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 2025  ottobre 16 Giovedì calendario

L’evasione fiscale nel 2022 torna sopra i 100 miliardi, cresce il nero su affitti e imprese. Gli autonomi evadono il 60% del dovuto

Novanta miliardi di entrate tributarie e 11,5 di contributi. Per un totale che torna a superare i 100 miliardi, dopo la discesa del 2020 e 2021 legata al calo del pil post pandemia. Nel 2022 l’evasione fiscale in valori assoluti ha rialzato la testa. La nuova Relazione della commissione ad hoc, con le stime relative al 2022, rivede al ribasso la distanza tra il gettito raccolto e quello che si otterrebbe in un mondo di perfetta fedeltà fiscale: scende al 17% contro una media del quinquennio pari al 18,4%. La tendenza di medio-lungo periodo è di “rilevante contrazione”, commenta l’organismo guidato dall’anno scorso dal consigliere del think tank liberista Bruno Leoni ed ex parlamentare Pd Nicola Rossi. Ma le 118 pagine del documento, non ancora pubblicato, dicono anche altro. Sugli affitti e l’Ires, cioè l’imposta sugli utili delle imprese, l’evasione aumenta. E la propensione al nero delle partite Iva resta vicina al 60%.

Come detto i dati riguardano il 2022, ultimo anno per cui sono disponibili i dati di contabilità nazionale assestati. Il bicchiere è mezzo pieno se si guarda all’andamento dell’indicatore che misura il divario tra le tasse attese e quelle davvero incassate, in riduzione grazie al buon andamento del gap dell’Irap, delle accise e in misura minore dell’Iva e dell’Irpef sui redditi da lavoro autonomo e di impresa. Risultati che la relazione riconduce ai “processi di digitalizzazione in atto da tempo”, vedi la fatturazione elettronica. Il tax gap complessivo resta però superiore all’obiettivo fissato dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, in base al quale nel 2024 dovrebbe calare (in base ai valori ricalcolati nella relazione) al 16,6%. E nonostante la vantaggiosa cedolare secca sugli affitti, introdotta nel 2011 con l’obiettivo dichiarato di recuperare gettito, il gap sulle locazioni è risalito del 2,3% tornando sopra il 10% delle entrate potenziali.

La relazione, che tiene conto della corposa revisione Istat dei conti nazionali arrivata a settembre, ritocca peraltro non di poco al rialzo la propensione al gap complessiva del passato per effetto della maggiore imposta potenziale: il rapporto sale dal 17% per il 2020 e 15% per il 2021, stimati nell’edizione 2024, al 18,7% e 17,6% rispettivamente. La media è spinta verso l’alto anche dall’aumento del peso dell’Irpef degli autonomi sull’imponibile complessivo. Perché quella categoria continua a evadere molto più delle altre: pur impiegando una nuova metodologia che riduce la stima del gap, la commissione trova che in media è stato del 61,5% tra 2018 e 2022 (contro il 68,2% stimato dalle precedenti relazioni per il 2017-2021). In valori assoluti si parla di 35,3 miliardi (36,9 nel 2022) sui 90 complessivi di entrate tributarie che mancano all’appello. Una stima che, va ricordato, non tiene conto degli 1,8 milioni di partite Iva che applicano la flat tax e quindi non versano l’Irpef.
Un’altra tendenza preoccupante riguarda l’andamento dell’evasione di chi dichiara ma non versa. Nel 2022 è risalita a 14,8 miliardi, sopra i livelli pre Covid, mentre quella da omessa dichiarazione si è ridimensionata a 76 miliardi (vedi tabella sotto)
. Nella narrazione del centrodestra il primo fenomeno non sarebbe “vera” evasione perché riguarda contribuenti che vorrebbero pagare e non possono, ma la Corte dei Conti la vede diversamente: ha fatto notare che così il fisco si trasforma in una finanziaria che fa credito senza chiedere garanzie sulla capacità di restituire i soldi. Per quanto riguarda l’Irpef dovuta dalle partite Iva, comunque, i mancati versamenti sono del tutto residuali: il 94% del buco deriva da omessa dichiarazione dei redditi.

Il vero banco di prova, in vista del raggiungimento del target del Pnrr, sarà comunque il 2023, primo anno pieno di governo Meloni. La Commissione Ue nel rapporto 2024 sull’evasione Iva nei 27 Paesi membri ha stimato per l’Italia un aumento del tax gap, in controtendenza con il passato. E lo stesso ministero dell’Economia, nel Piano strutturale di bilancio scritto un anno fa, ha ammesso che la lotta al nero aveva subito una “battuta d’arresto”, con un peggioramento della compliance per quanto riguarda imposte sui redditi e Iva. La prossima relazione dovrà tirare le somme.
Quella del 2025 si segnala intanto per un quinto capitolo, dedicato come sempre alla valutazione delle policy e alle potenziali linee di intervento, molto scarno. Solo 9 pagine dedicate ad analizzare le determinanti della propensione a evadere (per quanto riguarda l’Iva pesa in positivo la diffusione del Pos, mentre per l’Irpef degli autonomi rileva la percentuale di Società di persone, che hanno dimensioni ridotte e meno obblighi contabili), la relazione tra tasso di riscossione della Tari e qualità del servizio di gestione dei rifiuti urbani (in effetti una correlazione c’è) e l’evasione per classi di età: i più giovani sarebbero i meno fedeli.