Il Messaggero, 16 ottobre 2025
Il turismo nero dei manicomi
Viaggio esclusivo nel cuore della follia, promettono le locandine. Perché c’è un turismo che gravita intorno ai manicomi di un tempo, promettendo tour a base di mistero, storia e inquietudine. Le visite nelle ex strutture dismesse e abbandonate italiane attraggono quanti cercano emozioni forti o solo provano ad avvicinarsi al confine labile tra follia e realtà. Chi si addentra tra i padiglioni abbandonati, in disuso, non può rimanere impassibile davanti a celle, scritte sui muri, dove riecheggiano grida disperate, dove si trovano tracce di pratiche ormai superate, dall’elettrochoc alle vasche per l’idroterapia. Su questa scia si muove l’Urbex, abbreviazione di Urban Exploration, pratica sempre più diffusa che si focalizza sull’esplorazione fotografica e conoscitiva di luoghi creati dall’uomo, ma ormai abbandonati. Alcuni in disuso, mèta di appassionati del genere, altri divenuti veri e propri musei della follia, come a Reggio Emilia e a Volterra. Un fenomeno che attraversa tutto il Paese, perché tantissimi, 98, erano i manicomi. Giovanni Rossi Filangieri, esperto urbexer e fotografo ha spiegato: «Sono delle capsule del tempo. Quando entri in uno di questi posti ti ritrovi negli anni Cinquanta, Quaranta o anche Trenta». Ha immortalato l’ex manicomio di Aversa, l’ex ospedale psichiatrico Leonardo Bianchi di Napoli, anche la base Nato Proto del Monte Massico. Ricapitoliamo: il 13 maggio 1978 con l’emanazione della legge Basaglia, 98 manicomi dislocati in tutta la penisola furono definitivamente chiusi. Di recente, Veronica Mondini li ha visitati e fotografati, mettendo da parte il suo passato di modella per condurre una ricerca storica documentata in una serie di immagini contenute nel libro “Urbex. La bellezza nell’abbandono”. Ha raccontato: «Nel manicomio di Voghera esisteva la rotonda dei furiosi. Le piccole celle con i letti di contenzione erano ricavate in un corridoio semicircolare così da permettere pareti senza spigoli. A Colorno, provincia di Parma, il manicomio fu ricavato da un’ala della reggia che ospitò Maria Luigia d’Austria. Quell’ospedale ebbe come direttore per due anni proprio lo stesso Franco Basaglia. Come non ricordare Mombello, ossia l’ex ospedale Antonini. Nell’Ottocento era conosciuto come la villa di Napoleone, perché lì vi fissò la residenza l’imperatore francese durante la campagna d’Italia. Un secolo più tardi, la settecentesca Villa Pusterla-Crivelli e il suo grande parco vennero trasformati nell’ospedale psichiatrico Giuseppe Antonini, dal nome di un noto psichiatra, ma tutti lo chiamavano il “manicomio di Mombello”, l’ospedale psichiatrico più grande d’Italia, che ospitò oltre 3000 malati. Lì morì di tubercolosi nel 1942 Benito Albino Dalser, il figlio “segreto” di Benito Mussolini, rinchiuso crudelmente perché nato da una relazione extra coniugale nel 1915». E ancora: «Nof4 è la sigla di Nannetti Oreste Fernando, internato nel 1958 presso l’ospedale psichiatrico di Volterra, autore di un ciclo di graffiti ora considerato un capolavoro dell’Art Brut: graffiti che produceva grattando con la fibbia del gilet sull’intonaco del muro del Ferri, il reparto per i malati che avevano commesso un reato giudiziario».
TOUR PARANORMALI
Un approfondimento della Cnn dal titolo “Visitare gli ex manicomi: luoghi pieni di speranza, infestati o fabbriche da incubo?” documenta addirittura una visita nella macabra attrazione di una struttura di Pennhurst, in Pennsylvania chiusa nel 1986 e ritenuta infestata da fantasmi dove è possibile partecipare a “indagini paranormali”. Il “turismo oscuro” ha trasformato altri manicomi in mète turistiche come nel Wisconsin, dove l’ex ospedale per malati mentali della contea di Sheboygan è ora lo Sheboygan Haunted Asylum, con case infestate da paure antiche e nuovi attori in costume. Tornando in Italia, altro luogo amato dagli addetti ai lavori è il manicomio di Cogoleto (il più grande in Italia) dove è rimasto solo un padiglione aperto, il numero 10. Luoghi che raccontano disperazione ma anche vita, che non smettono di attrarre. A tal punto che “The Town of light” un videogioco thriller psicologico è basato su ampie ricerche e si ispira a fatti realmente accaduti nell’ex-manicomio di Volterra, dove la protagonista Renée, un tempo paziente dell’istituto, torna per scoprire la verità che si nasconde in quel luogo. A Collegno è possibile partecipare a un’esperienza notturna e unica, guidati dall’archivista, testimone diretto e profondo conoscitore dei luoghi, all’archivio storico del manicomio. Il turismo manicomiale, l’attrazione per le tracce di follia rimaste nelle strutture abbandonate, sono un dato di fatto. Alcuni manicomi sono recensiti su Tripadvisor con turisti che descrivono il fascino perturbante dei luoghi abbandonati.