Corriere della Sera, 17 ottobre 2025
Le ferrovie tedesche ridono sui loro guai
La Deutsche Bahn, l’istituzione tedesca più famosa per i suoi ritardi, ha deciso di prendersi in giro da sola. Ha noleggiato Anke Engelke, la comica più amata del Paese, per interpretare Tina, la capotreno di un ICE alle prese con tutto ciò che può andare storto su rotaie tedesche. La webserie, intitolata «Boah, Bahn! Wir sitzen alle im selben Zug» (siamo tutti nello stesso treno), racconta in episodi di 3-4 minuti le avventure dei ferrovieri, tra passeggeri impossibili, ritardi (im)prevedibili e bistrò di bordo alle prese con la legge di Murphy, e quindi caffè che si rovesciano per terra. Non ci resta che sorridere, deve aver pensato la DB, e provare così a raccogliere un po’ di simpatia per i suoi tartassati dipendenti. Anke Engelke è esilarante nonché, nella vita vera, fidata titolare da 40 anni della Bahn Card, che dà diritto agli sconti. E in effetti, questi short finiti su YouTube, Instagram, TikTok, hanno scatenato molto dibattito. C’è chi dice: «È divertente, se non fosse che l’ha prodotta la Bahn»; tanti invece si chiedono quanto denaro abbiano polverizzato: «Con quei soldi si sarebbero potuti comprare treni che arrivano in orario». Perché la pedanteria nello sparen (risparmiare), il pessimismo e la deutsche Angst, il terrore del futuro, a differenza della puntualità, sono rimaste caratteristiche invariate dei tedeschi. Di mezzo c’è la Deutsche Bahn. Che promette che riuscirà a portare i treni a lunga percorrenza al 70% di puntualità entro il 2030. È una situazione perfino surreale: perché una discussione su dove vada peggio, tra un italiano o un tedesco, abbia senso occorre che entrambi vivano fuori dal proprio Paese da 10 anni. In fondo, non c’è dell’ironia anche nel fatto che a risanare la DB abbiano chiamato un’italiana, l’altoatesina Evelyn Palla? Si prova quindi a scherzarci sopra e dire che siamo tutti sulla stessa Bahn. In fondo, si dice, riconoscere la propria disgrazia è il principio della guarigione, e pare perfino che condividerla sia terapeutico.