il Fatto Quotidiano, 15 ottobre 2025
God save the queen Taylor
Se il mondo fosse un pallottoliere ci giocherebbe solo Taylor Swift. I numeri sono la sua stessa identità. Ragazza della porta accanto? Fino a un certo punto. Disney+ ha annunciato (dal 12 dicembre on demand) due nuovi progetti a lei dedicati (un documentario in sei parti e lo show finale dell’Eras Tour) registrando un balzo del 3 per cento in Borsa. Il precedente film sul giro di concerti della Swift aveva totalizzato oltre 4 milioni di visualizzazioni, più dei Beatles di Get Back. Una “quisquilia”, se paragonata ai record d’incassi lordi dei 149 live dello scorso anno (2 miliardi di dollari), con incremento del Pil locale a ogni tappa, e allo status di donna musicista più ricca di sempre (patrimonio netto 1,6 miliardi).
Al corso di Harvard dedicato alla sua poetica si erano iscritti 300 studenti: alle lezioni, condotte dalla prof. di inglese (e “Swiftie” convinta) Stephanie Burt pareva di assistere a uno show, con un piano al centro del palco, contributi filmati, il pubblico in balconata come a teatro. Contumace la star, a farne le veci c’erano le studentesse che si riconoscono o sono cresciute con lei. Tanto che la Burt, in una preziosa disamina confluita in un libro dal seminario (Taylor’s Version, in libreria dal 24 ottobre con nottetempo) rende plausibile l’accostamento dei testi delle canzoni con i tormenti lirici di Sylvia Plath, i punti di contatto con William Wordsworth, le analogie con Alexander Pope, il debito creativo nei confronti di Carole King.
Chi è Taylor, se non una giovane americana che le coetanee vedono “come una consimile e al tempo stesso un’idealizzazione”, capace di “cristallizzare la nostalgia, il desiderio, il rimpianto” mentre sopporta, certo a fatica, la pressione di essere un mito da social anche quando vorrebbe chiudere la porta? Il saggio della Burt è esaustivo pure quando affronta le specificità musicali della Swift, che dal debutto del 2006 ha conquistato per 15 volte la vetta delle classifiche Usa, anche grazie a una astuta strategia di reincisioni di album già editi.
Country? Pop? Zucchero filato? A che si deve questo smisurato successo, si chiedono i vecchi tromboni abituati a mangiare pane e rock della migliore qualità? Come sia, Taylor è cresciuta dentro la sua casa di vetro trasformandosi in un animale da laboratorio, testando le tensioni emotive delle ex adolescenti che al liceo non incontravano bulli da strapazzo ma coetanei educati. I suoi amori (famosi) l’hanno fatta soffrire quanto le sconosciute che piagnucolano con le amiche al fast food: in nome di tutte, Taylor ha gettato il microfono oltre ogni ostacolo, e allora viva Taylor, divenuta anche un’icona liberal, almeno fino alle scorse elezioni presidenziali. Il suo tweet in favore di Kamala Harris le aveva fatto guadagnare 230 milioni di follower: l’endorsement aveva innescato l’ira di Trump, che l’aveva incenerita anche dopo la conquista della Casa Bianca: “Qualcuno ha notato che da quando ho detto ‘odio Taylor Swift’ lei non è più popolare?”. Capita l’antifona, la cantautrice si è decisa per una tattica di basso profilo, evitando nocive rotte di collisione con il tycoon. Anche al Superbowl, dove entrambi erano in tribuna e il terzo incomodo, Travis Kelce, usciva sconfitto dalla partita.
Ed è proprio il partner di Taylor l’elemento su cui poggia, secondo molti osservatori, la svolta prudenziale della Swift. All’annuncio del fidanzamento, con tanto di anello da cinque carati, il tycoon si è sorprendentemente rallegrato: “Taylor è una donna incredibile!”. Cosa è successo? È fondato il sospetto che Kelce sia un trumpiano di ferro? E che greve omaggio le ha porto la compagna in Wood, una delle canzoni del nuovo – deludente – album The life of a showgirl? “Una solida roccia è in arrivo” e “he dickmatized me” (“mi ha reso dipendente dal suo cazzo”)? Un linguaggio esplicito, da Madonna, non da ex pudibonda. E con un campionamento dai Jackson 5, che all’epoca erano minorenni…
Ancora, ospite da Jimmy Fallon, Taylor ha spiegato il rifiuto dell’invito per l’Half Time Show del Superbowl 2026: “I diritti sulle riprese? Non c’entrano. Ma come potrei cantare mentre Travis rischia la vita sul campo?”. Gaffe memorabile, in tempi di mattanze. Non basta: in questo album, i cui testi paiono composti con l’IA (altro che corso accademico), spicca un brano in cui dice “mi piace cancellare i miei amici, è cosa buona”, come se dovesse distaccarsi platealmente da certe frequentazioni dem per abbordare l’universo Maga. Disco zeppo, peraltro, di possibili plagi di idee altrui (Demi Lovato, Jonas Brothers) dopo che in passato era stata lei, Taylor, a fare a fettine Olivia Rodrigo accusandola di averla copiata. Più l’attacco a Charlie XCX in Actually romantic: “Mi definisci una noiosa Barbie/ quando la cocaina ti rende spavalda”.
Anche stavolta il prodotto di Taylor stravende, ovvio. E in 28 diverse versioni, per togliere spazio alle rivali. Ma fan e complottisti si chiedono: è ancora lei? La girl next door ha mutato pelle, sotto la coperta dei grandi numeri.