lastampa.it, 21 ottobre 2025
Bici legate a pali e lampioni? Il Consiglio di Stato dà ragione ai Comuni che vorrebbero multarle
Lampioni, pali della segnaletica, inferriate, ringhiere. I ciclisti d’ora in poi dovranno stare molto attenti a mettere in sicurezza la propria beneamata dueruote avvinghiandola con una catena o con un cavo d’acciaio a prova di tronchese. Lo ha deciso la quinta sezione del Consiglio di Stato (presidente Paolo Giovanni Nicolò Lotti), con la sentenza 7353 del 17 settembre sollecitata da un ricorso della Federazione italiana ambiente e bicicletta (Fiab) di Cagliari contro il regolamento cittadino di polizia e sicurezza urbana, che prevede multe fino a 800 euro per chi lega la bicicletta a qualcosa di diverso dalle rastrelliere. «Mi crede se le dico che anche la polizia municipale è contraria? C’è stata un’audizione in Consiglio comunale e persino loro hanno detto che non faranno mai una multa per questo, a meno che la bicicletta non ostruisca il passaggio o non costituisca un pericolo. E noi siamo assolutamente d’accordo con questo», spiega Virgilio Scanu, presidente di Fiab Cagliari. E a sostegno della sua tesi porta il fatto che «in due anni non è mai stata fatta una multa per le bici legate a un palo».
Il tema del decoro urbano
Lo stesso Scanu ammette: «In Italia ho visto situazioni diverse, che vanno ben oltre». Forse, è per questo che il Consiglio di Stato ha ricondotto il problema a una «questione di decoro», scoperchiando un pentolone di malumori in ebollizione da tempo. «Come Fiab, siamo preoccupati, ho già ricevuto molte sollecitazioni da colleghi del Nord Italia, che mi riferiscono di Comuni pronti ad approvare regolamenti molto rigidi su questo aspetto», aggiunge Scanu. Sovente, però, quelle Amministrazioni si trovano ad affrontare situazioni di biciclette «messe in sicurezza» approfittando di qualsiasi appiglio. Già, perché di questo si tratta: sicurezza. «Se lascio la bicicletta appoggiata al cavalletto e non legata, con molta probabilità non la trovo più», è la spiegazione di buon senso del presidente Scanu. Ma il «decoro urbano» prevale, secondo il Consiglio di Stato. «A meno di non voler elevare una situazione patologica, quale è il possibile furto della bicicletta, a situazione fisiologica tale da elidere anche qualsiasi bilanciamento con il decoro urbano e la tutela di elementi di arredo urbano di piazze, parchi, scale». Aspetto «che non necessariamente deve essere ritenuto recessivo rispetto all’interesse agli spostamenti col mezzo della bicicletta».
In Europa un milione e 300 mila furti l’anno
E allora? La soluzione sarebbe semplice, basterebbe piazzare in modo strategico rastrelliere o archi di ancoraggio in vari punti della città. «Certo, ma non sempre avviene. Ci sono Comuni dove non sanno nemmeno come siano fatte le rastrelliere, nessuno le ha mai viste. E lì, che cosa facciamo?», domanda Scanu. Poi, ci sono città come Milano, Roma, Torino, Napoli, dove la questione è più complessa e finisce per diventare un circolo vizioso: le biciclette servono a ridurre il traffico, ma auto e moto hanno bisogno di parcheggi e gli spazi scarseggiano, le rastrelliere lasciano spazio alle righe blu (quelle bianche sono un miraggio) e la mancanza di sicurezza (compresi gli «agganci» sicuri) scoraggia i potenziali ciclisti. Anche perché, la paura dei furti ha un fondamento: nel 2023 (fonte Fiab), in Italia sono state rubate 320 mila biciclette, contro le 85 mila sottratte ai proprietari in Olanda (considerato il paradiso dei ciclisti) e le 54 mila portate via in Svizzera. Tanto per dare un’idea del fenomeno a livello europeo, lo stesso anno nel Vecchio Continente i furti di biciclette erano stati un milione e 300 mila. Un quadro dove l’Italia che si distingue per «insicurezza», con buona pace dei giudici del Consiglio di Stato. Ma Fiab non ha ancora deciso di arrendersi. «Assieme ai nostri legali, valuteremo un ricorso alla Corte Europea», dice Scanu.