Libero, 19 ottobre 2025
Fino a 800 euro di multa per la bici al palo
Attenzione alle biciclette legate dove capita. Ché no, non sempre è maleducazione e sì, spesso, semmai, è un dato di necessità: sei appena arrivato in ufficio, devi incontrarti con gli amici al parco, sei davanti al super e devi fare una spesa veloce, ma la rastrelliera più vicina si trova nell’isolato dopo, spazio non ce n’è manco a cercarlo col lanternino della dinamo e di lasciare la city-bike incustodita non ci pensi neanche perché a) l’hai pagata mica una bazzecola, b) magari ha un valore affettivo, è quella con cui ti portava a spasso la nonna e c) ti serve e lo sai benissimo, se la molli lì senza catena col piffero che la ritrovi. Allora che fai? Individui un lampione, scovi un palo, alla peggio va bene anche il sostegno di un cartello: ti armi di lucchetto, scombini la combinazione, cosa ti potrà mai succedere? Puoi becchi una multa, pure salata.
Dice il Consiglio di Stato (che si è appena espresso su un ricorso presentato dalla Fiab, la Federazione italiana ambiente e bicicletta, di Cagliari; la quale ha sollevato un polverone sull’articolo 19 del regolamento di sicurezza urbano del capoluogo sardo che vieta di legare velocipedi e motocicli a «infrastrutture pubbliche inadatte») che i Comuni hanno piena facoltà di sanzionare chiunque leghi bici o moto all’infuori dei parcheggi designati. Dice anche, il Consiglio di Stato, con la sentenza numero 7353 del 2025, che sulla tutela del decoro urbano si scherza no e aggiunge che il municipio cagliaritano ha pieno diritto a essere severo in questi casi, cioè che può chiedere fino a 500 euro quando va bene e può maggiorare la multa di altri 300 euro se l’infrazione è nelle aree del centro o in zone di particolare prestigio. Certifica, in sostanza, il massimo organo giuridico-amministrativo, che tu non ci pensi neppure, ma rischi un esborso di 800 euro.
Non è automatico e non lo è per due motivi: il primo è che le violazioni delle biciclette non sono così facili da applicare (tra poco ci arriviamo), il secondo è che non si tratta di una norma del codice della strada, che sulla materia è molto meno puntuale, quindi non vale per tutti. Vale solo per quei Comuni che sono dotati di indicazioni simili nei loro regolamenti. Dipende dalle città, non è detto ci sia una disposizione simile: se però c’è (come a Cagliari, a Firenze e a Novara), è meglio tenerla a mente.
È il paradosso dell’era moderna, da una parte si spinge sulla mobilità alternativa e dall’altra si tartassa chi ci dà di polpaccio (il discorso è identico per i motorini e per gli scooter, ma su quel fronte è più facile intervenire).
Non è così agevole multare una bicicletta (ci siamo arrivati): tanto per cominciare non ha una targa. Come fa il vigile, solerte dipendente comunale, ad affibbiargli una multa? «Deve per forza identificare il proprietario o l’utilizzatore», spiega l’avvocato penalista del foro di Grosseto Marco Biagioli, «e questa operazione può avvenire con diverse modalità: o “sul fatto”, magari con l’ausilio delle telecamere, oppure al momento del ritiro, qualora le autorità decidano di rimuovere la bici con un carro attrezzi e di spostarla in un deposito». Così come i Comuni hanno facoltà di varare o no una norma che vieti di legare le biciclette ai pali, così possono decidere le modalità della sua attuazione: ma è qui che iniziano i problemi (pratici).
Sequestrare un oggetto per la pubblica amministrazione ha un costo. Visto l’ammontare della sanzione (almeno a Cagliari), potrebbe succedere che la multa superi di gran lunga il valore economico della bici: che in altri termini significa che se te ne hanno confiscato una da 200 euro e, per riaverla, ne devi pagare 800 di contravvenzione, è assai probabile che ti convenga fare lo gnorri e investire per comprarne una nuova, lasciando il Comune non solo coi conti vuoti per il mancato incasso della multa ma addirittura in ammanco per le spese sostenute.