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 2025  ottobre 21 Martedì calendario

Dalla trap al traffico di droga: arrestato il duo 167 Gang: fortino a Malnate e armi

L’operazione Note Stonate è scattata all’alba. Decine di agenti della Questura di Varese hanno fatto irruzione nelle case, nelle sedi e tra i boschi dell’Alto Varesotto per chiudere il cerchio attorno ad un’organizzazione criminale che ruotava attorno al collettivo di trapper di Malnate che risponde al nome di 167 Gang (dal numero della legge sull’edilizia residenziale popolare e che dà il nome anche ad un quartiere di Malnate).
Gli agenti hanno eseguito 19 ordinanze cautelari di cui 11 di custodia cautelare in carcere e 8 con obbligo di dimora nelle ore notturne e presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria a carico di altrettanti soggetti dediti al traffico di cocaina, eroina e hashish, estorsione e possesso di armi (anche da guerra). Tra gli arrestati anche il frontman della band trap Mattia Oliverio, accusato di essere il fornitore di armi nonché a capo di un gruppo di spacciatori attivi in ambito boschivo. Nel corso delle perquisizioni eseguite questa mattina a carico degli indagati sono stati arrestati in flagranza di reato tre soggetti, due dei quali già destinatari dell’obbligo di presentazione alla P.G. mentre il terzo, Michael Traetta, è un ulteriore componente della band trap coinvolta nell’operazione che vanta collaborazioni con Simba La Rue, Baby Gang e Tony Effe. Gli arrestati sono stati trovati in possesso di droga e armi: in particolare, gli agenti della Squadra Mobile hanno sequestrato alcuni fucili e circa 9 kg di stupefacente tra hashish e cocaina.
L’operazione coordinata dalla procura di Varese e condotta dagli agenti della Squadra mobile è partita da una serie di servizi di monitoraggio e controllo dei cosiddetti boschi dello spaccio a Malnate dove si scopriva una postazione di spaccio gestita da tre nordafricani.. Dai primi servizi della sezione Antidroga è emerso come i pusher avessero a disposizione armi corte e lunghe, tra cui un fucile mitragliatore tipo AK47. Grazie anche a visori notturni e termici e droni sono stati in pochi giorni osservati tutti gli spostamenti e le abitudini quotidiane dei tre e, a distanza di sicurezza dal luogo di spaccio, il loro bivacco/dormitorio. Grazie allo studio dei loro movimenti e abitudini è stato possibile arrestarli in un particolare e raro momento in cui i tre non erano assieme.
Uno dei tre, conisderato il più pericoloso – l’AK47 era in suo esclusivo possesso – era stato bloccato in un hotel di Varese, un altro mentre andava al supermercato e l’ultimo nel bosco assieme a tutto il materiale: droga, denaro contante e bilancino. Ma proprio durante quei controlli era emersa la figura di un italiano che, a bordo della propria vettura poi sottoposta ad intercettazione, si adoperava per fornire ai tre i più vari servizi, dal ricaricare le powerbank e le batterie dell’auto, acquistargli la cena o addirittura, in alcune occasioni, trasportarli da una parte all’altra del bosco in cambio di dosi di cocaina.
L’uomo, un pregiudicato locale, oltre a frequentare i tre pusher, andava molto spesso in un locale privato in un quartiere di Malnate, risultato poi essere la sede legale della band. Grazie alle intercettazioni ambientali nella sua auto e agli appostamenti gli investigatori hanno ricostruito lo stretto legame tra quest’ultimo e la band, con particolare riguardo al cantante, risultato essere non solo a capo di un gruppo di giovani pusher di hashish e cocaina, ma anche il fornitore di parte delle armi sequestrate ai tre nordafricani arrestati.
Un’indagine, quella partita da questa scoperta, resa particolarmente difficile dal contesto territoriale dove la band vive, una sorta di fortino proprio per il seguito da parte di molti giovani del posto che partecipavano anche ai video musicali girati tra i palazzi. L’indagine ha permesso comunque di “intercettare” consegne di cocaina e hashish in tutta la provincia, i cui trasporti venivano spesso “affidati” da affiliati alla band proprio all’italiano monitorato che con la propria auto li recapitava a destinazione. Durante le indagini è stato monitorato un tentativo di incendio a scopo estorsivo dei locali della band compiuto da un noto pregiudicato locale per motivi in parte legati a “contrasti” di carattere personale. L’incendio aveva scatenato un tentativo di rappresaglia armata da parte della banda, la quale, invece, si è trovata costretta a chiudere “la partita” con il pagamento di alcune migliaia di euro in favore del pregiudicato.