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 2025  ottobre 21 Martedì calendario

Mjällby, un mare di gioia: la squadra di un piccolo villaggio di pescatori sul Baltico vince il campionato svedese

Dal cuore di Hällevik, affacciato sul Baltico, basta una breve passeggiata tra pini silvestri e case rosse per arrivare allo Strandvallen, lo stadio da seimila seggiolini del Mjällby. Qui, dove il profumo di pesce affumicato si mescola all’odore resinoso della foresta, un’intera comunità di poco più di millecinquecento anime ha realizzato il proprio sogno: vincere il campionato. In questo piccolo centro balneare svedese, il calcio è sempre stato, principalmente, una questione di appartenenza e passione perché il Mjällby non è nato per vincere, ma per soffrire.
Fondato nel 1939, ha oscillato tra seconda e terza divisione, con brevi apparizioni in Allsvenskan, la massima serie svedese. Dieci anni fa, però, il club «era sull’orlo del fallimento – ricorda Magnus Emeus, presidente dal 2015 –. Da allora abbiamo imposto una gestione finanziaria rigidissima. Nessun rischio inutile e costi basati sul 70% delle entrate previste in maniera da garantire un bilancio positivo ogni anno».

La salvezza – sportiva e, quindi, societaria – arrivò all’ultima giornata. Da allora «a guidarci è una filosofia ispirata al modello giapponese del Kaizen, il miglioramento continuo. Ho portato nel calcio l’esperienza maturata come dirigente industriale. Abbiamo costruito un sistema che ci spinge ogni stagione a fare meglio della precedente». In pochi anni il club è risalito, tornando in Allsvenskan nel 2020. Da allora, la crescita è stata costante e inesorabile: salvezza, metà classifica, finale di Coppa nel 2023 e, ieri, il primo titolo della propria storia, il più importante, quello di campione di Svezia ottenuto, battendo il Goteborg in trasferta, a tre giornate dalla fine con undici punti di vantaggio sull’Hammarby di Zlatan Ibrahimovi? e ventuno sul Malmö, club costruiti per vincere, subito: «È un grande risultato per la nostra piccola società riuscire a competere con i giganti svedesi. Siamo molto orgogliosi, perché dimostra che il nostro metodo funziona davvero e che, talvolta, Davide può davvero battere Golia. Ogni anno ci siamo impegnati a costruire una squadra e uno staff di alto livello, pur vedendo andar via i nostri migliori giocatori».

Il metodo come antidoto ai milioni: «Siamo diventati competitivi concentrandoci su quello che non costa. Lavoro duro, preparazione accurata dei match, spirito di squadra, correre più degli altri... In questi aspetti possiamo essere migliori persino di Juventus e Real Madrid». Club che, l’anno prossimo, il Mjällby potrebbe sfidare in Champions: «Non sarebbe male andare al Bernabéu...», sorride il presidente di una squadra che, se ci fosse la Superlega che vuole Florentino Pérez, al Bernabéu ci potrebbe andare solo pagando il biglietto.Un trionfo per certi versi ancora più clamoroso di quello del Leicester di Claudio Ranieri. Uno dei protagonisti principali del successo del Mjällby ha il profilo dell’ideologo norvegese Karl Marius Aksum, un vice allenatore con un Master in Coaching e Psicologia. Quando è arrivato, nel gennaio dello scorso anno, la percentuale di possesso palla era vicina al 40%. Questa stagione hanno superato il 50, ma l’obiettivo è quello di arrivare al 65. Una filosofia di gioco di cui ha fatto tesoro anche Noel Törnqvist, il portiere di proprietà del Como che lascerà presto il piccolo villaggio di pescatori per mettersi agli ordini di Cesc Fàbregas: «Sono stato un fattore chiave del successo della squadra – ammette senza falsa modestia l’estremo difensore svedese – e ora mi sento pronto per affrontare la prossima sfida: giocare in uno dei campionati più prestigiosi del mondo». Törnqvist è anche uno dei portieri di quella Svezia che l’Italia di Gattuso spera di evitare ai playoff: «Beh, anche io se potessi sceglierei un altro rivale – assicura sorridendo –. Detto questo, se dovessimo affrontare gli azzurri, darò il massimo per portare la Svezia al Mondiale». Ora, però, è il momento di festeggiare: «È fantastico, un ricordo indelebile per tutti noi», ammette, emozionato, Emeus, l’imprenditore che ha portato la classe operaia svedese in paradiso.