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 2025  ottobre 15 Mercoledì calendario

Sanità, saltano diecimila assunzioni. I medici: “Così il sistema non reggerà”

La sanità esce azzoppata dal Documento programmatico di bilancio presentato in Consiglio dei ministri da Giancarlo Giorgetti, in vista della manovra. Nel triennio si perdono per strada 10 mila assunzioni di medici e infermieri. Per il primo anno viene confermato l’aumento di 2,4 miliardi rispetto allo stanziamento fissato con la precedente legge di bilancio, che porta il totale a circa 6 miliardi in più, anche se il Mef parla di 7 miliardi, includendo però l’incremento di 1,3 miliardi già incamerato nel 2025. In valori assoluti, si tratta comunque del maggior balzo in avanti del fondo sanitario mai registrato negli anni. La “sforbiciata” Giorgetti l’ha, però, riservata per gli anni successivi, perché, rispetto al testo iniziale, i soldi in più per il 2027 passano da 3,5 a 2,6 miliardi (stesso aumento per l’anno successivo): un dimezzamento rispetto ai 5 miliardi presentati dal ministro della Salute Orazio Schillaci.

A farne le spese sarà soprattutto il piano assunzioni. Già il primo anno, quelle tra i medici scenderanno da 2.300 a 1.500, mentre gli infermieri neoassunti saranno 5.000, anziché 9.700, come inizialmente previsto. Alla fine del triennio, a coprire i buchi in pianta organica saranno 20.000 anziché 30.000 professionisti della salute, che porteranno a casa aumenti meno sostanziosi di quelli ipotizzati. Tanto per cominciare, l’aumento dell’indennità di specificità da 220 euro lordi mensili non andrà più ai medici, ma probabilmente ai soli dirigenti non sanitari, come i biologi o i chimici. I 110 euro lordi mensili previsti per l’indennità di specificità infermieristica non andranno invece ad aggiungersi ai 70 euro già percepiti, il che significa che l’aumento reale sarà di 40 euro, poco più della metà. Un taglio, ancora da quantificare, sembra destinato a subirlo l’investimento per la prevenzione: 700 milioni il primo anno e un miliardo nei due successivi. Il che comporterà una minore estensione dell’età dello screening alla mammella per le donne e un ridimensionamento di quello al polmone. Tra un taglio e l’altro, però, spunta un regalo agli industriali farmaceutici, con l’innalzamento del tetto di spesa dello 0,5% del Fondo nazionale, che vale proprio 700 milioni. Il che si tradurrà in minori oneri di ripiano per le imprese, tenute con il payback a coprire il 50% dello sforamento di spesa che lo scorso anno è stato di 4 miliardi.
Un quadro che preoccupa gli addetti ai lavori. Per Pierino Di Silverio, segretario nazionale di Anaao Assomed si va verso «l’ennesima delusione per le promesse disattese. Sia chiaro che senza investimenti robusti sul personale, il sistema sanitario nazionale non reggerà». Secondo Filippo Anelli, presidente della Federazione degli Ordini dei medici, l’unica strada è quella di «un aumento del Fondo sanitario nazionale, vincolandone una congrua parte ai professionisti, per aumentarne il numero e migliorarne le condizioni di lavoro, sin dall’inizio del prossimo anno».
Poi c’è la politica, con le opposizioni all’attacco. Secondo Elly Schlein i miliardi annunciati «sono del tutto insufficienti per riportare l’Italia verso la media europea per investimenti pubblici sulla salute. Sarebbero necessari almeno 5,5 miliardi in più all’anno – avverte la segretaria Pd – per poter assumere e pagare meglio il personale». Sulla stessa linea Giuseppe Conte, che definisce le risorse anticipate come «briciole, una goccia nell’oceano che non basterà nemmeno lontanamente a coprire inflazione e aumento dei costi, ma soprattutto non serviranno a evitare che a pagare il prezzo più alto siano i cittadini», attacca il presidente M5s. Parla di un «quadro drammatico» e di un «definanziamento strutturale» Nicola Fratoianni, che teme che «andrà tutto a vantaggio della sanità privata e contro gli interessi dei cittadini». E il collega di Avs, Angelo Bonelli, ricorda che «il governo ha detto sì all’aumento della spesa militare per 100 miliardi di euro, mentre la sanità pubblica affonda e con essa la povertà assoluta». Molto critico anche il capogruppo di Italia Viva alla Camera, Davide Faraone: «Alla sanità andranno spiccioli – sottolinea –. Altro che “priorità alla salute”: è metodico definanziamento». Chiude Riccardo Magi di Più Europa, ribadendo che «se non si agganciano i fondi per la sanità al Pil, limitandosi a concedere quel che c’è, non si lavora per riuscire a offrire il livello minimo di servizi richiesto».