Il Messaggero, 19 ottobre 2025
"Ballando non fa per me. Matano? Non lo invidio"
Gianluigi Nuzzi ha 56 anni, moglie e due figli, e un curriculum giornalistico fatto di lavoro nei periodici e nei quotidiani (Gente Money, il Giornale, Libero etc.), inchieste di successo (cinque libri best seller sugli scandali in Vaticano, uno di questi Via Crucis – nel 2016 l’ha portato a essere processato, e assolto, da un tribunale della Santa Sede), conduzioni in tv (su La7 e Rete4 con Quarto grado, in onda ogni venerdì in prima serata). Dal 1° settembre su Canale 5 è alla guida di Dentro la notizia, nuovo contenitore informativo in onda dal lunedì al venerdì, dalle 17 in poi. Format che ha sostituito Pomeriggio Cinque – dopo il mezzo flop di Myrta Merlino, e prima ancora di Barbara D’Urso – nella guerra infinita contro La vita in diretta di Alberto Matano, che in media su Rai1 stacca la concorrenza di cinque-sei punti di share per cinque-seicento mila telespettatori (venerdì 17 Nuzzi ha totalizzato una share del 15.4 per 1 milione 218 mila persone, Matano 21.1 per 2 milioni 026 mila). Con Nuzzi va meglio rispetto a prima, ma per ora il miracolo non s’è visto manco da lontano.
Chi gliel’ha fatto fare di giocare nel campionato del pomeriggio?
«L’editore. Mi ha chiamato e mi ha detto che ero la persona giusta».
Quindi ora guadagna come un giocatore del Milan o della Ternana?
«Non so quanti soldi prende un calciatore».
Addirittura?
«Diciamo che sto bene a Mediaset, sento di avere la fiducia di tutti».
Dopo cinquanta giorni il primo bilancio com’è?
«È stato un periodo intenso, ma siamo esattamente dove indica il titolo: dentro la notizia».
La battuta velenosa che ha fatto in diretta contro Matano e “La vita in diretta” – «C’è chi si occupa di piccioni che lasciano escrementi, qui invece ci dobbiamo occupare del piccione che in realtà era semplicemente un collega di Chiara (Poggi) e non un amante segreto...» – sulla piattaforma di Mediaset Infinity non c’è più: cosa è successo, è intervenuta Mediaset o lei ci ha ripensato?
«No, no, no... Quelli hanno, cioè no... Non so come dire... Nel senso che da quella puntata è stata tolta la parte con le immagini di Chiara Poggi da piccola, su richiesta della famiglia, e al montaggio hanno eliminato anche quella dei piccioni. Tutto qui».
Sia sincero: è stato un passo falso o no?
«Ma dai, era una battuta. Non credo che Matano si sia offeso. E poi il reato di lesa maestà non esiste più da tempo».
Cosa invidia al suo competitor?
«Nulla. È il primo anno, il mio obiettivo è costruire un programma con un’identità forte che piaccia al pubblico».
Cosa dice a chi contesta l’attenzione morbosa per la cronaca nera di tanti programmi tv?
«Non c’è niente di malsano. Le persone sono spaventate dall’incertezza della giustizia e dall’aumento delle violenze in famiglia – tutte le statistiche lo rilevano – e quindi cercano di capire e interpretare ogni campanello d’allarme. Chi parla di morbosità lo fa perché ha un approccio non contemporaneo verso questi fenomeni. La Rete ha accresciuto e normalizzato la violenza. E tutto questo va decodificato».
Eccessi ce ne sono stati, o no?
«Certo, chi sbaglia c’è sempre. Ma chi racconta malissimo la cronaca nera non sono quelli che lo fanno in tv o sui giornali, ma chi sui social attacca e delegittima le vittime, mostrando indifferenza per il dolore di parenti e amici, non rispettando la deontologia, non facendo giornalismo ma navigando in cerca di like e pubblicità».
In pratica, i temi del suo primo show teatrale “La fabbrica degli innocenti”, che riparte il 15 novembre dal D’Annunzio di Latina: come c’è arrivato sul palco?
«Perché un giorno mio figlio adolescente mi ha telefonato, era con alcuni suoi amici, e mi ha detto: “Papà, sei in vivavoce, spieghi a tutti perché Bossetti, l’assassino di Yara Gambirasio, condannato in tre gradi di giudizio, è colpevole?”. Docufiction come quella di Netflix fa passare l’idea assurda che Bossetti sia vittima di un errore giudiziario. Così come sui social si dice che i carabinieri a Milano avrebbero inseguito Rami per ucciderlo. È così che si demolisce la credibilità delle istituzioni e dell’informazione seria. Sia chiaro: se a Garlasco qualcuno, in divisa o in toga, ha commesso errori deve risponderne. Però non è pensabile che ci sia un caso Enzo Tortora al giorno».
In teatro si rifà più a Federico Buffa o a Stefano Nazzi ?
«Loro sono campioni. Io mostro solo come la verità viene raggirata secondo le varie convenienze».
Farà incursioni anche in altri mondi, tipo quello del cinema?
«No. Sono un giornalista che lavora in tv, per ora ho messo in pausa anche i libri. Non sono bulimico».
Fin qui cosa le è venuto meglio?
Trovare i documenti di Papa Benedetto XVI e renderli pubblici, visto che evidenziavano casi di corruzione in Vaticano, è la cosa più importante che ho fatto finora».
Dalla Rai l’hanno mai cercata?
«Diciamo di no».
"Diciamo di no” vuol dire che è stato contattato e non vi siete messi d’accordo?
«Diciamo di no».
In Rai ci lavorerebbe?
«Nessun pregiudizio, ma sto molto bene dove sono adesso».
E su Rai1 il super giudice di “Ballando con le stelle”, come Alberto Matano, lo farebbe?
«Mai. Non è un mio interesse».
Nel 1988, a 19 anni, andò in tv da Enzo Biagi per cercare Graziella, la sua fidanzata dell’epoca che a 18 anni era scomparsa: come finì quella storia?
«Dopo quell’appello tornò a casa, e dopo poco ci lasciammo. Non era aria».
La visibilità di questi anni l’ha fatta arrivare alla gente in maniera non sempre corretta?
«Non lo so. Di sicuro c’è chi mi insulta per i capelli, qualcuno dice che sono truculento, ma la realtà è che a me piace cazzeggiare».
Infatti di recente ha detto che le piace fare scherzi telefonici: a Matano come glielo farebbe?
«Glielo sto per fare, non voglio anticiparlo».
Uno scherzo telefonico o uno scherzo di altro tipo?
«Beh, con gli ascolti un po’ già ci siamo avvicinati... Alberto è un grande professionista, dovrebbe essere contento: la concorrenza è stimolante».
Ha detto di essere molto amico di Antonello Venditti: una battuta sui suoi scurissimi capelli gliel’ha mai fatta?
«No. In effetti non gliel’ho mai fatta (ride, ndr)»
È vero che, invece, gliele fa sua moglie perché sui social è diventato un’icona gay?
«Sì, mi canzona abbastanza spesso (ride, ndr). Ricordo la prima volta che incontrammo Cristiano Malgioglio, persona alla quale voglio molto bene e credo che anche lui me ne voglia. Mi abbracciò con trasporto, e lei mi guardò con gli occhi sgranati (ride, ndr)».
A 29 anni con il motorino fu vittima di un brutto incidente in Grecia: colpa sua?
«Era pomeriggio e stavo andando in spiaggia, c’era del sale per terra, persi il controllo del mezzo e mi ritrovai nell’altra corsia: arrivò un suv che mi prese in pieno. Ricordo che provai ad alzarmi e buttai l’occhio sulla maglietta, che era verde ma essendo zuppa di sangue era diventata blu. Poi caddi per terra: avevo il viso aperto e la gamba sinistra fratturata in più parti».
Il post incidente fu complicato?
«Fu un viaggio in Purgatorio: sei mesi di riabilitazione per imparare di nuovo a camminare. Un’esperienza pazzesca: dopo un po’ mi ritrovai in un centro di riabilitazione dove andavano le ballerine della Scala a esercitarsi. Un mondo fatato pieno di ragazze belle, magre, dai capelli con la riga in mezzo...».
Per via della calvizie, l’hanno ribattezzata Kojak: le dà fastidio?
«La battuta è del critico tv Aldo Grasso, poi ripresa da altri. Ho scelto di tagliare quei pochi rimasti da più di vent’anni, sono abituato».
Il difetto che non è ancora riuscito a correggere qual è?
«Ogni tanto mi parte l’embolo e mi incazzo, però mi passa subito». Quindi con Selvaggia Lucarelli ha recuperato?
«Non parlo di Selvaggia Lucarelli (i due si sono scontrati più volte, ndr)».
Cosa vuole da tempo e non è ancora riuscito ad avere?
«Un cuoco in casa».
Non vuole imparare a ballare per andare l’anno prossimo da Milly Carlucci su Rai1?
«Per carità, non mi interessa».