Corriere della Sera, 19 ottobre 2025
I paperoni delle supercar
«Guardi la Ferrari che ho portato, vale tre milioni di euro. Ma vuol sapere qual è la macchina con cui ho cuccato di più in vita mia? La prima che ho avuto, una Bianchina cabriolet, come quella di Fantozzi, che conservo ancora tra le cento vetture della mia collezione privata». Attilio Bindi (sì, quello delle torte, proprio lui) è di una simpatia travolgente. Sul prato di Villa La Massa, a Firenze, posa vicino alla sua luccicante Sp2 rossa, prodotta in edizione limitata. Tutt’intorno, altri Paperoni arrivati sull’Arno per questo straordinario raduno che vede a confronto una ventina tra le supercar più potenti e costose di sempre. Belle da togliere il fiato, preziose come gioielli. Possedute soprattutto per passione, ma considerate a ragion veduta un investimento.
Si fanno i quattrini vendendo e comprando queste macchine? Pare di sì, se si prende ad esempio la storia di Alberto Gatto, proprietario di un esemplare unico di Lamborghini Countach (valore: un milione di euro) impreziosita dalle parti metalliche dorate, compresa la doppia marmitta: «Io facevo il personal trainer a Biella, dove vivo ancora oggi. Con sacrificio mi sono comprato la prima Porsche, poi un’altra… Vedevo i miei clienti incuriositi da queste belle macchine. Qualcuno mi ha chiesto, me ne vendi una? Poi ne è arrivato un altro e così via. Più vendevo, più guadagnavo, più compravo. Era il 2006 e ho capito che dovevo fare questo. Con l’aiuto di mio suocero abbiamo acquistato una vecchia concessionaria Alfa Romeo e ora lì teniamo la nostra collezione, pronti a vendere o a fare scambi con altri collezionisti».
Quello delle supercar è un mercato che sembra non conoscere crisi. Ma solo per i modelli da un milione in su: «Si è alzato moltissimo il livello di competenza del compratore e oggi chi spende lo fa solo se intuisce che sulla supercar acquistata, in futuro, si potrà generare una plusvalenza. Questo ha permesso di scremare molto l’ambiente e avere la garanzia quasi certa di far circolare tra gli appassionati, rispetto a qualche anno fa, auto di effettivo valore», spiega Luigi Orlandini, ceo di Canossa Events, organizzatore del raduno. Un esempio clamoroso è la hypercar più costosa presente a Villa La Massa, la poderosa Porsche Gt1 il cui valore oscilla tra i 15 e i 16 milioni di euro. Fa parte della collezione di Ronnie Kessel, importante concessionario Ferrari a Lugano con oltre 180 dipendenti. «Di questo modello sono stati prodotti solo 21 esemplari – racconta Luca Molina, presente al raduno in rappresentanza del brand Kessel —. E per questa ragione il prezzo già così alto è destinato a crescere ancora. Si tratta certamente di un ottimo investimento».
«È proprio così», chiosa Maurizio De Angelis, uno dei maggiori commercianti di orologi preziosi in tutta Europa. È sua una delle auto più affascinanti presenti a Firenze, una Bugatti EB 110 GT il cui valore si attesta intorno ai due milioni di euro. «Questa macchina ha una storia incredibile – racconta —. È stata la vettura con cui l’ingegner Romano Artioli, ormai a corto di cassa e con la Bugatti sull’orlo del fallimento, negli anni Novanta pagò la fornitura di freni alla Brembo. Un vero e proprio baratto. Artioli era innamorato di questo modello, venga che le faccio vedere una cosa». De Angelis ci indica il retro vetrato della vettura, c’è una frase autografa di Artioli, scritta con pennarello indelebile, leggibile ancora oggi: «Che spettacolo la visione del motore della Bugatti».
È uno spettacolo, ma anche una sorpresa tra marchi così tradizionalmente altisonanti, anche la Ford GT di Alberto Zambeletti, italiano che lavora in Aston Martin a Londra. «Nasce negli anni Sessanta come auto da corsa per battere la Ferrari – spiega —. Si chiamava Ford GT40 perché era alta 40 pollici da terra. Poi è stata prodotta la versione stradale, questa. Vale intorno ai 500 mila euro e in Italia ne esistono solo due».
«E l’altra l’ho io! – esclama avvicinandosi e sorridendo Attilio Bindi —. È insieme alle altre nel mega garage di Forte dei Marmi, dove ho allestito anche un grande bar cubano. Quella è la mia bat-caverna. C’è tutto ciò che amo. Compresa l’indimenticabile Bianchina, testimone di buona parte delle mie avventure amorose». Altro che Fantozzi…