il Fatto Quotidiano, 19 ottobre 2025
Diffamazione libera: il Pd salva Mulè
Ma quale diffamazione, quale sputtanamento! Accusare in tv un collega deputato di aver picchiato un assistente parlamentare – anche se la cosa non è mai accaduta – si può. Anzi si deve ché è il sale della democrazia. “Il diverbio tra i deputati nel corso della trasmissione televisiva costituisce espressione di un normale dibattito politico”. Chi l’ha detto? Non un Gasparri qualsiasi o un altro del centrodestra sempre così prodigo quando si tratta di distribuire una qualche immunità ai sodali: la frase è uscita di bocca ad Antonella Forattini del Pd nella Giunta delle autorizzazioni della Camera che alla fine ha “assolto” con i voti di destre e appunto del Pd il vicepresidente della Camera stessa, ossia Giorgio Mulè di Forza Italia.
Salvato dalla richiesta di risarcimento del danno del pentastellato Leonardo Donno a cui Mulè aveva dato del picchiatore, peraltro il giorno dopo in cui era stato proprio il deputato del M5S, in un parapiglia d’aula, a prenderle, ma davvero, dal leghista Igor Iezzi: questo perché durante lo scontro alla Camera sull’autonomia differenziata aveva osato tentare di mettere una bandiera tricolore sulle spalle di Roberto Calderoli a cui i leghisti avevano fatto da scudo insieme al resto della maggioranza.
Per tutta risposta il giorno dopo (il 13 giugno 2024), il vicepresidente della Camera, ospite (insieme a Donno) di Davide Parenzo a L’Aria che tira gli aveva dato pure il resto facendone un bel quadruccio: “L’opposizione fa il suo lavoro che molto spesso coincide nel provare a far saltare i nervi alla maggioranza. Donno (…) è stato responsabile in passato di episodi simili, venne sospeso neanche un anno fa con altri 7 del Movimento 5 Stelle al massimo della sanzione prevista dalla Camera dei deputati per 15 giorni”. Con Donno a quel punto a chiedergli provocatoriamente se avesse forse picchiato qualcuno. E quello: “Sì, hai picchiato un assistente…”. Ovviamente, tutto falso. E così Donno ha poi chiesto il risarcimento del danno ma non otterrà mai soddisfazione. Perché il centrodestra ha usato il solito argomento di sempre, ossia che quelle di Mulè sono state giammai parole diffamanti, ma opinioni di un parlamentare coperte dallo scudo dell’insindacabilità e forse qualcosa di più. “Non costituiscono semplicemente espressione della libertà di manifestazione del pensiero assicurata a tutti i cittadini dall’art. 21 della Costituzione, ma il riflesso del peculiare contributo che ciascun parlamentare apporta alla vita democratica mediante le proprie opinioni” ha detto il meloniano Dario Iaia che ha perorato la causa dello scudo per Mulè come relatore in Giunta. Meritandosi il plauso di tutto il centrodestra. E pure del Pd convinto che la falsa accusa possa essere derubricata a normale diverbio tra deputati.