il Fatto Quotidiano, 18 ottobre 2025
Giornalisti, proiettili e querele: +76% di minacce nel 2025. (1 cronisti intimiditi nei primi 6 mesi dell’anno. Secondo i dati di Viminale e Ossigeno per l’Informazione
Intercettati illegalmente, minacciati, denunciati dai potenti con querele spesso temerarie. Sono tempi duri per la libertà di informazione. L’auto incendiata a Sigfrido Ranucci è l’ultimo di una valanga di casi di intimidazioni a cronisti. E se per il conduttore di Report c’è stata immediata solidarietà, ci sono tanti altri casi meno noti di giornalisti che ogni giorno subiscono e rischiano aggressioni e minacce. Nei soli primi sei mesi del 2025 ci sono stati 81 episodi di intimidazioni, il 76% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. I numeri sono in crescita costante. I dati raccolti dal Viminale raccontano di 114 casi di minacce nel 2024, a fronte dei 98 del 2023, dunque il 16,3% in più. La matrice di questi episodi è riconducibile alla criminalità organizzata per il 12,1% e a contesti socio/politici nel 65,8% dei casi, che includono le cause intentate da politici e potenti per articoli poco graditi. Il restante 21,6% riguarda altri contesti, incluso il web. Il fenomeno è esteso in tutta Italia, interessa 17 regioni, anche se la maggior parte degli episodi è avvenuta in Lombardia, Lazio, Sicilia, Toscana e Calabria.
Se si considerano le querele temerarie come atto di intimidazione, i numeri crescono vertiginosamente. Nel 2024 “Ossigeno per l’Informazione” ha contato ben 516 minacce nei confronti di giornalisti, blogger e operatori dei media. In questi casi, il 15% delle intimidazioni proviene dalla criminalità, il 21% dal mondo politico-istituzionale e il 25% dal settore del calcio. Di tutti questi avvertimenti, il 22% “è stato eseguito con querele temerarie e altre azioni legali pretestuose provenienti per la metà da politici e amministrazioni pubbliche”.
Purtroppo anche un cronista del Fatto è nell’elenco dei minacciati. Vincenzo Iurillo in diversi articoli ha raccontato le speculazioni edilizie sul territorio sorrentino dell’imprenditore edile Salvatore Langellotto, già condannato a quattro anni e mezzo per concorso esterno in associazione camorristica. Per atti persecutori ai suoi danni, Langellotto è ora sotto processo.
Iurillo non è solo. Ci sono i nomi più noti, molti anche sotto scorta: Roberto Saviano, Lirio Abbate e Salvo Palazzolo di Repubblica, da lungo tempo sono finiti nel mirino dei clan. E poi, con una matrice diversa, stavolta anarchica, c’è il caso del direttore del Tempo Tommaso Cerno.
I giornalisti che operano sui territori, quelli meno esposti mediaticamente, corrono rischi quotidiani. Giorgia Venturini di Fanpage, che si occupa di criminalità organizzata, il 10 settembre ha trovato davanti casa sua a Milano la testa mozzata di un capretto, in una busta nera, insieme alla pelle scuoiata dell’animale. Klaus Davi dopo tre anni di messaggi di minacce, scritte sui muri e sui social, ha addirittura rischiato un’imboscata nel momento in cui è stato contattato da una persona che diceva di volerlo incontrare in un comune della Calabria per dargli alcune informazioni. Il corrispondente della Gazzetta del Sud per la Sibaritide, Luigi Cristaldi, ha visto la sua auto prendere fuoco a novembre del 2023. E minacce sui social, con tanto di profilo fake con una foto con alcune tombe alle spalle, sono state recapitate a Elisa Barresi, vicedirettrice del sito Il Reggino. Jacopo Storni del Corriere Fiorentino, invece, a giugno 2024, è stato accerchiato mentre cercava di documentare situazioni di spaccio nel parco cittadino. E queste sono solo alcune delle centinaia di storie.
Ma l’informazione, non va solo silenziata, va anche controllata. E qui entrano in gioco gli spyware, come quelli trovati nei dispositivi elettronici dei cronisti. Tra il 2020 e il 2025, almeno 35 giornalisti sono stati spiati in tutta Europa: hanno scritto articoli contro il potere, da quelli sul presidente serbo a quelli su primo ministro ungherese Viktor Orbán, o anche sugli 007 marocchini.
Nei loro cellulari sono stati trovati software come Novispy, creato dal governo serbo oppure Predator che, nato in Grecia, viene usato in altri Stati come Armenia, Colombia, Germania, fino ai Paesi Arabi.
In Italia il virus-spia Graphite (creato dalla società israeliana Paragon) è stato trovato nel cellulare di Ciro Pellegrino. E si sospetta che lo stesso software sia stato iniettato anche nel cellulare del suo direttore Francesco Cancellato. Il governo di Giorgia Meloni, in questi casi, ha respinto ogni responsabilità: non è opera dei Servizi segreti, dicono. Eppure, nonostante richieste da più parti, nessun altro chiarimento è stato fornito. Per il governo, alla stampa deve bastare questa spiegazione.