il Fatto Quotidiano, 15 ottobre 2025
Senza se e senza Hamas
Il salto sul carro del vincitore, da sport nazionale, è diventato una gag. Per due anni, nei talk e sui giornali, una banda di squilibrati assatanati negava il massacro dei gazawi, o lo giustificava col 7 ottobre, incitava Netanyahu a finire il lavoro fino al definitivo annientamento di Hamas e, se provavi a spiegare che il terrorismo si combatte con l’intelligence e non radendo al suolo tutto e tutti, eri un “antisemita tagliagole e tagliateste”. Ora che Trump ha fatto ciò che noi – anime belle pacifinte e complici di Hamas – speravamo fin dall’8 ottobre 2023, cioè ha costretto Netanyahu a fermare la mattanza, a rinunciare ad annessioni coloniali e guerre contro tutti i vicini, a firmare un accordo con Hamas (così sconfitta da venir promossa a polizia di Gaza al posto dell’Idf), a liberare 1900 detenuti (fra cui tagliagole e tagliateste passati e/o futuri) in cambio di 20 ostaggi e a disertare la firma a Sharm perché Erdogan non lo voleva, ci aspettavamo che la masnada tenesse il punto in lutto stretto. Invece, oplà: finge che gli sconfitti Netanyahu&C., bocciati su tutta la linea, abbiano vinto ed esalta la pace di Trump dopo aver detto che avrebbe portato più guerre. Questa voluttà sadomaso di esultare per non averne azzeccata una è ancor più comica della mestizia degli orfani di guerra, che per 24 mesi hanno maledetto gli americani perché non fermavano Netanyahu e manifestato in piazza affinché lo facesse, e ora si disperano perché l’ha fatto l’americano sbagliato. Così chi aveva ragione lascia il campo libero a chi ha le ha sbagliate tutte.
“Trump libera tutti”, titola Libero di Sechi, quello che “la guerra finirà quando lo decide Israele”, “Bibi deve finire il lavoro fino all’annientamento di Hamas” e pure degli ayatollah col famoso “regime change a Teheran” (ciao, core). Sallusti sul Giornale tripudia per “Il miracolo di Trump”, che ha fatto l’opposto di quel che diceva lui: “Israele può vincere la guerra ad Hamas e continuerà fino a raggiungere l’obiettivo” e “l’Occidente non tentenni”, come “per piegare il Terzo Reich”. Poi c’è l’angolo del buonumore, cioè il Foglio. Il rag. Cerasa titolava “In bocca a Trump ‘pace’ è diventata una parola sinistra”, pubblicava “Appunti sul Vietnam di Trump” e la sua”Arte delle paci-truffa”, additandolo come colluso a Khamenei: “negozia alla cieca con Russia e Iran” con l’“impreparato Witkoff”, “imbroglia Israele”, “salva il nucleare iraniano”, riserva “il trattamento Zelensky a Netanyahu” e fa “annunci pericolosi su Teheran ed Erdogan”. E Ferrara sputava su “Trump e la banalità dello schifo”. E ora? Tre pagine col discorso di Trump e il sobrio titolo “Vittoria di Israele. Vittoria della pace”. Ma soprattutto del Foglio. Prossima scena: Ferrara che si paracaduta su Gaza per conferire ad Hamas il premio Poliziotto dell’Anno.