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 2025  ottobre 16 Giovedì calendario

Anche i custodi vaticani piangono: prima class action contro la Santa Sede

 Insoddisfazione, frustrazione, stress. È più o meno quello che ha denunciato un gruppo di custodi dei Musei Vaticani nella prima class action della storia d’Oltretevere approdata – come causa civile – in tribunale. Che per i lavoratori del Papa non sia sempre facile difendere i propri diritti non è una novità, da anni le lamentele affiorano cicliche in diversi ambiti, alcune finiscono all’Ufficio interno del lavoro (Ulsa) dove spesso sono giudicate improcedibili. Nello stesso tempo il confronto diretto con il Governatorato si rivela un terreno complesso e accidentato. Secondo alcuni «un micidiale muro di gomma». Dopo la morte di Francesco e l’arrivo di Leone XIV – ferrato canonista e assertore convinto dei diritti e del rispetto dei codici – gli occhi sono tutti puntati su quello che deciderà il Tribunale.
ITER
Il ricorso in blocco dei custodi è la conseguenza di un lungo e travagliato iter. La prima udienza – prevista per stamattina – è destinata a fare affiorare quel disagio diffuso e più volte denunciato per la mancanza di ascolto dal parte del Governatorato, l’ente che sovrintende e amministra tutta la parte museale. Insomma una bella grana da risolvere. In prima battuta i dipendenti – che avevano aderito ad una azione comune erano quasi cinquanta – poi man mano che riscontravano difficoltà il loro numero è sceso. Attualmente sono solo dodici coloro che hanno deciso di fare ricorso alla giustizia civile contro il Governatorato e la presidentessa suor Raffaella Petrini, la religiosa succeduta al cardinale Vergez. In Vaticano nessuno ama parlare troppo di quello che sta accadendo, tuttavia si sussurra che i custodi siano rimasti solo in dodici per la paura di perdere il posto di lavoro. «C’è un clima di grande diffidenza». Ora spetterà al Giudice del Tribunale civile stabilire se esiste effettivamente un vulnus nei loro diritti, oppure se hanno avuto ragione l’Ulsa e il Governatorato ad avere sempre respinto le richieste e le diverse lagnanze.
Tanto per cominciare i dipendenti ritengono che non vi siano adeguate misure di sicurezza sul luogo di lavoro. Cosa che hanno fatto presente in più sedi sottolineando che vi siano sistemi ancora obsoleti, condizioni di lavoro addirittura proibitive specie durante i mesi estivi alla presenza di flussi turisti massicci. Un giovane custode di guardia al Cortile della Pigna, l’anno scorso, a causa del caldo torrido era svenuto andando a sbattere violentemente la testa sul selciato. Immediatamente ricoverato al Gemelli i medici, vedendo le sue condizioni, erano stati costretti a ricorrere al coma farmacologico.
Un altro punto sul quale insistono i custodi è che devono stazionare ore e ore in ambienti poco salubri, e questo sempre per via della massiccia presenza di turisti quotidianamente registrati nella Cappella Sistina dove gli spazi di ingresso e di transito sono minimi. Infine riferiscono della responsabilità crescente che grava su di loro per la stessa tutela delle opere d’arte esposte. Una responsabilità che viene delegata senza alcun riconoscimento a chi è incaricato di fare la custodia. In pratica, avrebbero spiegato, se accade qualcosa, gli unici chiamati ad intervenire nell’immediato e in presenza di criticità di vario genere, sono solo loro. Anche per questo i firmatari della class action richiedono degli ammortizzatori sociali a tutela dei dipendenti soprattutto in casi di grave crisi, così come domandano il riconoscimento di avanzamenti di carriera, di indennità di turno a fronte di ritmi pesanti. Sembra, infatti, che il corpo di custodia lavori circa sessanta giorni di più degli altri dipendenti del Governatorato e per questo vorrebbe godere di un congruo numero di ferie in più.
CONCERTAZIONE
In Vaticano dove non esiste nessun sindacato ma solo una associazione (Adlv) nata ai tempi di San Giovanni Paolo II per rafforzare la Dottrina Sociale della Chiesa, i lavoratori erano riusciti a risolvere in modo concertato la questione del monte ore negativo, quando durante la pandemia i Musei erano rimasti chiusi e i dipendenti si trovarono a recuperare le ore non lavorate.