Avvenire, 15 ottobre 2025
Catastrofi, rischio da 590 miliardi di euro
Prevenire è meglio che curare. Se, poi, il malato cronico è il nostro territorio che per il 94% è a rischio dissesto idrogeologico con oltre 8 milioni di persone che abitano nelle aree ad alta pericolosità, la prevenzione diventa fondamentale. Basta guardare quanto è costata al nostro Paese questa “disattenzione”. Negli ultimi cinquant’anni si sono verificati 115 eventi catastrofici, pari al 7% dei fenomeni registrati in Europa, con danni che hanno raggiunto i 253 miliardi di euro, quasi un terzo del totale europeo. Da noi sono soprattutto i terremoti – siamo secondi in Europa per frequenza dopo la Grecia – a causare il 68% dei danni complessivi. E, attenzione, se non si interverrà nei prossimi cinquant’anni i danni potrebbero arrivare alla cifra monstre di 590 miliardi di euro.
I numeri sono stati ricordati durante i lavori del Natural Risk Forum, un nuovo think tank promosso dal Gruppo Unipol che è nato con l’obiettivo di lanciare una piattaforma di dialogo tra istituzioni, comunità scientifica e settore privato per stimolare una riflessione sui rischi catastrofali naturali e il loro impatto sociale, economico e produttivo sul Paese. «Abbiamo un muro di indifferenza davanti a noi sul quale dobbiamo aprire una breccia e convincere che sottoscrivere una polizza catastrofale è un investimento – ha ricordato il Ministro per la Protezione Civile, Nello Musumeci – Non si può continuare a chiedere solo sicurezza, occorre che il cittadino produca sicurezza e uno di questi modi è la sottoscrizione della polizza preventiva perché lo Stato non è più nelle condizioni di coprire le ricostruzioni». Attualmente, solo il 7% delle nostre pmi si “protegge” contro le calamità naturali. Numeri molto lontani da quelli di Francia e Germania, paesi in cui oltre un terzo delle perdite economiche era assicurato nei periodi 1980-2000 e 2001-2020, con una punta del 41,5% in Francia nel primo periodo, per attestarsi rispettivamente intorno al 30 ed al 20% negli anni più recenti.
Qualcosa però è iniziato a muoversi anche in Italia. Il governo Meloni con l’ultima legge di bilancio ha introdotto l’obbligo di copertura assicurativa contro i rischi catastrofali che da questo mese riguarda le medie imprese e dal prossimo gennaio anche le piccole e microimprese. E se davvero cambiasse il paradigma, secondo il report del Natural Risk Forum con 5 miliardi di euro annui di investimenti in prevenzione per i prossimi cinque anni – un livello in linea con quanto storicamente speso in ricostruzione – il risparmio potenziale sui danni complessivi risulterebbe di 246 miliardi di euro. In altri termini, ogni euro investito in prevenzione genererebbe un ritorno di circa 11 euro in termini di minori costi per la collettività.
Resta il problema di come far “digerire” alla collettività che l’assicurazione non sia un ulteriore balzello ai danni dei cittadini e delle aziende. «Un Paese come il nostro non può permettersi di sprecare risorse, la prevenzione è il punto centrale. È innanzitutto una questione culturale» spiega Pino Bicchielli, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul rischio idrogeologico e sismico. “Quando si lavora sulla prevenzione non si vede il lavoro che viene fatto perché questo è nascosto, sottotraccia, ma bisogna insegnare, partendo dai giovani, che il nostro è un Paese in cui oltre il 90% della popolazione vive in territori ad altissimo rischio sismico e per questo è necessario intervenire prima, perché dopo è troppo tardi”.
Insomma, sottoscrivere una polizza è un investimento per il futuro. Ma non sempre è un’operazione win win. Basta guardare a quello che sta accadendo negli Stati Uniti dove l’aumento dei costi dei rimborsi ha portato alcune compagnie a sospendere la vendita di nuove polizze o a proporre premi economici più elevati, limitando l’accesso alle coperture per le categorie più vulnerabili. Ma questo è un problema che, almeno per il momento, non riguarda ancora l’Italia.