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 2025  maggio 30 Venerdì calendario

Sulla mostra «Tesori dei faraoni»

Il Cairo – Chissà cosa direbbe il re Amenemope, se sapesse che più di tremila anni dopo la sua morte sarebbe diventato un ponte fra Paesi, chiamato a sanare ferite su temi – diritti umani, libertà di espressione, migranti – di cui mai nella sua vita avrebbe potuto immaginare l’esistenza. Eppure, così è: la maschera funeraria d’oro di questo faraone che mille anni prima della nascita di Cristo regnò sull’Alto e sul Basso Egitto, sarà una delle attrazioni principali di I tesori dei Faraoni, la mostra che il 24 ottobre si aprirà alle Scuderie del Quirinale, a Roma, portando in Italia dopo una lunghissima assenza alcuni dei capolavori conservati al Museo egizio del Cairo. A organizzare il tutto, il Consiglio supremo delle Antichità (l’ente del governo egiziano che sovraintende a siti archeologici, musei e reperti), le Scuderie del Quirinale e MondoMostre, uno dei principali produttori nazionali di eventi legati all’arte. L’esposizione si annuncia spettacolare dal punto di vista della cultura, ma porta con sé anche un ampio bagaglio politico, visti i difficili rapporti che hanno legato i due Paesi dall’omicidio – per mano di uomini legati alla sicurezza nazionale egiziana – di Giulio Regeni al Cairo nel 2016 e la detenzione di Patrick Zaky, studente dell’università di Bologna, fra il 2020 e il 2021. Da quando è arrivata al governo, Giorgia Meloni ha fatto della normalizzazione con l’Egitto uno di pilastri della sua politica estera e questa mostra si inserisce nel quadro con una perfetta operazione di “diplomazia culturale”: «L’obiettivo – spiega Fabio Tagliaferri, presidente di Ales, l’ente del ministero della Cultura che con MondoMostre ha finanziato l’evento– è rafforzare i rapporti fra Italia ed Egitto».

Mettendo da parte la politica, per trionfare l’evento ha tutti i numeri: 130 le opere che arriveranno dal Cairo, 23 gli anni passati dall’ultima volta che reperti così importanti lasciarono l’Egitto alla volta dell’Italia (era il 2002, a Palazzo Grassi a Venezia e gli oggetti erano solo 80), sei i mesi di durata dell’esposizione (si chiuderà il 3 maggio 2026), molto più della media, in un tentativo di portare alle Scuderie più dei 400 mila visitatori che nel 2010 furono il record per il museo (la mostra era dedicata a Caravaggio) e magari raggiungere quel milione che qui al Cairo gli organizzatori definiscono «un obiettivo auspicabile». Sin da oggi è possibile acquistare i biglietti online.

Ma soprattutto la mostra porta con sé capolavori che chi da questo Paese e dalla sua millenaria civiltà è affascinato non potrà non amare: il sarcofago d’oro della regina Ahhotep e di Tuya (nonna del faraone monoteista Akhenaton) e la copertura funeraria che copriva la mummia del faraone Pseusennes, insieme alla maschera di Amenemope, riempiranno gli occhi di chi ama i pezzi più spettacolari. La Collana delle Mosche d’oro e altri gioielli reali conquisteranno chi ama i dettagli, sculture come la Triade di Micerino e le rappresentazioni di Sennefer, Ramsete VI e Thutmosi III parleranno al cuore di chi, dell’antico Egitto, ama la potenza che esprime la sua statuaria. Per farla breve, la grande bellezza Made in Egypt: una summa di 2000 anni di storia e di storia dell’arte con un’attenzione – per niente scontata – anche alle vite di chi viveva nascosto dietro ai luccichii: schiavi, funzionari, scriba. A curare la mostra, Tarek el Adawy, ex direttore del Museo egizio di Piazza Tahrir che, ha parlato della selezione delle opere da mandare a Roma come di «una delle sfide più difficili della mia carriera», perché diretta a un pubblico che, con le bellezze dell’arte antica, è abituato a convivere tutti i giorni.

Se l’avrà vinta, saranno i prossimi mesi a dirlo. Quasi a voler gettare un ponte fra mondi diversi, il percorso espositivo si chiuderà con un pezzo speciale: la Mensa Isiaca, una tavola romana in bronzo del I secolo dopo Cristo realizzata a imitazione delle opere dell’antico Egitto, la cui scoperta all’inizio del XVI secolo diede nuovo impulso alla passione per i faraoni e i geroglifici in Europa occidentale. L’opera viene da Torino ed è l’unico contributo del Museo Egizio (la cui collezione è seconda per importanza soltanto a quella di piazza Tahrir) alla mostra della Scuderie: a dimostrazione di una partita che si è svolta esclusivamente fra Roma e il Cairo e in cui la politica ha pesato tanto quanto la cultura.