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 2025  ottobre 17 Venerdì calendario

Caso Shalabayeva, l’appello bis «Assolvete i cinque poliziotti»

Si è conclusa con la richiesta di assoluzione per i cinque imputati la prima udienza dell’appello bis sull’espulsione dall’Italia di Alma Shalabayeva e di sua figlia Alua, rispettivamente moglie e figlia di Mukhtar Ablyazov, dissidente kazako ricercato dalle autorità del suo paese. Il nuovo processo, per i fatti che risalgono al 2013, è stato disposto il 19 ottobre del 2023 dalla Cassazione che aveva annullato la sentenza di assoluzione «perché il fatto non sussiste», disposta l’anno precedente dalla Corte d’appello di Perugia.
Sul banco degli imputati con l’ipotesi di sequestro di persona i super poliziotti Renato Cortese e Maurizio Improta, i funzionari di polizia Francesco Stampacchia, Luca Armeni e Vincenzo Tramma. In aula, oltre agli imputati Alma Shalabayeva, in qualità di parte offesa.
La contestazione si riferisce a quanto accaduto nella notte tra il 28 e 29 maggio 2013 quando Alma Shalabayeva e la figlia, all’epoca di 6 anni, vennero prelevate dalla polizia nella loro villa di Casal Palocco a Roma. Alla moglie di Ablyazov veniva contestato il possesso di un passaporto falso. Due giorni dopo, firmata l’espulsione, Alma e sua figlia vennero rimpatriate su un aereo privato messo a disposizione dalle stesse autorità di Astana e spedite in Kazakistan. La vicenda suscitò molte polemiche politiche. Il governo, allora guidato da Enrico Letta, ha sempre sostenuto che l’espulsione sia stata regolare, tesi ribadita negli anni successivi. Mamma e figlia, alcuni mesi dopo, erano comunque tornate in Italia e avevano ottenuto il riconoscimento dell’asilo politico.
Il coinvolgimento di un giudice di pace aveva determinato la trasmissione del fascicolo da Roma a Perugia per competenza. In primo grado, il tribunale di Perugia aveva condannato Cortese, Improta, Luca Armeni e Francesco Stampacchia a cinque anni, Vincenzo Tramma a quattro, Stefano Leoni a tre anni e sei mesi. Stefania Lavore, il giudice, era stata assolta dall’accusa di sequestro di persona e condannata a due anni e sei mesi per falso. Renato Cortese e Maurizio Improta, all’epoca dei fatti erano dirigenti della Squadra mobile e dell’Ufficio immigrazione della Questura di Roma, e Luca Armeni, Francesco Stampacchia Vincenzo Tramma erano loro collaboratori.
La Corte d’appello aveva ribaltato la sentenza assolvendoli. E la procura generale aveva fatto ricorso in Cassazione, solo per due degli imputati, la giudice di pace Lavore e l’allora funzionario di polizia dell’ufficio immigrazione Leoni, la procura generale della Corte d’appello di Perugia non si era opposta all’assoluzione. E quindi sono entrambi usciti con una sentenza favorevole definitiva.
Ieri il sostituto procuratore generale Luigi Bocciolini, ha ritenuto che «il fatto non sussiste», sostenendo che l’espulsione fu eseguita in modo legale e che Alma Shalabayeva non aveva mai fornito un passaporto valido né aveva rivelato la sua reale identità ai funzionari di polizia. Nel corso della requisitoria il pg ha inoltre ribadito e rafforzato le motivazioni già espresse dalla Corte d’appello di Perugia, che aveva assolto i cinque imputati. Il presidente della Corte, Giampiero Borraccia, ha respinto la richiesta dei difensori di rinnovare l’istruttoria dibattimentale per ascoltare una testimone. «È una richiesta tardiva – ha detto – oltre al fatto che la prova è stata già acquisita nel processo di primo grado». La sentenza è attesa per il 20 novembre.