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 2025  ottobre 17 Venerdì calendario

Francesco Pacifico: “Lo confesso, il successo di mia moglie mi fa paura”

Francesco Pacifico ha scritto un libro coraggioso e audace. La voce del padrone, add editore, è la storia di uno scrittore e traduttore quarantottenne romano (lui) che ama e sposa una femminista e decide di affrontare senza vergogna il vero tema: perché la progressiva indipendenza delle donne non piace agli uomini? E la risposta è che ne hanno paura. Se il femminismo è “una guerra civile giocata ufficio per ufficio da un’avanguardia di donne che segue un piano d’azione”, è lecito che lo scrittore si chieda quante entrate perderà il prossimo anno “se aumentano le posizioni che hanno conquistato?”. Se lo chiede mentre spalle al muro, in preda al mal di pancia, assiste in una sala gremita a un evento del riuscitissimo festival femminista organizzato anche dalla moglie (Inquiete al Pigneto di Roma, lei è Francesca Mancini) che, rispetto a quindici anni prima, quando si sono conosciuti lavorando entrambi nell’ambito editoriale, ha acquisito sempre più potere: più di lui?
“Il mio libro si chiama non a caso La voce del padrone. All’inizio era una provocazione che facevo a me stesso per stimolarmi. Ma sono contento che alla fine sia rimasto il titolo: perché la questione principale è l’essere, il sentirsi padrone di una donna. Ed è esattamente quello che ho pensato leggendo di questo nuovo femminicidio. Un uomo di una cinquantina d’anni, io ne ho 48 quindi posso immedesimarmi, ha una relazione con una donna giovane ed evidentemente se ne ossessiona. Intanto questa donna sta diventando imprenditrice, ha fondato questa azienda con una sua amica e possiamo immaginarci quel desiderio di libertà, di intraprendenza di una trentenne che prima faceva la modella e adesso ha avuto pure un’idea bella. La protagonista di un romanzo: vorresti vedere dove va”.
E invece no.
“Ma da cosa era ossessionato quest’uomo? L’immagine che mi è comparsa nella mente è quella della donna bella, no, di più, della modella: la modella è un valore. Io una volta sono stato con una persona che aveva fatto anche nel suo piccolo la modella ed è proprio come se ti avessero regalato una Lamborghini, la realizzazione è che gli altri uomini ti guardano. Una volta stavo a ballare in un posto, uno è venuto e mi ha detto stai attento, indicando lei, come se fosse praticamente una moneta, non una persona, ma una moneta che tutti gli uomini si scambiano. Un po’ la stessa idea di fondo del gruppo “Mia Moglie”. Ho avuto proprio la sensazione che l’assassino di Milano non fosse ossessionato dal perdere lei come persona, ma dalla proprietà violata. Come se gli fossero spariti dei soldi dal conto. I rapporti umani sono fatti per essere mobili – avvicinarsi, allontanarsi – è la proprietà che ci fa impazzire”.
L’uomo si sente il padrone?
“Sì e bisogna parlare di questa cosa, di quello che succede quando pensi che la donna ti sfugga, e ho usato ti sfugga apposta. Il punto è che questa donna era tua e ora non è più tua. Veniamo da una civiltà che è stata costruita sul matrimonio inteso come uomo possiede donna, è ovvio che i fantasmi di quella cosa continuino a comparire nella notte. La proprietà è proprio il punto di partenza di tutto questo discorso. Non possiamo parlare di rapporti, di coppie, senza dire che che la coppia è stata per lo più usata nella nostra civiltà come schiavitù legalizzata. Solo se affronti questo aspetto orribile poi puoi costruire delle relazioni diverse”.
Lei affronta il disagio che l’uomo, anche lei, prova quando una donna ha più successo del partner, quando è più veloce, più brava.
“In tutti è una patologia ed è esattamente quello che ho cercato di dire. Io non ho provato a fare un libro sulla violenza, ma su tutta quella massa di comportamenti normali, apparentemente normali, che danno vita a certe situazioni. Molti mi hanno detto che sono stato temerario a raccontare che mi sento mancare la terra sotto i piedi perché nei quasi 15 anni di relazione con mia moglie lei, nel mondo dell’editoria, ha acquisito più potere. E a dire che questa cosa io la registro nella pancia con un senso di minaccia. Ma ho voluto farlo, perché secondo me questo è il punto. Il punto è che tu vivi un rapporto intimo con una persona, sai tutto delle medicine che prende, dei versi che fa quando dorme, però non puoi in fondo augurarti il suo bene. Io sono cresciuto in un quartiere molto conservatore. Le donne che mi hanno letto dicono tutte: sì, questa cosa la conosciamo”.
E gli uomini cosa hanno detto?
“Mi avranno scritto in tutto, non so, quattro uomini. Quello è il segreto, quello è il non detto, quella è l’omertà, termine che alcune donne mi hanno suggerito. L’idea che il mondo deve essere per noi, per noi maschi, ce l’abbiamo in fondo da qualche parte. Io non so quali saranno le prime persone che nasceranno senza questa cosa dentro perché non gli arriverà. Non lo so perché il meccanismo si riproduce anche in gente che apparentemente sembra stare più avanti. Ho parlato con donne di 25 anni che mi hanno detto che i coetanei le zittiscono quando parlano ancora di femminismo: tu non saresti quello evoluto? Se lo fossi sapresti che se una donna continua a parlare di certe cose è sia perché non sono risolte sia perché è stata una piaga plurimillenaria”.
Ma come si fa a superare questa omertà? Lea Melandri, tra le fondatrici del femminismo italiano, dice che succederà quando gli uomini cominceranno a definirsi genere e non solo individui.
“Caterina Venturini mi ha detto, facendomi riflettere, che l’uomo fa fatica a definirsi nel maschile perché si sente universale; l’uomo che sta in cima vede il mondo e lo giudica; l’uomo europeo che ci ha portato verso il progresso, la civiltà. Non si può vedere come maschile. L’uomo possiede le cose, possiede la donna, è nella sua memoria storica. Difficile dirgli, dirsi, la verità”.
Quale?
“Che per tutto quello che crede di avere ha barattato la sua libertà. L’uomo che uccide, per tornare al terribile spunto di prima, è un uomo che si sente giudicato da altri uomini: ti ammazzo perché adesso questa moneta io non ce l’ho più in tasca, se la prenderà qualcun altro che avrà più potere di me e io sarò deriso e odiato perché non ho più quel potere. L’uomo si è creato un modello di vita miserabile. Stefano Ciccone di Maschile Plurale parla della miseria del maschile. L’uomo non ha niente di suo, tutto ciò che ha gli può essere tolto e può essere dato a un altro uomo. Questa è la paranoia della vita dell’uomo”.
Le donne stanno andando avanti perché invece loro qualcosa di loro ce l’hanno, quantomeno la rivendicazione di uno spazio da prendere?
“Sì, effettivamente ciò che mi attira tanto del mondo delle donne e poi in particolare del mondo delle femministe è proprio questa sensazione che lì si fondino delle identità forti, affascinanti e che nessuno può togliere. Gli uomini non hanno niente e quindi non hanno un’identità”.
Che futuro vede?
“Un futuro dove ci si abitua a vivere in comunità più vaste. Il modello del vado a lavoro (quando ho la fortuna di poterlo fare), sto in casa nel privato e svuoto la testa per un puro intrattenimento, non può più funzionare. Da una persona che vive così nessuno si può aspettare un’evoluzione vera. Dove c’è comunità, dove ci sono posti nei quali incroci persone per strada, penso a Roma Est dove vivo, lì si può cambiare. Nella mia zona si vive abbastanza immersi nelle comunità queer, trans, nei mondi femministi. E io ho visto tanti modi di vivere che mi piacciono molto, dove si vedono forme di condivisione della vita, tenerezza, euforia, allegria. Il modello di città fatta di monadi o coppie monadi ha fallito”.