la Repubblica, 16 ottobre 2025
Educazione sessuo-affettiva a scuola, ok a emendamento Lega: deve essere vietata anche alle medie
L’educazione sessuo-affettiva a scuola procede a passo di gambero. Nel giorno della morte di Pamela Genini, l’ennesimo femminicidio, il disegno di legge sul consenso informato a scuola promosso dal ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara fa un salto indietro.
Con un emendamento approvato in commissione Cultura alla Camera, l’educazione sessuale e affettiva, che era già stata esclusa alle scuole materne ed elementari, ora diventa un tabù anche per le scuole secondarie di primo grado, ovvero le scuole medie frequentate dai ragazzi dagli 11 ai 14 anni.
Niente educazione sessuale fino alle superiori
L’emendamento a firma della leghista Giorgia Latini, difatti, estende l’esclusione delle attività didattiche e progettuali «nonché ogni altra eventuale attività aventi ad oggetto temi attinenti all’ambito della sessualità» oltre alla scuola dell’infanzia e alla scuola primaria anche «alla scuola secondaria di primo grado».
Significa che fino alle scuole superiori neanche con il consenso informato dei genitori si potranno fare progetti sull’educazione all’affettività, sulle malattie sessualmente trasmissibili, sulla prevenzione delle gravidanze precoci, sul contrasto alla violenza sessuale. A meno che le attività didattiche non rientrino già in quelle sul rispetto previste dall’insegnamento dell’educazione civica o nelle nuove indicazioni nazionali stilate dal ministro Valditara che includono contenuti su «relazioni ed empatia».
Consenso informato alle superiori
Secondo il deputato della Lega Rossano Sasso, l’emendamento serve a «estendere il divieto ad attivisti ideologizzati ed esperti esterni di poter parlare di tematiche sessuali ai ragazzini delle medie». Diversamente, «per i ragazzi più grandi delle scuole secondarie di secondo grado si prevede il consenso informato delle famiglie, in modo che queste possano conoscere i temi, il materiale didattico e le competenze di chi poi andrà in classe a parlare di argomenti sensibili». Esultano gli ultraconservatori ProVita, convinti che così si «impedisca che i bambini siano indottrinati dalle associazioni abortiste o dagli attivisti Lgbt», commenta Jacopo Coghe.
Critiche le opposizioni
Immediate le reazioni da parte dell’opposizione. I dem della commissione istruzione – Mauro Berruto, Sara Ferrari, Giovanna Iacono, Irene Manzi, Matteo Orfini – accusano la maggioranza di aver compiuto un «atto gravissimo» ai danni dei giovani perché il divieto di oggi calpesta «il loro diritto a ottenere informazioni corrette dai professionisti della sanità pubblica anziché dai social e dalla realtà digitale».
Nel giorno in cui si piange l’ennesimo femminicidio, tuona il leader di Più Europa Riccardo Magi, arriva anche «l’ennesima prova che maggioranza e governo non hanno alcuna intenzione di affrontare questo tema con serietà e con la prevenzione, che deve partire dalle scuole». «La cultura patriarcale uccide» e la si combatte, sostengono le pentastellate Stefania Ascari, Anna Bilotti, Alessandra Maiorino e Daniela Morfino, proprio a partire dalle scuole dove «serve anche introdurre l’educazione affettiva e sessuale».
«Una deriva oscurantista della destra», taglia corto Alleanza Verdi e Sinistra accusando la maggioranza di «essere ispirata dal fondamentalismo e dall’estremismo religioso». «La maggioranza – insiste Elisabetta Piccolotti – è riuscita nell’ardua impresa di peggiorare il provvedimento sul consenso informato del ministro Valditara: un attacco alla laicità della scuola, alla libertà di insegnamento e infine di una gravissima negazione del diritto soggettivo di tutti gli studenti e le studentesse ad avere accesso ad un’istruzione completa e di qualità».
Tra le reti che si occupano a scuola di educazione sessuo-affettiva, c’è Educare alle differenze. La presidente Monica Pasquino commenta così la stretta: «Non è una misura di equilibrio ma di oscurantismo: lo Stato che decide che la conoscenza di sé e dell’altro è pericoloso, che la scuola deve tacere. Ma una scuola che tace non educa, addestra. L’idea che parlare di emozioni, genere, consenso o identità significhi “indottrinare” è l’arma ideologica usata da questo governo per alimentare paura e ignoranza. Chi si oppone all’educazione sessuo-affettiva sta difendendo un modello di società gerarchico e violento, in cui il silenzio serve a mantenere il controllo».