Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  ottobre 15 Mercoledì calendario

Microplastiche nelle bevande, nessuna si salva (inclusa l’acqua potabile)

Caffè, tè, succhi di frutta, bibite, acqua del rubinetto e in bottiglia: gli autori di uno studio inglese, pubblicato sulla rivista Science of the Total Environment, hanno analizzato 155 campioni di bevande calde e fredde, scoprendo che tutte contengono microplastiche. In particolare frammenti di polipropilene, polistirene, polietilene tereftalato e polietilene, materiali comunemente usati per produrre imballaggi alimentari e contenitori usa e getta. Nel tè caldo hanno trovato la più alta concentrazione di microplastiche (in media 60 particelle per litro, rispetto alle 31 particelle per litro del tè freddo) e in generale le bevande calde sono risultate più «inquinate» rispetto a quelle fredde: la temperatura aumenta quindi la migrazione di particelle. «I nostri risultati confermano che il materiale di imballaggio in plastica è una delle principali fonti di contaminazione» scrivono gli autori.
Acqua, cibo e aria
Le microplastiche sono minuscoli frammenti di dimensioni comprese tra 1 μm (micrometro, ovvero un milionesimo di metro) e 5 mm. Sono presenti ovunque: nelle acque, sulla terra, nell’atmosfera. Destano preoccupazione per la loro capacità di accumularsi e trasportare sostanze chimiche tossiche attraverso le catene alimentari. L’uomo entra in contatto con le microplastiche ogni giorno attraverso il cibo, l’acqua, i beni di consumo, l’aria. I sistemi tradizionali di trattamento delle acque non riescono a rimuovere le particelle, che quindi sono presenti nell’acqua del rubinetto. Ma anche altre bevande – come tè, caffè, bibite gassate – contribuiscono, per molte persone, all’assunzione giornaliera di liquidi (e, purtroppo, di microplastiche). Finora la maggior parte degli studi ha valutato l’esposizione alle microplastiche solo attraverso l’acqua potabile (del rubinetto e/o in bottiglia), mentre il nuovo studio ha esteso l’analisi alle principali bevande presenti sul mercato e l’esposizione media giornaliera è risultata pari a 1,65 microplastiche per kg di peso corporeo al giorno.
Le analisi
I ricercatori hanno preso in esame trentuno prodotti venduti in Gran Bretagna e cinque campioni di ciascuno sono stati inviati a un laboratorio per quantificare la concentrazione di microplastiche. L’identificazione dei polimeri è stata fatta tramite spettroscopia, mentre l’imaging microscopico ha valutato la forma, le dimensioni e il numero delle particelle. I risultati hanno rivelato che la maggior parte delle particelle consiste in frammenti di dimensioni comprese tra 10 e 157 μm e che il polipropilene è il tipo di polimero più comune.