 anni, ogni persona, secondo la legge, è libera di prendere qualsiasi decisione.
La tempistica non è casuale: il governo ha dichiarato il 2025 “Anno della Famiglia” e il presidente Recep Tayyip Erdoğan ha più volte affermato che “non permetterà la diffusione della perversione LGBT”, definendo queste persone “una minaccia per la società”. Il disegno di legge riflette anche le posizioni del partito fondamentalista Hüda-Par, alleato dell’esecutivo, che da mesi propone la criminalizzazione delle persone LGBTQI+. L’annuncio del pacchetto ha suscitato reazioni immediate da ordini degli avvocati, organizzazioni per i diritti umani e associazioni LGBTQI+.
Gli ordini degli avvocati di Ankara, Istanbul e Izmir hanno diffuso una dichiarazione congiunta definendo il provvedimento «apertamente contrario al principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione e incompatibile con lo stato di diritto».
Anche le università si sono mobilitate. Il collettivo ÜniKuir, attivo in diversi atenei del Paese, ha organizzato il 17 ottobre una serie di conferenze stampa simultanee in molti campus, denunciando «le politiche d’odio e l’attacco sistematico alla libertà di espressione”. Il collettivo ha invitato il governo “a garantire i diritti costituzionali delle persone LGBTQI+ invece di criminalizzarne l’esistenza».
L’attivista e scrittore İlker Hepkaner commenta così la nuova proposta di legge: “Gli esperti la definiscono ancora più severa di quella adottata in Russia. In ogni caso, è incoraggiante vedere come quasi tutte le componenti dell’opposizione si siano schierate contro il provvedimento. Non si tratta solo delle organizzazioni LGBTQI+, ma anche di ordini professionali, sindacati e partiti politici, che hanno espresso con decisione la propria contrarietà. Tuttavia, è importante esserne consapevoli: la pressione già esistente sulle persone LGBTQI+ rischia di diventare legge. E se ciò accadesse, a perdere non sarebbero solo loro, ma l’intera società: la libertà di espressione, la produzione culturale e la vita quotidiana di tutti verrebbero limitate. Questo pacchetto non riguarda solo le persone LGBTQI+, ma il futuro delle libertà in Turchia»
«Quando abbiamo letto la prima bozza, è stato uno shock», racconta Tolhildan, persona LGBTQI+ e curda, membro del collettivo SaraKolektif. Dopo un iniziale silenzio, in città come Amed, Istanbul, Ankara, Izmir e Çanakkale sono esplose proteste contro quella che viene definita “una proposta inaccettabile”. Secondo Tolhildan, la bozza di legge riflette “il concetto di morale che il potere vuole consolidare”, imponendo una visione binaria della società e ignorando la realtà delle persone LGBTQI+. Le nuove restrizioni renderebbero «quasi impossibile» l’accesso ai percorsi medici per le persone trans, già oggi fortemente limitato. Ma il problema, sottolinea, riguarda l’intera popolazione: «La proposta limita anche la libertà delle persone eterosessuali, perché parla in modo generico di comportamenti che non coincidono con la morale imposta”. Per Tolhildan, la risposta deve essere collettiva: “Ci stiamo già organizzando. Stiamo preparando una serie di azioni coordinate in diverse città. La libertà o è pluralista e inclusiva, o non è libertà».
«Le nuove proposte mettono in discussione diversi articoli del codice civile turco e una serie di accordi internazionali di cui la Turchia è firmataria», spiega Janset Kalan, attivista trans. “Introducendo pene severe, il governo punta di fatto a criminalizzare le persone LGBTQI+. Il diritto all’unione, alla manifestazione e alla libertà di espressione vengono messi in discussione, perché oltre ai cosiddetti comportamenti “contrari alla morale della società” si inserisce anche l’idea di rendere desiderabile un certo stile di vita. È una proposta estremamente pericolosa, che riguarda tutta la società”.
Kalan sottolinea inoltre che le nuove norme «prevedono un ulteriore accerchiamento della vita quotidiana delle persone trans e del loro percorso di affermazione di genere», rendendo ancora più complesso un iter già oggi ostacolato da lungaggini burocratiche, discriminazioni e barriere sanitarie.
Dal 2014, in Turchia, le marce del Pride e altre manifestazioni LGBTQI+ sono vietate, ostacolate o disperse con la forza. Molte espressioni artistiche, proiezioni cinematografiche e attività civili vengono regolarmente sottoposte a censure amministrative e procedimenti giudiziari, limitando in modo sistematico la presenza pubblica delle persone LGBTQI+. Anche i movimenti femministi e le organizzazioni per i diritti delle donne sono spesso nel mirino. Negli ultimi anni, associazioni che si occupano di uguaglianza di genere, violenza maschile e diritti sessuali hanno subito inchieste, processi e minacce di chiusura.
In merito alle discussioni accese, Abdullah Güler, il vicepresidente del gruppo parlamentare del principale partito del governo, AKP, il 15 ottobre 2025 ha dichiarato quanto segue riguardo al disegno di legge: «Il nostro Ministero della Famiglia, insieme agli altri ministeri, sta organizzando workshop congiunti. Si analizzano le pratiche applicate nel mondo e la situazione attuale nel nostro Paese. Esistono relazioni e ricerche su questi temi, e si stanno facendo valutazioni approfondite».
Sebbene il testo ufficiale dell’undicesimo pacchetto giudiziario non sia ancora stato reso pubblico, le versioni trapelate e il clima politico degli ultimi mesi indicano che la Turchia potrebbe trovarsi alla vigilia di un’ulteriore stretta sulle libertà fondamentali. Il futuro di questa legge dipenderà non solo dalle decisioni del governo, ma anche dalla capacità della società civile e dell’opposizione di mantenere viva la resistenza democratica.