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 2025  ottobre 16 Giovedì calendario

Nell’Ue riparte lo scontro sui migranti. Rinviato il primo rapporto sull’Asilo

A giugno 2026 entrerà pienamente in vigore il Patto sulla migrazione, ma intanto i Ventisette ricominciano a litigare. Tra i punti di tensione, ancora una volta, la questione della solidarietà. Tanto che la Commissione Europea ha dovuto rinviare la pubblicazione del primo rapporto sull’Asilo e la migrazione con le decisioni sugli Stati sotto pressione e le misure di solidarietà. Testi che avrebbero dovuto esser pubblicati entro il 15 ottobre. La Commissione fa sapere che arriveranno “presto”, si parla della prossima settimana o quella successiva. Soprattutto la Germania ha fatto pressione sulla presidente della Commissione Ursula von der Leyen, per un rinvio. «È la prima volta che facciamo questo esercizio – si schermisce il commissario agli Interni Magnus Brunner – ci sono alcuni dettagli di cui dobbiamo discutere, ma dobbiamo fare le cose per bene».
Il pacchetto, che avrebbe dovuto esser pubblicato ieri, comprende un rapporto sulla situazione migratoria; una decisione che individua gli Stati membri sottoposti a pressione migratoria (si può pensare a Italia, Grecia, la Finlandia, la Spagna, i baltici, forse la Polonia); e, infine, una proposta attuativa (che dovranno approvare a maggioranza qualificata gli Stati Membri) per la definizione del “Solidarity Pool”, e cioè il bacino di migranti irregolari da trasferire dai Paesi sotto pressione agli altri, o le misure finanziarie alternative. Il Patto prevede una solidarietà obbligatoria, ma “flessibile”: gli Stati membri possono rifiutare di ospitare migranti, ma allora dovranno dare un contributo finanziario (20.000 euro a migrante rifiutato). Al momento, a dire il vero, nessuno Stato si è detto disponibile all’accoglienza, mentre si moltiplicano quelli che la rifiutano: oltre alla solita Ungheria, c’è la Polonia, l’Olanda, l’Austria, la Finlandia, il Belgio, per citarne alcuni. Varsavia sostiene anzi di aver strappato una “eccezione” dalla solidarietà, la Commissione non conferma.
Soprattutto, c’è uno scoglio ancora maggiore: anzitutto la Germania, ma anche altri Stati come Belgio, Olanda, Austria, insistono che, per poter procedere alla solidarietà, prima gli Stati del Sud, a cominciare da Italia e Grecia, dovranno tornare ad applicare le regole di Dublino. E cioè riprendersi i migranti approdati dapprima sulle loro coste e poi trasferitisi in altri Stati Ue. «Il sistema di Dublino – ha dichiarato il ministro dell’Interno di Berlino Alexander Dobrindt – deve tornare a funzionare. Solo se ciò accadrà si può passare al meccanismo di solidarietà con i Paesi di prima linea». «Solidarietà e responsabilità – gli ha fatto eco l’omologa belga Anneleen Van Bossuyt – devono andare di pari passo. Non si può avere solidarietà senza responsabilità. Tutti devono applicare le regole di Dublino. E tutti sappiamo quali Paesi oggi non lo fanno».
In realtà, spiegano fonti Ue, gli Stati potrebbero “scalare” dal numero di migranti da accogliere quelli che avrebbero dovuti esser rispediti, in base a Dublino, nel Paese cui si presta solidarietà. A Berlino però non basta: chiede impegni vincolanti da parte di Paesi come Italia e Grecia prima che scatti la solidarietà. «È fondamentale – ha avvertito anche Markus Lammert, un portavoce della Commissione – che non ci siano gravi carenze nell’applicazione delle regole attuali, poiché ciò può influire su come funziona la valutazione della pressione e, in generale, sul funzionamento del Patto». L’Italia per parte sua insiste affinché tutto il sistema parta in contemporanea, e rifiuta la sequenzialità pretesa da Berlino. Tanto più che il Patto impone agli Stati di prima linea pesanti oneri in termini di controlli delle frontiere esterne, identificazione e vaglio dei migranti irregolari, procedure di frontiera (e cioè espulsione rapida per quanti vengono Paesi con basso tasso di riconoscimento delle domande di asilo), centri di accoglienza a ridosso delle frontiere esterne. La solidarietà, insomma, è il minimo di “compensazione” per sforzi così ingenti.
Va detto che il focus complessivo, anche del governo italiano, è anzitutto sui rimpatri e sul freno alla migrazione irregolare. Al Consiglio Affari Interni, due giorni fa a Lussemburgo, vari ministri (Germania, Austria e Olanda in primis) hanno fatto pressione per più rimpatri verso Siria e Afghanistan, mentre prende piede la questione dei centri di rimpatrio in Paesi terzi, i “return hubs”, inclusi nella proposta di riforma avanzata dalla Commissione Europea a inizio anno. L’Olanda ha annunciato di aver praticamente raggiunto un’intesa con l’Uganda, invitando altri Stati membri ad associarsi. Sul tavolo anche un ulteriore rafforzamento di Frontex, l’agenzia Ue per le frontiere esterne. Non manca un altro elemento di tensione: molti Stati membri (in primis la Germania, ma anche vari altri del Nord), rifiutano il riconoscimento obbligatorio dei decreti di espulsione di un altro Stato Ue, contenuto nella proposta di riforma della Commissione, e chiedono che sia solo volontario. L’Italia è più aperta, ma non vedrebbe male la volontarietà.