La Stampa, 17 ottobre 2025
Il Fmi a Usa e Cina: "Basta tensioni sui dazi L’Italia tagli il debito"
Il motore della crescita mondiale deve restare il commercio, le barriere agli scambi e la rappresaglia alle tariffe devono essere evitate e il debito pubblico arginato. Kristalina Georgieva, direttore generale del Fondo monetario internazionale (Fmi), mette l’accento sul tema che sta caratterizzando non solo i Meeting autunnali del Fmi a Washington, ma l’intera dinamica economica globale da quando alla Casa Bianca è tornato Donald Trump.
I dazi sono il timbro dell’incertezza, «la nuova normalità», la definisce, e benché sinora l’effetto delle tariffe sia limitato sui dati della crescita (3,2% contro il 3,3 del 2024) il perdurare di questa situazione potrebbe aggravare Pil e conti pubblici. «Se c’è un infiammarsi delle tensioni commerciali, l’impatto sarà sicuramente negativo», ha sottolineato Georgieva puntando il dito contro Washington che «ha scelto di ricorrere ai dazi come strumento nelle relazioni con i suoi partner».
Georgieva ha citato che su 191 Paesi aderenti al Fmi 188 hanno evitato «rappresaglie» ai dazi, è un buon segno ma l’invito è comunque ad abbassare la tensione. Parlando con Bloomberg è stata più esplicita: «Il nostro messaggio a tutti è: state calmi. E alla Cina è: fate attenzione, non provocate altri Paesi».
Lo scontro fra Washington e Pechino è alimentato ulteriormente dalla stretta cinese all’export di terre rare e alla risposta Usa di tariffe del 100% che scatteranno il primo novembre. Il dossier “terre rare” travalica i confini sino-americani. Scott Bessent, segretario al Tesoro Usa, ha chiesto un allineamento degli europei sulla linea statunitense. «Gli americani hanno posto un tema molto serio» sulle terre rare, «su cui hanno chiesto anche a tutti gli altri di fare riflessioni. Il problema è molto serio, soluzioni non semplici», ha osservato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ripartito ieri alla volta di Roma per il Consiglio dei ministri.
Se la crescita del Pil globale risente solo parzialmente dei dazi molti settori e regioni stanno scontando il contraccolpo della politica protezionistica imposta da Trump. Un esempio è il vino italiano. Nel periodo luglio-agosto nonostante la riduzione dei prezzi di listino del 17%, si è assistito a una diminuzione del 28% in valore dell’export.
In un incontro pubblico a margine dei lavori di Banca Mondiale e Fmi, la governatrice della Banca centrale europea, Christine Lagarde ha tradotto su scala europea le analisi di Georgieva. Per quanto riguarda il mercato interno, il numero uno dell’Eurotower, ha evidenziato che l’Europa è «la più grande area economica al mondo ma ci siamo auto-inflitti limiti, barriere, licenze: penso che questo sia il momento di ridurre quante più barriere interne possibili». In particolare, sulle capacità di resilienza della Ue ha sottolineato che la l’Europa «oggi si trova in una buona posizione, siamo ben posizionati per affrontare gli shock futuri e shock futuri ci saranno». Anche perché le analisi e previsioni di 12 mesi fa si sono rivelate più nefaste di quanto poi accaduto: «Un anno fa ci aspettavamo le ritorsioni occhio per occhio mentre l’Europa non lo ha fatto e i fattori che contribuiscono all’inflazione non si sono verificati; sul tasso di cambio ci aspettavamo un indebolimento dell’euro e un rafforzamento del dollaro mentre è successo esattamente l’opposto e l’inflazione importata non c’è stata; l’incertezza c’è stata ma alla fine non è stato un driver come ci aspettavamo».
Altro elemento di preoccupazione su medio e lungo termine è il debito, il cui livello ha superato il 100% tornando a quote da post Seconda guerra mondiale. Il Fmi ha messo in guardia anche l’Italia che insieme a Francia e Stati Uniti, fra i Paesi del G7, ha «bisogno di consolidamento dei conti», ha spiegato Georgieva. Al contrario invece di Canada e Germania, che hanno maggiori spazi fiscali di manovra.