Avvenire, 15 ottobre 2025
Il sì al primo bunker anti-atomico: così presto la paura trasformerà Seul
Si estenderà per oltre duemila metri quadrati. E ospiterà fino a 1.020 persone. Non si tratta di un complesso avveniristico, non si tratta di un nuovo grattacielo, non si tratta di una soluzione architettonica capace di sfidare con leggerezza la legge della gravità. Al contrario, la struttura sprofonderà. Letteralmente. Seul è pronta a costruire il primo bunker civile sotto un complesso di edilizia popolare, progettato – ha scritto il quotidiano “Seoul Shinmun” – «per resistere ad attacchi nucleari, biologici o chimici». Garantirà ai suoi “ospiti” 14 giorni di sopravvivenza. La scadenza per la costruzione della struttura è fissata per il 2028. Si tratta di una inedita frontiera dell’edilizia metropolitana? Troppo presto per dirlo. Ma una cosa sembra certa: lo stato d’animo sospeso tra paura e paranoia – in alcuni casi, una vera e propria “pedagogia del terrore” – è qualcosa che sta attecchendo, in maniera virulenta, nel nostro vissuto fino a minacciare di trasformare anche il profilo degli spazi architettonici delle nostre città. Non si tratta di una novità assoluta per la Corea del Sud.
Come riporta la “Reuters”, nel Paese si contano quasi 19mila rifugi antiaerei, più di 3.200 dei quali sono concentrati a Seul. I rifugi, riportano i media coreani, «si trovano per lo più in stazioni della metropolitana o in scantinati e parcheggi di appartamenti privati ed edifici commerciali, designati come bunker con il consenso dei proprietari». Ma la stragrande maggioranza «non è costruita per proteggere da attacchi nucleari, chimici o biologici». Una diffusione che si spiega per la “familiarità” dei sudcoreani con la minaccia di una guerra con il Nord: i due Paesi sono ancora tecnicamente in guerra. Una minaccia che sta crescendo, negli anni, in intensità. Nei giorni scorsi il regime nordcoreano di Kim Jong-un ha esibito quella che lo stesso dittatore ha definito «l’arma nucleare strategica più potente»: si tratta del nuovo missile balistico intercontinentale (Icbm) Hwasong-20, un vettore in grado di trasportare testate nucleari.
Come scritto dal “South China Morning Post”, si tratta «un missile gigante con una punta arrotondata e smussata, caricato su un rimorchio a undici assi». «Sembra un missile balistico intercontinentale completamente nuovo, in grado di colpire più obiettivi nella parte orientale degli Stati Uniti in un colpo solo», ha commentato a caldo Lee Il-woo, direttore del Korea Defence Network. Immagini che, inevitabilmente, alimentato la paura. Un sondaggio del 2023 condotto su 1.001 adulti dal Korea Institute for National Unification, ha mostrato che il 45% dei sudcoreani «era preoccupato per il programma nucleare nordcoreano, mentre il 30% ha dichiarato di non esserlo». Kim d’altronde ha legato la sopravvivenza stessa del suo regime alla (crescente) minaccia nucleare del suo arsenale. Un mix di aggressività, militare e retorica. «Il nostro esercito – ha detto Kim in occasione della parata militare di sabato scorso a Pyongyang – dovrebbe continuare a crescere fino a diventare un’entità invincibile che annienta tutte le minacce, grazie alla sua superiorità politica, ideologica, militare e tecnica, che travolge il nemico». Sull’altro fronte, il presidente sudcoreano Lee Jae-myung, che si sta distinguendo per la vocazione “pragmatica” della sua politica, ha affermato che la strada più realistica per ridurre il rischio proveniente dal Nord è quella di congelare la produzione di bombe e missili nucleari. Un modo anche per congelare la paura.