ilfattoquotidiano.it, 15 ottobre 2025
Case popolari, a Roma l’Ater chiede fino a 200mila euro: “Arretrati di 30 anni da restituire subito, rischio bomba sociale”
Da agosto – e con un’accelerazione nelle ultime settimane – migliaia di inquilini delle case popolari di Roma si sono visti recapitare una raccomandata da Ater. Non una comunicazione di servizio, ma una diffida di pagamento: dentro, pagine e pagine di conteggi che risalgono fino al 1993. Cifre monstre, in alcuni casi fino ai 200mila euro, gonfiate da interessi di mora accumulati in decenni. C’è chi vive con una pensione minima e si ritrova a doverne restituire cinquanta; chi ha sempre pagato e scopre che per l’azienda è comunque moroso; chi, davanti a 30 pagine di tabelle, non capisce neppure cosa gli si stia chiedendo. A Corviale, nel cuore del Serpentone, i primi a raccogliere le segnalazioni sono stati i volontari dell’Auser, che da anni gestiscono uno sportello sociale.
“Venivano a dirci che avevano ricevuto una raccomandata da Ater. Abbiamo iniziato a occuparcene, ma presto ci siamo accorti che non era un fenomeno circoscritto. Parliamo di circa 30mila lettere inviate in tutte le periferie romane: San Basilio, Tor Bella Monaca, Trullo, Quarticciolo” racconta Lorenzo Rossi Doria, presidente di Auser Lazio, associazione di volontariato e di promozione sociale. Le richieste riguardano affitti arretrati di trent’anni prima. “Dentro queste morosità c’è di tutto: persone fragili, anziane, malate, chi ha perso il lavoro. Ma anche chi ha occupato o comprato illegalmente. Trattarli tutti allo stesso modo è un errore” spiega Rossi Doria. Molti inquilini vorrebbero mettersi in regola, ma non ne hanno la possibilità.
“I piani di rientro proposti da Ater prevedono un versamento iniziale altissimo, anche di 10 o 20mila euro, più rate mensili. E buona parte del debito è fatta di interessi. Così, anche chi vuole pagare non può” spiega Rossi Doria. Il rischio, per chi non risponde, è che il debito venga trasmesso all’Agenzia delle Entrate. “A quel punto diventa una cartella esattoriale. Significa che il debito segue la persona e si eredita. Chi muore lo lascia ai figli o ai nipoti. È una cosa che in molti stanno sottovalutando” dice ancora Rossi Doria.
Emiliano Guarneri, segretario del Sunia Roma (Sindacato Unitario Nazionale Inquilini Assegnatari), parla di una manovra “a strascico”: “L’Ater, per motivi contabili, ogni cinque anni invia diffide per interrompere i termini di prescrizione dei crediti. Ma questa volta non si è limitata a quello: ha ricostruito presunti debiti che risalgono al 1994, con importi calcolati su trent’anni. È un’operazione fatta senza un’analisi puntuale dei singoli casi”. Secondo il sindacato, la gran parte di quei debiti non è più esigibile. “In base al Codice civile si possono richiedere solo i canoni degli ultimi cinque anni. Tutto il resto è prescritto” spiega Guarneri.
A complicare il quadro, aggiunge, c’è l’inefficienza storica dell’azienda: “Ater vive da anni in una condizione di inadempienza strutturale, con ritardi enormi nella gestione delle pratiche. Se un inquilino chiede la voltura di un contratto o la variazione del reddito, può ricevere risposta dopo tre anni. Queste inefficienze non possono ricadere sugli utenti, che sono in gran parte persone fragili”.
Al centro del problema, per Guarneri, c’è una contraddizione di fondo: “L’Ater è stata trasformata in un ente con obbligo di pareggio di bilancio, ma gestisce 45mila alloggi con un canone medio di 60 euro. È evidente che con quei soldi non si coprono i costi di manutenzione o del personale. Le aziende chiudono in rosso, ma invece di ricevere fondi pubblici, scaricano la pressione sui residenti”. Il rischio, aggiunge, è che l’operazione finisca per colpire i più deboli: “Anziani di 80 anni che ricevono una richiesta da 25mila euro con 30 giorni di tempo per pagare. È una manovra intimidatoria, socialmente pericolosa. A Corviale, Tor Bella Monaca, San Basilio, rischia di esplodere una bomba sociale”.
Il Sunia ha scritto alla Regione Lazio chiedendo un incontro urgente: “Non è una questione tecnica, ma politica. Servono norme che consentano una transazione generalizzata dei debiti, come già avvenuto in passato. Si considerano solo gli ultimi cinque anni e si applicano criteri di sostenibilità sociale. Un pensionato che paga una cifra bassa al mese non può vedersi chiedere 20mila euro di arretrati”. La proposta è chiara: bloccare le azioni, ricalcolare i debiti reali, e definire un piano di rientro realistico. “Se non si interviene rischiamo un contenzioso di massa con decine di migliaia di famiglie. E per un ente che dovrebbe garantire il diritto alla casa, sarebbe un fallimento totale” avverte Guarneri.
A Corviale, intanto, Auser e Sunia continuano a ricevere decine di persone ogni giorno. “Abbiamo assistito una signora con problemi psichiatrici che non apriva più le lettere perché intestate al marito morto. È difficile fargliene una colpa. Qui i problemi sono altri, di sopravvivenza” racconta Rossi Doria. Ma la solitudine resta il tratto comune. “Né la Regione né la politica si sono ancora mossi. Mentre Ater manda 35mila lettere, gli ascensori non funzionano, le scale restano sporche e le luci spente. È una contraddizione enorme: si chiedono soldi a chi già vive nel degrado” denuncia Roberto Salvan, presidente di Auser Corviale.