corriere.it, 17 ottobre 2025
Daniela Santanchè e la truffa all’Inps, l’assist del Parlamento ferma il processo alla ministra del Turismo
Missione compiuta per la maggioranza parlamentare del governo Meloni, e quindi stop in Tribunale a Milano all’udienza preliminare in cui la ministra del Turismo e senatrice FdI Daniela Santanchè è imputata di truffa aggravata all’Inps per l’indebita percezione di 126.468 euro in 20.117 ore di cassa integrazione Covid nel 2020-2022 a 13 dipendenti delle sue società «Visibilia Editore spa» e «Visibilia Concessionaria srl»: è l’effetto del voto, a rotta di collo in una manciata di giorni, con il quale tre settimane fa proprio per propiziare questo congelamento giudiziario, funzionale ad allontanare ulteriormente il momento della già più volte posticipata decisione sulle dimissioni o meno della ministra, il Senato aveva votato la proposta della relatrice leghista Erika Stefani di sollevare davanti alla Corte Costituzionale un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Procura di Milano.
Le cinque registrazioni tra presenti
La materia del contendere è l’utilizzabilità o meno nel fascicolo del procedimento non di intercettazioni della parlamentare Santanché, cioè di captazioni mai disposte dai magistrati sulla senatrice, ma di 5 registrazioni di conversazioni dal vivo con l’allora imprenditrice-parlamentare Santanchè ai quali aveva preso parte l’ex direttore di «Pc Professionale», Eugenio Moschini, che dal 2019 le aveva registrate e che l’8 novembre 2023 le aveva consegnate agli inquirenti a sostegno dei denunciati illeciti di Santanchè. I pm Maria Gravina e Luigi Luzi oggi in udienza hanno sostenuto l’inesistenza di un obbligo normativo di arrestare l’udienza preliminare in attesa della decisione della Consulta (prevedibilmente tra parecchi mesi), ma la giudice dell’udienza preliminare Tiziana Gueli ha valutato di accogliere comunque la richiesta di sospensione del procedimento avanzata dai difensori Nicolò Pelanda e Salvatore Pino. Per adesso, dunque, e sino alla decisione tra alcuni mesi della Corte Costituzionale, si ferma il procedimento nel quale proprio oggi in teoria la ministra Santanchè avrebbe dovuto sottoporsi all’interrogatorio, dopo il quale sarebbe venuto il momento delle conclusioni di accusa e difesa, penultimo passaggio prima della decisione della giudice su rinvio a giudizio o proscioglimento.
Documento o corrispondenza
Registrare all’insaputa dell’interlocutore una conversazione alla quale si partecipi non è reato, è cosa diversa da una intercettazione illecita (cioè da una captazione operata da un terzo estraneo alla conversazione), e rientra nella categoria giuridica del «documento», normalmente utilizzabile in giudizio anche nei confronti di un parlamentare. Ciò taglierebbe la testa al toro e azzererebbe qualunque doglianza giuridica di Santanchè. Tuttavia la maggioranza parlamentare di centrodestra nel conflitto di attribuzione ha sostenuto, in scia quasi letterale a una eccezione difensiva poco prima presentata dai legali di Santanchè, che queste «registrazioni tra presenti» nel caso di un parlamentare dovrebbero invece essere valutate con i parametri validi per le intercettazioni indirette di un parlamentare; e con gli analoghi parametri diventati validi (da dopo che la Corte Costituzionale nel 2023 nel caso Open-Renzi ha inquadrato chat e mail non più nella categoria del «documento», ma in quella della «corrispondenza» tutelata nel caso dei parlamentari dagli articoli 15 e 68 della Costituzione) anche per il sequestro della messaggistica, per il cui utilizzo nei confronti di un parlamentare i magistrati devono dunque chiedere prima l’autorizzazione al Parlamento.
L’analogia con le chat
Per prospettare questa supposta analogia (tra le chat con un parlamentare, sequestrate dai magistrati, e le registrazioni di colloqui tra presenti con un parlamentare, consegnate dall’interlocutore agli inquirenti), i difensori argomentano che sarebbe privo di ragionevolezza il fatto che l’autorità penale senza autorizzazione del Parlamento non possa prendere chat e mail di un parlamentare, ma possa «al contempo incamerare la traccia clandestina (registrazione a insaputa) di una attività comunicativa alla quale il parlamentare non voleva imprimere alcuna minima dimensione documentale, tanto da affidarla solo al veicolo della sua voce “parlata” in un incontro di persona». Altrimenti, insiste la difesa di Santanchè, «ne scaturirebbe una sostanziale e criticabile elusione dello spirito della garanzia dell’articolo 68 della Costituzione», che «porrebbe la funzione del parlamentare alla mercè di un canale “privatistico” di approvvigionamento informativo e probatorio dell’indagine penale, con sacrificio di quella riservatezza risultata intaccata dalla registrazione occulta» e «ancor più dalla sua consegna agli inquirenti» da parte dell’interlocutore registrante a insaputa del parlamentare.