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 2025  ottobre 17 Venerdì calendario

Venezuela, lascia il capo del comando Usa. Ecco le azioni Cia più contestate in America Latina

L’annuncio di Donald Trump che la Cia è stata autorizzata a compiere operazioni clandestine in Venezuela, e che gli Stati Uniti, dopo i missili lanciati nel mar dei Caraibi contro imbarcazioni accusate di trasportare droga, in futuro potranno colpire obiettivi dei narcos anche sul territorio del Paese latinoamericano, ha provocato due conseguenze immediate: le proteste a Caracas di Nicolas Maduro, un “no alla guerra” gridato in un comizio dal presidente venezuelano, e le dimissioni dell’ammiraglio Alvin Holsey, capo del Southern Command Usa, il comando con la supervisioni di tutte le azioni militari in America Centrale e Meridionale. La reazione di Maduro era scontata. Le dimissioni di Holsey (uno dei pochi alti ufficiali afroamericani rimasti nel secondo mandato presidenziale di Trump) meno: ricopriva il prestigioso incarico da appena un anno e lo lascia mentre il Pentagono ha rafforzato fino a 10 mila soldati le sue forze nella regione per quella che definisce una missione ad ampio respiro contro il traffico di narcotici e il terrorismo. L’ammiraglio, evidentemente, non è d’accordo con l’offensiva che Cia e forze armate americane sembrano preparare contro il regime autoritario di Maduro.

La storia delle intromissioni della Central Intelligence Agency in America Latina, quello che un tempo, con particolare riferimento all’area dei Caraibi, veniva definito “il cortile di casa” di Washington, è lunga, spesso affiancata da contingenti paramilitari, unità mercenarie, forze speciali o talvolta dal proprio esercito, non sempre con successo. Ecco i precedenti più noti e cosa potrebbe fare la Cia per influenzare un “cambio di regime” a Caracas.

Il colpo di Stato in Guatemala
Quando il presidente guatemalteco Jacobo Arbenz Guzman, democraticamente eletto, viene rovesciato da un colpo di Stato nel 1954, il presidente americano Eisenhower lo descrive come un’insurrezione popolare contro un governo comunista, alleato dell’Unione Sovietica. In realtà, come è emerso da documenti declassificati decenni più tardi, il golpe fu orchestrato e appoggiato dalla Cia, che compilò liste di fedelissimi di Guzman da assassinare, reclutò esuli guatemaltechi per prendere parte alla rivolta, fornì armi e bombe ai ribelli, aiutò le forze di opposizione. Per gli Usa, il Guatemala non era soltanto una delle pedine da riconquistare nella Guerra Fredda contro l’Urss: c’erano in ballo anche interessi economici. Il presidente Guzman si era inimicato la United Fruits Company, potente multinazionale americana, alla quale aveva provato a confiscare terreni per redistribuirli ai contadini. Il colpo di Stato impedì la riforma agraria, ma introdusse nel piccolo Paese centroamericano trent’anni di dittature militari e abusi dei diritti umani, con l’uccisione di 150 mila persone e 50 mila “desaparecidos”, fatti scomparire nel nulla.
L’invasione alla Baia dei Porci
Dopo la presa del potere da parte di Fidel Castro nel 1959, Cuba diventa un avamposto dell’Unione Sovietica nell’emisfero americano, a poche decine di miglia dalla costa della Florida. Fin da subito, la Cia fa piani per invadere l’isola e ripristinare un regime amico come era quello precedente del generale Fulgencio Batista, andato al potere con un golpe sette anni prima della rivoluzione castrista. Nell’aprile 1961 circa 1500 esuli cubani sbarcano nella Baia dei Porci, mentre piloti della Cia bombardano basi militari di Castro. Ma gli invasori sono pochi, male armati, peggio organizzati: vengono rapidamente fermati e quasi tutti catturati dall’esercito dei “barbudos” di Fidel. Negli anni seguenti ci sono svariati fallimentari tentativi della Cia di assassinare Castro. In compenso, nel 1967 un agente della Cia aiuta un commando di soldati boliviani a catturare Che Guevara in Bolivia, dove il braccio destro di Castro era andato a cercare di esportare la rivoluzione e il socialismo e dove il Che viene giustiziato.
L’assassinio del generale Truijllo
Nel maggio 1961 la Cia fornisce le armi ai dissidenti che assassinano il “generalissimo” Rafael Trujillo, per più di trent’anni dittatore della Repubblica Dominicana. Le sue forze di sicurezza sono state accusate di 50 mila omicidi di dissidenti in patria e all’estero. Per lungo tempo alleato degli Stati Uniti, la violenza endemica del suo regime e la xenofobia verso Haiti, che occupa il lato occidentale dell’isola caraibica, gli inimica Washington e il resto degli Stati latinoamericani. Dopo l’assassinio e un breve momento di guerra civile in cui il figlio del generalissimo prende il potere, la famiglia Trujillo viene costretta all’esilio e inizia una graduale transizione alla democrazia.

Il golpe in Cile
Non appena nel 1970 il socialista Salvador Allende viene democraticamente eletto presidente del Cile, il presidente americano Richard Nixon, insieme al suo consigliere per la sicurezza nazionale Henry Kissinger, ordina alla Cia di fare piani per la sua caduta, preoccupato che, sull’onda cilena, il resto del Sud America, all’epoca per lo più governato da regimi militari di destra alleati di Washington, possa evolversi alla stessa maniera. Le operazioni clandestine dello spionaggio americano includono fondi alla propaganda antigovernativa, ostacoli a prestiti di organizzazioni internazionali, influenza sui sindacati per provocare scioperi, contatti con i vertici militari per assicurare l’appoggio degli Usa. Successive indagini del Senato Usa mostrano scarse prove di un attivo coinvolgimento diretto della Cia nel golpe del 1973, ma è indubbiamente l’America a destabilizzare il Cile e a spingere le forze armate all’azione, al punto di rapire l’unico generale dello stato maggiore cileno che rifiuta di partecipare al colpo di stato. Allende muore nel suo ufficio al palazzo presidenziale, suicida o ucciso dai golpisti secondo opposte ricostruzioni. Dopo la sua fine, il generale Augusto Pinochet instaura per 16 anni una brutale dittatura, responsabile di torture, esecuzioni e rapimenti di massa nei confronti dell’opposizione.
I contras nel Nicaragua
Nel 1979 la trentennale dittatura della famiglia Somoza viene abbattuta dalla rivoluzione “sandinista”, che guidata da Daniel Ortega porta al potere un altro movimento marxista, stretto alleato di Cuba, in America Latina. Il presidente democratico Jimmy Carter decide di collaborare con il nuovo governo di Managua, ma il suo successore repubblicano, Ronald Reagan, cambia linea, ordinando alla Cia di finanziare, addestrare e organizzare i “contras”, una milizia nicaraguense anticomunista che raccoglie migliaia di uomini e cerca di destabilizzare il Paese con attacchi a fattorie, attentati, rapimenti e veri e propri scontri a fuoco con le forze governative. Ne risulta una guerra civile a bassa intensità, che diventa uno scandalo politico a Washington quando l’amministrazione Reagan, dopo la fine degli aiuti ai contras decretata dal Congresso Usa, ricorre ai proventi di vendite clandestine di armi all’Iran per continuare a finanziarie i ribelli. A rischio di impeachment, il presidente riesce a dimostrare di essere stato all’oscuro del complotto, ma due membri del suo staff, il generale John Poindexter e il colonnello Oliver North, finiscono sotto processo (riceveranno poi la grazia dal presidente Bush senior, ex-vicepresidente di Reagan). Privati del sostegno della Cia, i “contras” si sciolgono. Due volte eletto presidente del Nicaragua, Ortega viene in seguito sconfitto alle urne da candidati di centro, ma torna a vincere nel 2006 e da allora è rimasto al potere, accusato di brogli elettorali e di autoritarismo.
L’invasione di Grenada
Nel 1974 la piccola isola caraibica di Grenada ottiene l’indipendenza dal Regno Unito. Nel 1979 un colpo di Stato instaura al potere il marxista Maurice Bishop, che stringe legami con Cuba e con il Nicaragua. Ma nel 1983 un secondo golpe, organizzato apparentemente da suoi commilitoni, rovescia Bishop, che viene fucilato insieme ai suoi più stretti collaboratori. A Washington, il presidente Reagan ordina alle forze armate di invadere l’isola, citando il rischio che 600 studenti americani, iscritti all’università di Grenada, vengano presi in ostaggio come era accaduto ai diplomatici americani dell’ambasciata di Teheran dopo la rivoluzione islamica in Iran. Più di 7000 truppe Usa sbarcano o vengono paracadutate sull’isola, dove si trovano di fronte un migliaio di soldati locali male armati e qualche centinaio di consiglieri militari cubani. La guerra dura otto giorni, concludendosi con la facile vittoria delle forze statunitensi. Muoiono 19 soldati americani, 45 di Grenada, 24 cubani. Non sono mai emerse prove che sia stata la Cia a scatenare il golpe, per offrire a Reagan una giustificazione a invadere, ma vari agenti della Cia partecipano all’invasione. Da allora si sono succeduti vari primi ministri in elezioni democratiche.
Cosa può succedere in Venezuela
Intervistato dalla Bbc, Elliott Abrams, un diplomatico americano che ha occupato ruoli di primo piano, tra cui vice consigliere per la sicurezza nazionale e vicesegretario di Stato, nelle amministrazioni di Ronald Reagan, di Bush padre e nella prima presidenza Trump (anche lui fu condannato e poi graziato da Bush per lo scandalo Iran-contras), fa tre considerazioni sull’ordine dato da Trump alla Cia di intervenire clandestinamente in Venezuela. Primo, dice Abrams, la Cia è alle dipendenze del potere esecutivo, per cui è legale per il presidente ordinare missioni segrete; ha l’unico obbligo di informare la commissione intelligence del Senato. Secondo, aggiunge il diplomatico Usa, c’è una fondamentale differenza rispetto ai golpe organizzati dallo spionaggio americano nel passato: vicepresidente sotto il suo predecessore Hugo Chavez e presidente dal 2013, Maduro è considerato un dittatore da gran parte della comunità internazionale. Stime di Humans Rights Watch indicano che più di 20 mila persone sono state uccise e 7 milioni hanno lasciato il Paese sotto il suo regime, caratterizzato da frodi elettorali, abusi dei diritti umani, corruzione rampante e narcotraffico. Gli osservatori internazionali hanno ritenuto che le ultime elezioni, nel 2024, siano state nettamente vinte dal leader dell’opposizione Edmundo Gonzalez, ma Maduro ha rovesciato il risultato, sostenendo di avere prevalso, senza fornire prove. Il terzo punto richiamato da Abrams è che gli eventuali attacchi “su terra” minacciati da Trump potrebbero consistere nel danneggiare aerei e aeroporti di fortuna usati dai narcos venezuelani per trasportare droga, e che la Cia cercherà probabilmente di influire sulle forze armate del Venezuela per istigarle ad agire contro Maduro.